
Dopo il sì alla Camera, il ddl Zan contro l’omotransfobia è fermo al Senato. Perché non è ancora stato approvato? Ne parliamo con il relatore del testo, Alessandro Zan.
Il Senato approva, ma serve ancora un passaggio parlamentare: contestato l’emendamento che dice che le violenze devono essere ripetute nel tempo.
La legge che introduce il reato di tortura anche in Italia è stata approvata dal Senato. Un piccolo passo, ma non ancora quello decisivo per il nostro Paese perché non si tratta del via libero definitivo: rispetto all’ultimo passaggio parlamentare, infatti, il testo è stato modificato, e dunque si renderà necessario ancora un altro esame da parte della Camera. Difficile dire, per ora, se questo avverrà prima o dopo l’estate. Il nuovo testo prevede la reclusione da un minimo di 4 a un massimo di 10 anni per chiunque, con violenze o minacce gravi e con crudeltà, “provochi acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, oppure che si trovi in condizioni di minore difesa”.
dottorgiustizia: RT roccoscozzarell: La #tortura è un abominio,riduce le vittime a delle cose.Italia Paese da terz… pic.twitter.com/MKfFsDVZbI
— Movimento Etico (@MovimentoEtico) 16 maggio 2017
Le modifiche apportate dal Senato in questi giorni sono state 4: da una parte l’inasprimento della pena minima da 3 a 4 anni e l’inserimento di una aggravante per “abuso di potere” per i pubblici ufficiali. Dall’altra però è stato inserito un emendamento che configura la violenza come tortura “se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”, una formula giudicata inaccettabile dall’Associazione Antigone e da Amnesty International per “l’accanimento con cui si insiste nel limitare la tortura ai soli comportamenti ripetuti nel tempo”. L’ultima modifica invece, effettuata a tutela delle forze di polizia, esclude dalla legge le sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti da parte della Polizia.
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