La strage del 3 ottobre 2013 sembrò poter segnare una svolta nelle politiche migratorie della Ue. Da allora invece ci sono state oltre 30mila vittime.
Rapporto Coop 2019. Italiani fragili e pessimisti, ma dal cuore sempre più green
Sfogliando il Rapporto Coop 2019, c’è ben poco da stare allegri. Ne emerge il ritratto di un popolo spaventato e deluso, che però si riscopre ambientalista.
La “generazione Greta”, fatta di giovani che lottano per la salvaguardia del Pianeta e si sforzano di dare il buon esempio, è una delle poche note positive del Rapporto Coop 2019, l’indagine annuale che passa al vaglio i consumi e gli stili di vita degli italiani. Redatta dall’Ufficio studi di Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative di consumatori) e parte integrante del portale italiani.coop, è stata presentata in anteprima digitale l’11 settembre a Milano.
La crisi pesa ancora sulle famiglie
Per capire il perché di un quadro così cupo, bisogna partire dai dati economici. Dallo scoppio della crisi è ormai passato un decennio, ma l’Italia è l’unico tra i grandi paesi europei a non aver ancora riconquistato il reddito pro capite del 2007. Insieme a noi soltanto la Spagna, che però “vanta ben altra vitalità economica”, sottolinea il Rapporto Coop 2019. La ricchezza delle famiglie ha perso ben 9 punti percentuali negli ultimi 12 anni e non accenna a risollevarsi. Un italiano su due dice di appartenere alla classe media, ma è una classe media decisamente anomala, che nella metà dei casi fa fatica ad arrivare a fine mese.
Quel bisogno di identità della #classemedia in #Italia #rappcoop19 https://t.co/ezoKDBXUDz #16settembre #trend #vorreimanonposso pic.twitter.com/ATm6zVYE0V
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Non è un caso se, dopo un quinquennio di timidi aumenti della spesa media delle famiglie, il 2018 ha segnato un brusco stop: l’aumento è solo dello 0,3 per cento in termini correnti e, se si tiene conto dell’inflazione, si tramuta in una flessione dello 0,9 per cento. Nel frattempo, i divari si fanno sempre più profondi: se un nucleo familiare lombardo spende in media 3.020 euro al mese, un suo omologo calabrese si deve accontentare di 1.902 euro.
L’insoddisfazione genera paura
Sul fronte del lavoro c’è un cauto ottimismo, visto che si prevede che entro il 2020 il tasso di disoccupazione scenda dal 10,6 al 10,2 per cento. Ma è sul fronte della qualità, più che della quantità, che gli italiani si sentono frustrati. D’altra parte, ogni anno lavorano in media 360 ore in più rispetto ai tedeschi, ma guadagnano oltre il 30 per cento in meno, con una produttività ben più bassa (41 euro per ora lavorata, contro i 51 di Berlino). Il lavoro flessibile, ormai sdoganato in paesi come la Germania e il Regno Unito, in Italia ha ancora una diffusione a macchia di leopardo. Non stupisce, quindi, che solo un nostro connazionale su quattro si ritenga pienamente soddisfatto dell’equilibrio tra la vita lavorativa e quella personale.
Dove c’è delusione e malessere, arriva inevitabilmente la paura. Sebbene il numero di reati denunciati sia ben al di sotto della media europea (1.732 furti per 100mila residenti contro i 2.138 del Regno Unito, 0,8 omicidi contro gli 1,5 della Francia), solo il 19 per cento degli abitanti del Belpaese si sente al sicuro, a fronte di una media europea del 33 per cento. A guadagnarci è il business della sicurezza privata e delle armi: il numero di licenze per porto d’armi ha fatto un balzo in avanti del 13,8 per cento tra il 2017 e il 2018. A farne le spese, viceversa, l’integrazione. 26 milioni di italiani non accetterebbero mai un musulmano come membro della propria famiglia, il 45 per cento non frequenta persone di origine etnica diversa, il 55 per cento vuole che la massima priorità dell’Europa sia la lotta all’immigrazione illegale.
Gli italiani hanno sempre più a cuore l’ambiente
A questo panorama di incertezza e difficoltà contribuiscono anche i cambiamenti climatici, che si manifestano sul nostro territorio con particolare veemenza. Il nostro è tra i cinque paesi più vulnerabili d’Europa, insieme ad Albania, Macedonia, Romania e Bosnia-Erzegovina, e negli ultimi quindici anni ha visto intensificarsi le piogge e sparire un albero da frutto su tre. Ma è proprio qui che gli italiani mostrano uno slancio d’orgoglio, maturando quegli “anticorpi green” che sono la chiave per un futuro più positivo.
Abitazione sostenibile, un corso di difesa personale, lo smart working …Come si vedono gli italiani in futuro? Nel #rappcoop19 https://t.co/ezoKDBXUDz #16settembre #futuro #valori #idee pic.twitter.com/1TKUwJggt0
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Come testimonia anche l’Osservatorio sullo stile di vita sostenibile di LifeGate ed Eumetra MR, la sostenibilità è finalmente popolare. Secondo i dati del Rapporto Coop 2019, il 61 per cento dei consumatori è disposto a cambiare le proprie abitudini per ridurre il proprio impatto ambientale, ma spesso si scontra con un’offerta che non appare ancora all’altezza. Un italiano su quattro nell’ultimo anno ha acquistato un capo d’abbigliamento naturale o sostenibile (anche a costo di spendere di più), una percentuale simile a quella di chi sceglie la cosmesi green. Se la mobilità condivisa conquista tutti – con 46mila bici, scooter, monopattini e auto in sharing, per un totale di 35 milioni di viaggi –, l’auto elettrica è ancora una nicchia, ma vede un +30 per cento delle immatricolazioni. Passando al cibo, “re” della spesa tricolore, si scopre che più di un consumatore su due ha un occhio di riguardo per i loghi e le diciture sulla sostenibilità ambientale.
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A prendere le redini del cambiamento sono due generazioni, distanti anagraficamente ma accomunate dagli ideali. Da un lato i giovani, gli stessi che abbiamo visto in piazza negli scioperi di #fridaysforfuture. L’85 per cento degli intervistati è interessato alle tematiche ambientali e il 70 per cento, prima di aprire il portafoglio per acquistare qualcosa, si assicura che il produttore sia responsabile nei confronti del Pianeta. Dall’altro lato i perennials, i nuovi italiani “senza età” che, superati i quarant’anni, “si lasciano coinvolgere, sono curiosi, fanno da mentore, sono appassionati, creativi, sicuri di sé, collaborativi, hanno un mondo di pensare globale, si assumono rischi perché continuano a spingersi oltre i limiti e sanno come azzardare”, secondo la definizione dell’imprenditrice Gina Pell, che ha coniato il termine. Persone attive e informate, che nei comportamenti quotidiani (dalla raccolta differenziata alla scelta di alimenti bio) si dimostrano addirittura più green dei millennials.
Foto in apertura © Ref54 / Flickr
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