Salone della Csr e dell’Innovazione Sociale, le storie e i progetti

Si chiudono i battenti del Salone della Csr e dell’Innovazione Sociale: ecco un bilancio delle storie più interessanti e dei dati più significativi.

Idee, incontri, esperienze e progetti. Con un minimo comune denominatore: responsabilità sociale d’impresa. Il Salone della Csr e dell’Innovazione Sociale si è chiuso il 5 ottobre, con una quarta edizione che ha raccolto una partecipazione al di sopra delle aspettative. Rispetto al 2015, infatti, si è segnato un +30 per cento di presenze; e per il 35 per cento si tratta di new entry. Dei 143 soggetti che si sono avvicendati tra le aule dell’università Bocconi di Milano, la metà è costituita da grandi imprese, mentre il resto si divide equamente tra piccole e medie imprese e organizzazioni no profit e fondazioni. Noi di LifeGate c’eravamo e vi raccontiamo quello che ci ha incuriosito di più.

L’Italia non è pronta all’Agenda 2030

Quando a settembre 2015 ha sottoscritto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, l’Italia si è impegnata a lavorare su 17 obiettivi e 169 target. A più di un anno di distanza, però, la strada appare ancora molto in salita. Diseguaglianze economiche e sociali inaccettabili, investimenti in ricerca e sviluppo marginali, degrado ambientale, rischi sanitari, una transizione troppo lenta alle fonti rinnovabili. Questo quadro a tinte fosche è dipinto dal rapporto ASviS su “L’Italia e gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile”.

Il report si fa notare per un approccio nuovo: “Economia, società, ambiente e istituzioni non sono divisi, ma sistematicamente connessi l’uno all’altro. Questo è un cambiamento culturale importante che deve tradursi in un cambiamento delle politiche”, spiega a LifeGate il professor Enrico Giovannini, portavoce di Asvis. “Abbiamo presentato il rapporto alla Camera nei giorni scorsi e auspichiamo che le nostre proposte vengano accolte almeno in parte, soprattutto per la legge di stabilità 2017 – continua –. Ma non ci fermeremo: ci rivolgeremo anche alle Regioni e alle città. Informeremo l’opinione pubblica, facendo un confronto con Paesi come Francia, Svizzera, Germania e Finlandia, che si stanno impegnando molto più di noi. Dobbiamo cercare di accorciare questo divario e, anzi, superarlo in vista dell’anno prossimo, quando l’Italia avrà la presidenza del G7”.

Diseguaglianze povertà
Secondo il rapporto ASviS, le diseguaglianze sono un enorme ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Foto © TIZIANA FABI/AFP/Getty Images

Coesione, competitività, cambiamento: gli italiani ci credono

Per la chiusura del Salone della Csr e dell’innovazione sociale, però, si è scelto un messaggio positivo. Quello della ricerca “Gli italiani e il cambiamento, tra coesione e competitività”, realizzata da Doxa Marketing Advice su un campione rappresentativo della popolazione italiana. Nove italiani su dieci credono nella coesione e nel cambiamento e non temono le responsabilità che quest’ultimo comporta. La competitività per loro ha sempre due facce (da un lato lo sviluppo, dall’altro la diseguaglianza) ma, se esercitata nel modo giusto, è una risorsa. Secondo la stragrande maggioranza degli italiani, il cambiamento è in linea con la responsabilità sociale d’impresa (88 per cento), così come la coesione (80 per cento) e la competitività (77 per cento).

Massimo Sumberesi Head of Marketing Advice Doxa
Massimo Sumberesi (Head of Marketing Advice Doxa) presenta la ricerca “Gli italiani e il cambiamento, tra coesione e competitività”.

I case studies presentati al Salone della Csr e dell’innovazione sociale

Numerosi, e molto diversi tra loro, i case studies di cui di è discusso nelle aule del Salone della Csr e dell’innovazione sociale.

