Sequestrata carne di delfino a Civitavecchia

La Capitaneria di Porto di Civitavecchia ha sequestrato alcune confezioni sottovuoto contenenti filetto di delfino. A riferirlo la Lav e Marevivo che hanno subito chiesto controlli straordinari per individuare tutta la filiera di questo illegale e squallido commercio di carne di animali rigidamente protetti.   Il sequestro è avvenuto nell’ambito di indagini svolte dagli agenti su mandato della

La Capitaneria di Porto di Civitavecchia ha sequestrato alcune confezioni sottovuoto contenenti filetto di delfino. A riferirlo la Lav e Marevivo che hanno subito chiesto controlli straordinari per individuare tutta la filiera di questo illegale e squallido commercio di carne di animali rigidamente protetti.

 

Il sequestro è avvenuto nell’ambito di indagini svolte dagli agenti su mandato della Procura della Repubblica di Civitavecchia (anche in seguito a un servizio de Le Iene e alla segnalazione delle associazioni). La carne contenuta nelle confezioni era pronta – spiegano Lav e Marevivo – “per essere venduta e servita in un noto ristorante del litorale di Civitavecchia”. Alla base della denuncia, segnalano Lav e Marevivo, “la consuetudine di un ristorante del litorale laziale di servire ad alcuni clienti selezionati carne di delfino, specie di cui è vietata la cattura”.

 

L’utilizzo del delfino a scopi alimentari anche in Italia ha un suo passato, non solo in Paesi lontani, da Miami al Giappone. Un piatto tipico molto diffuso tra la Liguria e la Sardegna era il musciame di delfino (detto anche mosciamme o musciamu), una sorta di filetto essiccato, che oggi ristoranti e trattorie dovrebbero proporre solo con carne di tonno, ma che invece a quanto pare qualcuno si ostina a preparare con la carne dei delfini. Il ministero delle Politiche agricole scriveva, in una nota già nel 2005: “Sappiamo che vi sono ancora ristoranti dove vengono ignorati i divieti. Non acquistare piatti di datteri di mare, delfino e tartaruga o rifiutare di mangiarli nei ristoranti dove vengono offerti è l’atteggiamento responsabile da assumere”.

 

Per questo ora le associazioni si rivolgono al ministro dell’Ambiente Andrea Orlando: serve un piano per colpire tutta la filiera e interrompere la catena in ogni fase, impedendo “altre simili situazioni di somministrazione al pubblico, soprattutto in quelle regioni le cui tradizioni culinarie annoveravano il delfino tra le prelibatezze locali”. Al ministro dell’Ambiente Lav e Marevivo chiedono “tolleranza zero su quanti lucrano sulla pelle di questi mammiferi marini, rigorosamente protetti dalle normative europee” che stabilisce “un regime di rigorosa tutela”, e in particolare ne vieta “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata nell’ambiente naturale”.

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