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Il gelato, alimento trasgressivo e rinfrescante, ha avuto un effetto suadente a cui non seppero sottrarsi molti maestri della cultura, non solo italiana. Vi proponiamo aneddoti e citazioni… gustose.
Fermarsi e consumare un gustoso gelato è molto più di una pausa rilassante. Dietro a una coppa fumante fredda ci sono tante cose non dette, perché il gelato è un mix di desiderio e soddisfazione, di eros e meditazione. Alle sensazioni del palato corrispondono stati psichici non trascurabili, al gusto refrigerante, che toglie l’appetito, sono legati pensieri profondi ed effimeri, aspettative intime o sogni irrealizzabili.
“Gli uomini, quando mangiano il gelato, sembrano tanti bambini intenti a poppare”. La frase, non priva di una certa psicologia, appartiene a Charles Dickens. Il celebre narratore inglese dell’ottocento l’annota nel suo diario durante una visita a Firenze. E concludeva: “l’Italia, in questo senso, è piena di poppanti, perché tutti mangiano gelati in tutto il tempo dell’anno”.
Sempre nella città del Rinascimento e precisamente nel 1895 nei tavoli di uno dei bar più famosi, il Gambrinus, in piazza della Repubblica, si incontravano due artisti che dettero molti impulsi alla letteratura del 900. Gabriele D’Annunzio e André Gide, due personalità per certi versi opposte. Discutevano con foga di arte ed esistenza, gustando i celebri sorbetti in scatole di cartone prodotti in quel locale. Chissà quanto la suggestione della fragola o del limone finiva per riversarsi in quei discorsi, allora astrusi per la massa di clienti e passanti.
Qualche decennio prima, durante la sua residenza a Firenze, Giovanni Verga confessava ad alcuni amici che nella sua adolescenza spesso si era nutrito, in senso letterale, di gelato. L’esponente del verismo italiano, si cibava molto spesso di pane e cassata siciliana gelata, anticipando di più di un secolo l’idea del moderno marketing commerciale del gelato, visto non solo come prodotto edonistico, ma come alimento completo, alternativa al pasto o alle merende per giovani e anziani.
I fiorentini rivendicano la paternità del gelato, quello che per primo utilizza il latte, la panna e le uova. Secondo la leggenda l’uso dei grassi animali negli alimenti gelati sarebbe stato “scoperto” in pieno Rinascimento, da un architetto, un certo Bernardo Buontalenti e poi diffuso in Francia da un cuciniere di Caterina dei Medici, il Ruggeri.
Una conferma del consumo di alimenti gelati viene, in epoca più tarda, anche da fonti storiche. Lorenzo Magalotti precursore dell’enciclopedismo e ambasciatore dei Medici a Vienna, nelle sue “Canzonette anacreontiche” (1723) descrive, in versi, le prime rudimentali gelatiere e i sorbetti che allora si conoscevano.
I Borboni avevano ben presto apprezzato il piacere dei sorbetti e delle bevande gelate e avevano concesso titoli nobiliari anche a maestri artigiani di questa categoria di “ristoratori”. Una caso viene riferito da Giacomo Leopardi, tra i letterati il più ghiotto di gelato. Il “maestro gelatiere” in questione si chiamava Vito Pinto e la sua fama era tale da fargli raggiungere il titolo di Barone. Leopardi, certo più interessato al prodotto che al produttore, cita l’evento in un verso: “quella grand’arte onde barone è Vito”. Dei fasti della Napoli di fine Ottocento relativamente ai gelati e alla vita mondana ci ha lasciato pagine deliziose la scrittrice Matilde Serao.
Tra i grandi uomini del passato gli appassionati del gelato sono tanti anche all’estero. Dal grande Goethe a Chopin, che afflitto da Tbc non potette più mangiarne, da Guy de Maupassant a Oscar Wilde, assiduo frequentatore del celebre Caffè Procope davanti all’Operà di Parigi. Si dice che a fargli scoprire la bontà dei gelati fu Alfred Douglas, un suo caro amico. Si racconta che ogni tanto durante la degustazione, lo scrittore rimanesse come incantato a guardarlo nella coppa, perso in pensieri e ricordi che “imitavano” il lento mutamento del gelato sempre meno freddo e solido.
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