Un rapporto della ong israeliana PHRI denuncia la strage di palestinesi nelle strutture detentive israeliane. I morti ufficiali sono 98 ma si contano centinaia di dispersi.
Un rapporto di Save the Children racconta l’impatto devastante del conflitto in Siria sulla psiche dei minori. Soprattutto su chi è nato sotto le bombe.
Sono passati sei anni dall’inizio della guerra in Siria. Sei anni, per qualcuno, significa la vita intera. Oggi, sebbene ridimensionato dopo gli accordi tra i ribelli e l’esercito di Assad, il conflitto non è ancora terminato: si combatte contro i miliziani dello Stato Islamico, soprattutto nel nord del paese. Così, 5,8 milioni di bambini fanno ancora i conti con l’orrore della guerra. E, denuncia l’associazione Save the Children, «uno su quattro rischia conseguenze devastanti sulla salute mentale».
L’organizzazione umanitaria spiega che “sono più di tre milioni i bambini che hanno oggi sei anni e non hanno mai conosciuto altro che la guerra: si stima che siano oltre 470mila le vittime dall’inizio del conflitto. L’85% della popolazione vive in condizioni di povertà e 4,6 milioni di persone in aree assediate o difficilmente raggiungibili. Sono 6,3 milioni gli sfollati all’interno della Siria e 4,9 milioni, tra cui 2,3 milioni di bambini, risultano rifugiati e hanno dovuto lasciare il paese”.
Numeri agghiaccianti, contenuti in un rapporto presentato questa mattina (e intitolato “Ferite invisibili”) che raccoglie le testimonianze di adulti e minori siriani al fine di comprendere quale sia stato l’impatto del conflitto sulla psicologia dei bambini. Tra questi ultimi, due su tre affermano “di aver perso qualcuno che amavano”, che “la loro casa è stata bombardata”, o che “sono rimasti feriti”.
Ancor più sconcertante il fatto che “il 50 per cento degli adulti denuncia che gli adolescenti ormai fanno uso di droghe per affrontare lo stress”. Si è anche riscontrato un aumento delle violenze domestiche, mentre il 59 per cento degli intervistati dichiara di conoscere bambini e ragazzi reclutati dai gruppi armati, “alcuni anche con meno di sette anni”. Molti minori, poi, “non riescono più a parlare” e si moltiplicano i casi di autolesionismo, che sfociano non di rado in tentativi di suicidio.
“Questa ricerca – ha commentato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia – dimostra che le conseguenze del conflitto sui bambini siriani sono devastanti. Bambini che sognano di morire per poter andare in paradiso e avere così un posto dove poter mangiare e stare al caldo. O che sperano di essere colpiti dai cecchini per arrivare in ospedale e magari poter scappare dalle città assediate. Genitori che preferiscono dare in spose le proprie figlie ancora bambine perché non possono occuparsi di loro”.
La paura nei bambini siriani è talmente grande che anche una porta sbattuta dal vento può provocare ormai reazioni di panico. Soprattutto per i 3,7 milioni di bambini nati durante la guerra. Incubi notturni, mancanza di sonno, tremendi mal di testa, difficoltà respiratorie e paralisi temporanee degli arti rappresentano la loro quotidianità. “Ci sono bambini come mio fratello che hanno dimenticato tutto quello che avevano imparato a scuola. Lui non sa più fare neanche due più due. Tanti non sanno riconoscere più neanche le lettere dell’alfabeto. Non vado più a scuola da due anni e ho paura del mio futuro. Gli anni passano e io non so cosa farò senza un’istruzione”, ha raccontato Zainab, undici anni, che vive in un campo di sfollati all’interno della Siria.
“Non possiamo rimanere a guardare mentre si consuma questa tragedia sulla pelle dei bambini – ha concluso Neri -. Devono immediatamente smettere i bombardamenti sui civili e gli aiuti devono raggiungere le popolazioni con particolare attenzione al sostegno psicologico per i più piccoli e vulnerabili”.
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