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Dacia Spring, l’elettrica “low cost” del gruppo Renault che ha conquistato l’Europa: semplice, leggera, compatta (e premiata per la sua efficienza).
L’impronta del carbonio, in inglese carbon footprint, è un indicatore che misura le conseguenze delle attività umane sull’ambiente e in particolare sul clima globale. Esprime quantitativamente gli effetti prodotti dai gas serra generati dalle attività antropiche nelle quali si utilizzano combustibili fossili che sprigionano anidride carbonica. È, in estrema sintesi, un indice d’impatto ambientale e
L’impronta del carbonio, in inglese carbon footprint, è un indicatore che misura le conseguenze delle attività umane sull’ambiente e in particolare sul clima globale. Esprime quantitativamente gli effetti prodotti dai gas serra generati dalle attività antropiche nelle quali si utilizzano combustibili fossili che sprigionano anidride carbonica. È, in estrema sintesi, un indice d’impatto ambientale e ha per unità di misura il kg di CO2. Un indice che permette ad aziende, amministrazioni locali e nazioni di scoprire gli effetti delle proprie attività sulla natura, così da orientare le scelte strategiche, e al tempo stesso consente d’individuare le realtà virtuose. L’organizzazione internazionale no profit CDP (Carbon Disclosure Project), ad esempio, da anni redige la cosiddetta “A List” riservata alle imprese leader nella lotta ai cambiamenti climatici. Un elenco nel quale figurano un ristretto novero di case automobilistiche.
CDP stila la A List per conto di 827 investitori istituzionali che gestiscono asset per un valore di 100mila miliardi di dollari e desiderano conoscere la carbon footprint delle aziende con le quali operano. Un indice d’eccellenza nel quale, quest’anno, sono entrate Renault e il Gruppo FCA (Fiat-Chrysler). La prima grazie all’impegno nel segno della mobilità elettrica, la seconda in forza dello sviluppo di una gamma completa di modelli bifuel a Gpl e metano. Il costruttore francese, nello specifico, ha ridotto l’impronta del carbonio di tutte le proprie attività del 17 per cento dal 2010 al 2016 e, come affermato da Jean-Philippe Hermine, direttore della Strategia Ambientale del Gruppo Renault, “questo è solo l’inizio. Lo sviluppo e la commercializzazione su larga scala di veicoli a batteria accessibili a tutti è l’orizzonte del brand. Migliorando costantemente l’autonomia dei modelli a zero emissioni, Renault persegue l’obiettivo di un’ulteriore e duratura riduzione della carbon footprint”.
Se la casa francese può contare su modelli elettrici quali la urban car Twizy, la compatta Zoe, la cui autonomia nella versione ZE 40 raggiunge i 400 km, il multispazio Kangoo Z.E. e la berlina Fluence, quest’ultima non commercializzata in Italia, FCA si è invece distinta per lo sviluppo di una gamma completa di veicoli a gas. Nel 2015, la quota di mercato del Gruppo italo-americano in Europa ha toccato il 50 per cento tra le vetture a metano, mentre le emissioni di CO2 dal 2010 al 2016 legate alle attività produttive degli stabilimenti sono state ridotte del 23,4 per cento e l’ottimizzazione dei siti operativi ha permesso di risparmiare 2,3 miliardi di metri cubi d’acqua. La A List, del resto, non considera solo l’impronta ecologica diretta, ad esempio il consumo di carburanti fossili per il riscaldamento, i trasporti o la lavorazione delle materie prime, bensì anche indiretta, vale a dire collegata alla produzione di gas serra nell’intero ciclo di vita di tutti i manufatti utilizzati.
Oltre a Renault e FCA, nella A List figurano altre case auto quali Bmw, forte di una gamma sempre più ampia di modelli ibridi plug-in e dell’elettrica i3, Daimler, che controlla i marchi Mercedes-Benz e smart, General Motors, che ha recentemente presentato la monovolume a batteria Ampera-e con 500 km d’autonomia, il Gruppo PSA (Peugeot-Citroën), Hyundai, primo costruttore a declinare un unico modello – la berlina Ioniq – in configurazione elettrica, ibrida e ibrida plug-in, oltre a Nissan, da sempre in trincea per la promozione della mobilità sostenibile, e Toyota, leader nella tecnologia ibrida. La A List, alla quale ambiscono ogni anno migliaia di marchi, ha accettato ad oggi non più del 9 per cento degli esaminati. Tra le realtà italiane spiccano Eni Energia, Intesa Sanpaolo in ambito finanziario, Salini Impregilo nel settore delle costruzioni, ed Enel, Iren e Snam nel campo dei servizi. Un “club” tanto virtuoso quanto esclusivo.
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