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In occasione del Tartaday, che si festeggia ogni anno il 16 giugno, capiamo insieme alla presidente di Legambiente quali sono i pericoli che minacciano le tartarughe marine.
Sembra quasi che abbia letto la Guida Blu di Legambiente, in cui Acciaroli viene definita “la perla del Cilento”, per decidere il posto in cui deporre le uova e assicurare il futuro della sua specie. Dolores Prima, così è stato chiamato l’esemplare di tartaruga Caretta caretta che qualche giorno fa ha nidificato su questo tratto di litorale cilentano, è diventata il simbolo del Tartaday, che il 16 giugno di ogni anno celebra le tartarughe marine e la loro importanza per l’ambiente marino.
Ma questa è anche una giornata per ricordare i rischi che corre questa specie: dalle catture accidentali al traffico marittimo, all’ingestione di plastica, al degrado e urbanizzazione delle coste. Basti pensare che ogni anno nel Mediterraneo sono oltre 130mila le tartarughe marine Caretta caretta che rimangono vittime di catture accidentali da parte dei pescatori professionisti. Circa 70mila abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40mila restano intrappolate nelle reti a strascico e circa 23mila in quelle da posta per un totale di 133mila catture con oltre 40mila casi di decesso. Numeri impressionanti e probabilmente sottostimati se consideriamo tutti i pescherecci comunitari e le migliaia di piccole imbarcazioni da pesca che operano nei paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo.
Per questo motivo sono nati due progetti italiani, finanziati dalla Commissione Europea, i quali hanno entrambi l’obiettivo di proteggere le tartarughe nelle acque italiane: il progetto TartaLife, coordinato dal CNR-ISMAR di Ancona, e il progetto Life Caretta Calabria, coordinato dal Comune di Palizzi. Grazie alle attività promosse sul territorio, è stato possibile acquisire preziose informazioni. Ad esempio, è stato possibile sperimentare gli ami circolari, in sostituzione dei cosiddetti ami a “J” tradizionali, i quali riducono di circa il 70 per cento le catture accidentali. Inoltre, rimanendo impigliato solo superficialmente, l’amo può essere agevolmente rimosso direttamente dai pescatori a bordo dell’imbarcazione.
D’altronde già i dati che ci fornisce il Centro di recupero tartarughe marine di Manfredonia, gestito da Legambiente, parlano chiaro: circa il 95 per cento delle tartarughe che arrivano al Centro, sono “vittime” delle reti a strascico. Dall’anno della sua creazione, nel 2007, il Crtm ha monitorato oltre 1.000 tartarughe, occupandosi della loro cura e della riabilitazione, nonché del rilascio a mare – una volta guarite – di oltre 900 esemplari in difficoltà. Le liberazioni, uno dei momenti più emozionanti delle attività del Centro, servono anche a sensibilizzare i turisti e gli operatori sull’importanza di una corretta gestione degli arenili: la pulizia meccanica degli arenili, le luci artificiali di lungomare, l’affollamento turistico sono fattori di rischio che possono e devono essere gestiti tramite l’impegno costante e sinergico di ricercatori, università, enti, istituzioni e associazioni in modo da costituire una vera e propria rete a tutela delle tartarughe marine.
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