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Dacia Spring, l’elettrica “low cost” del gruppo Renault che ha conquistato l’Europa: semplice, leggera, compatta (e premiata per la sua efficienza).
Anche i costruttori d’auto vanno a scuola. O meglio, anche i brand automotive vengono sottoposti a degli esami al termine dei quali possono essere promossi o bocciati. La materia da preparare, nello specifico, è “emissioni di CO2” e il ruolo del professore spetta all’Agenzia europea dell’ambiente (Aea). L’organismo della Ue ha elaborato il report relativo
Anche i costruttori d’auto vanno a scuola. O meglio, anche i brand automotive vengono sottoposti a degli esami al termine dei quali possono essere promossi o bocciati. La materia da preparare, nello specifico, è “emissioni di CO2” e il ruolo del professore spetta all’Agenzia europea dell’ambiente (Aea). L’organismo della Ue ha elaborato il report relativo al 2015, rilevando come complessivamente il trend sia positivo e orientato a una mobilità più sostenibile, fatta eccezione per alcuni marchi che migliorano meno degli altri – in primis Fiat-Chrysler, Opel e Ford – e per i costruttori di supercar, lontani dagli obiettivi prefissati.
L’indagine condotta dall’Aea analizza le emissioni di anidride carbonica attribuibili alle vetture prodotte dai costruttori che vendono auto all’interno dei mercati dell’Unione europea. La regola generale prevede che un gruppo automobilistico, considerando i marchi controllati e i rispettivi modelli, faccia registrare una media di 130 grammi al chilometro (g/km) di CO2. Un valore destinato a essere ridotto a 95 g/km entro il 2021 e che ammette delle eccezioni. Ogni costruttore ha infatti un target specifico da rispettare, ottenuto mediante una complessa formula matematica che assume quale variabile il peso dei mezzi. Ciò significa che, se la media ponderale dei veicoli si attesta a 1.381 kg, allora l’obiettivo da raggiungere è di 130 g/km di CO2. Diversamente, qualora la media si alzi a 1.481 kg, il target diventa di 134,4 g/km e, viceversa, scendendo a 1.281 kg viene assunto un orizzonte di 125,4 g/km. Senza dimenticare i “supercrediti”, grazie ai quali ciascun costruttore può far valere ogni auto immatricolata con emissioni di anidride carbonica inferiori a 50 g/km, in sostanza i modelli ibridi plug-in ed elettrici, come se fosse una vettura e mezza, vale a dire moltiplicando per 1,5 ogni unità venduta.
Il meccanismo di calcolo delle emissioni per ogni casa costruttrice è tutt’altro che semplice. È ad esempio previsto un bonus per le vetture alimentabili mediante E85, vale a dire un combustibile costituito all’85 per cento da etanolo e al 15 per cento da carburanti di derivazione fossile come la benzina. In tal caso, scatta uno “sconto” del cinque per cento sulle emissioni a patto che almeno un terzo delle stazioni di servizio del Paese nel quale risiede il costruttore eroghi tale miscela. Ad oggi, ciò accade solo in Svezia. E ancora, non mancano accordi speciali tra l’Aea e i produttori più piccoli, con un numero di esemplari immatricolati compreso tra mille e 10mila, così come deroghe specifiche per quanti realizzano dalle 10mila alle 300mila vetture l’anno. Un ginepraio che costringe l’Agenzia europea dell’ambiente a calcoli complessi e a presentare i risultati della ricerca con un anno di ritardo sull’effettivo andamento del mercato.
Le nuove vetture hanno consentito di ridurre del 37 per cento le emissioni di anidride carbonica negli ultimi venti anni e, dato ancor più interessante, svariati costruttori realizzano risultati nettamente migliori rispetto a quanto imposto dalla Ue. Fra questi Peugeot, Citroën, Nissan, Renault, Toyota e Volvo. Case che da tempo investono in vetture elettriche o ibride, oltre a lavorare con particolare attenzione per l’ottimizzazione delle motorizzazioni tradizionali. Meno positivi i risultati fatti registrare dal Gruppo FCA (Fiat-Chrysler Automobiles), che non a caso presenterà a breve un’auto a batteria e rafforzerà l’impegno nelle propulsioni ibride e bifuel, così come da altri costruttori non in linea con i miglioramenti necessari per centrare gli obiettivi di contenimento della CO2 fissati per il 2021. In primis Opel e Ford, che nei prossimi anni dovranno accelerare la svolta in ottica sostenibile. Una svolta peraltro già in essere nel caso del produttore tedesco, dato che debutterà a breve la monovolume elettrica Ampera-e, accreditata di un’eccezionale percorrenza di 500 chilometri a ogni ricarica.
La media delle emissioni di CO2 da parte di tutte le auto vendute nel 2015 all’interno dell’Unione europea è stata di 119,5 g/km, vale a dire l’8 per cento in meno rispetto al limite fissato in 130 g/km. Ciò significa che il mercato, complessivamente, è virtuoso e i paladini di questo trend sono Peugeot, che fa registrare il miglior risultato di gruppo con 104 g/km, Renault e Citroën (106 g/km) oltre a Toyota (108 g/km). Tutti promossi? Assolutamente no. Ferrari e Aston Martin, produttori di supercar, hanno sforato i limiti concordati e commercializzano le gamme più inquinanti. La casa di Maranello si attesta a una media di 299,4 g/km di CO2 – era autorizzata ad arrivare a 295 – mentre il costruttore inglese fa registrare sino a 312,2 g/km. L’Unione europea ha così avviato le procedure per infliggere delle sanzioni proporzionate al numero di auto vendute. Multe che, nel caso della Ferrari, arriveranno a superare i 400.000 euro.
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