“Per il tessile è la fine di un modello nocivo per ambiente, salute e economia”
Il nuovo regolamento punta a colpire la sovrapproduzione, introducendo una misura-chiave: il divieto di distrazione degli invenduti per alcune categorie di prodotti, compresi appunto i capi d’abbigliamento. Una scelta che consentirà di dare impulso, invece, al riuso e al dono. Vestiti e scarpe non venduti non potranno perciò essere buttati nei cassonetti: i produttori avranno a disposizione due anni di tempo a partire dalla promulgazione del regolamento per conformarsi alla nuova normativa. Per le medie imprese, è stato invece concesso molto più tempo (forse anche troppo): ben sei anni.
Ciò nonostante, secondo la parlamentare europea socialdemocratica Alessandra Moretti, relatrice del testo, si tratta di un passo avanti epocale: “È tempo di porre fine al modello basato su estrazione, fabbricazione, generazione di rifiuti. Si tratta di un sistema nocivo per il Pianeta, per la salute e per l’economia”. Ora, per far sì che la nuova disciplina entri in vigore, occorrerà aspettare un ultimo passaggio non appena arriveranno le approvazioni formali da parte di Consiglio e Parlamento. Non dovrebbero però esserci più sorprese, dal momento che a mandare sono solamente alcuni dettagli tecnici.
We're making sustainable products the new norm in the 🇪🇺.
We welcome the provisional agreement reached between @Europarl_EN and @EUCouncil on the Ecodesign for Sustainable Products Regulation.
It will make products last longer, easier to repair and recycle.
La Commissione potrà estendere il regolamento ad altri settori
La Commissione europea potrà inoltre scegliere se estendere il regolamento anche ad altre categorie di prodotti. Nello stesso provvedimento sarà introdotto a tale scopo un “passaporto digitale”, che permetterà ai consumatori di conoscere gli impatti ambientali di ciascun prodotto. Quelli più inquinanti – ferro, acciaio, alluminio, pneumatici, pitture, lubrificanti o prodotti chimici, solo per fare alcuni esempi – potrebbero essere i primi ad essere interessati. Anche se è probabile che per ciascun settore dovranno essere imposte regole ad hoc, il che potrebbe comportare trattative e, dunque, tempo.
Già 13 Regioni hanno emesso ordinanze anti-caldo basate sulla piattaforma Worklimate: “siesta” dalle 12.30 alle 16. E i musei diventano rifugi climatici.
A Vicenza il maxiprocesso per contaminazione da Pfas si è concluso con 140 anni di reclusione per 11 dirigenti dell’azienda Miteni, per disastro ambientale, avvelenamento delle acque e reati fallimentari. Una sentenza storica, dopo 4 anni di procedimento.
Il caldo non è uguale per tutti: servono soluzioni accessibili come i rifugi climatici. A Bologna ne sono stati attivati quindici in biblioteche, musei e spazi pubblici.
Riduzione delle emissioni in agricoltura, mobilità sostenibile, efficientamento degli edifici e sensibilizzazione i i pilastri. Ma ora servono i fatti.
Un nuovo murales al Gazometro sarà l’ulteriore tassello di un processo di rigenerazione che sta interessando uno dei quadranti più dinamici della Capitale.
Le forze armate pesano globabilmente per il 5,5 per cento delle emissioni, e il riarmo Nato può provocare un disastro anche dal punto di vista ambientale.
Passi avanti per il Trattato sull’alto mare, stallo sulle estrazioni minerarie, tentativi di riprendere i negoziati sulla plastica: il bilancio della Conferenza Onu sugli oceani (Unoc3) che si è tenuta a Nizza dal 9 al 13 giugno.