Il fiore all’occhiello di Autogrill è il modello Bistrot, elaborato insieme all’Università degli studi di Scienze gastronomiche (Unisg) di Pollenzo, nata da Slow Food.  Una partnership che “ci dà la possibilità di avere dei sensori maggiormente attenti alle aspettative del consumatore, da tradurre all’interno della nostra offerta commerciale — spiega Silvio De Girolamo, Chief Audit Executive & Sustainability Gruppo Autogrill —. Per noi, sostenibilità e innovazione consistono nella capacità di un’impresa di rivedere ciò che fa, per riuscire a migliorarsi”. Il risultato di questa collaborazione è una serie di punti vendita strutturati come moderni mercati urbani che danno spazio alle specialità enogastronomiche del territorio. A tal punto che la pasta e il pane si producono proprio all’interno del punto vendita, con le materie prime locali. “Ciò significa che rispondere a una nicchia di clienti più esigenti, in fin dei conti, fa bene a tutti”, chiosa De Girolamo.

Pane Autogrill
Nei Bistrot di Autogrill il pane è prodotto in loco. Foto © Ingimage

Myriam Finocchiaro, responsabile Comunicazione, Relazioni Esterne e Csr del Gruppo Granarolo, è un fiume in piena. “Fatta un’analisi dell’impronta di carbonio di una bottiglia di latte, circa il 60 per cento dell’impatto è alla stalla, proprio dove è più difficile intervenire. Due anni fa abbiamo avviato un progetto su sei stalle sperimentali, che estenderemo dopo il 2017, quando potremo vedere i primi risultati”, spiega. Dal lato della logistica e del packaging, già da tempo l’azienda adotta le preforme, capsule di piccole dimensioni che viaggiano nel camion per poi essere gonfiate, igienizzate e riempite di latte. Negli stessi camion si “ospitano” anche i prodotti di altre aziende, per evitare spostamenti a vuoto. E presto arriverà la bottiglia 100 per cento compostabile.

In Italia, Granarolo ha avviato progetti di compensazione dell’impatto ambientale nelle regioni in cui è presente, oltre alla partnership con l’Ospedale Sant’Orsola per la Banca Italiana del Latte. All’estero, in Tanzania e Mozambico lavora per la creazione di una filiera lattiero-casearia sana, sostenibile e che, soprattutto, possa essere gestita in autonomia dalla comunità locale.

Guna, storica produttrice di farmaci omeopatici e integratori naturali, ha presentato la nuova versione del suo social hub. Non è un consueto bilancio di fine anno, ma un flusso di dati finanziari e sociali che viene aggiornato quotidianamente dai dipendenti, dai collaboratori, dalle Onlus sostenute dall’azienda e dagli altri stakeholder esterni. Il tutto senza interventi da parte della dirigenza. Il Social Hub è interamente digitale e chiunque può consultare le infografiche e condividerle sui social network, scegliendo quelle che più si avvicinano ai propri interessi. Non mancano il cronoprogramma, che illustra le tappe fondamentali dell’azienda negli anni, e il capitolo “Cosa non siamo riusciti a fare e perché”.

Il proposito di Samsung, invece, è quello di valorizzare le potenzialità del digitale per supportare specifiche esigenze della società. Anastasia Buda, Corporate Citizenship Manager per l’Italia, sottolinea l’impegno a “rendere accessibili le opere d’arte al grande pubblico attraverso il loro restauro e mettendo a disposizione strumenti innovativi e contenuti speciali per apprenderne il significato”. Sono stati avviati anche “progetti volti a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani senza occupazione, attraverso l’offerta di competenze in linea con il mercato digitale, l’introduzione di una didattica innovativa per permettere agli studenti di tutta Italia di sviluppare competenze trasversali che serviranno loro nella carriera scolastica e nel mondo del lavoro”. O ancora, la campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza in Rete e l’uso consapevole delle nuove tecnologie, rivolta soprattutto ai più giovani.

 

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