Cooperazione internazionale

La Svezia rispedisce nei paesi d’origine 80mila profughi: “Sono troppi”

Il governo socialdemocratico della Svezia ha annunciato l’organizzazione di voli charter per rimpatriare decine di migliaia di richiedenti asilo.

La Svezia, una delle “terre promesse” dei migranti, assieme alla Germania e alla Norvegia, ha annunciato l’intenzione di procedere al rimpatrio di decine di migliaia di migranti. Fino a 80mila, secondo le informazioni diffuse dal ministro dell’Interno, Anders Ygeman, in un’intervista rilasciata al quotidiano Dagens Industri e alla televisione pubblica Svt.

 

Si tratta per la maggior parte di persone che sono arrivate nella nazione scandinava nel corso del 2015, e che hanno depositato regolarmente una domanda d’asilo. Ygeman ha specificato che il governo ha già chiesto alle forze dell’ordine e all’Ufficio per l’immigrazione di organizzare i rientri, che saranno effettuati con dei voli charter.

 

 

La risposta all’omicidio di una ventiduenne

La decisione delle autorità svedesi rappresenta la risposta all’omicidio, avvenuto il 25 febbraio, di una ventiduenne che lavorava in un centro d’accoglienza per richiedenti asilo, nei pressi di Göteborg. La struttura ospitava numerosi ragazzi, uno dei quali, un quindicenne del quale non è stata rivelata l’identità, è stato arrestato dalla polizia.  

 

Ma si tratta anche di una decisione legata alla politica interna. L’ondata eccezionale di migranti registrata nel 2015 ha portato ad un aumento dell’ostilità da parte della popolazione. Non a caso, il movimento di estrema destra Democratici di Svezia ha realizzato un record di consensi alle ultime elezioni, raggiungendo il 12,9 per cento e divenendo così il terzo partito a livello nazionale.  

 

La Svezia socialdemocratica sceglie la linea dura

Nel corso del 2015 sono circa 163mila i profughi che hanno chiesto asilo in Svezia, che ha finora trattato 58.800 dossier (molte risalenti ancora al 2014), accettandone il 55 per cento. Ad essere stati accolti sono soprattutto migranti siriani, seguiti dagli afgani e dagli iracheni. Tre paesi, dunque, dai quali la popolazione scappa dalla guerra e, spesso, dalle persecuzioni. 

 

 

Eppure nel novembre dello scorso anno il primo ministro socialdemocratico Stefan Löfven, assieme al portavoce dei Verdi, Ada Romsom, annunciava che il paese “non può più accogliere un tale numero di richiedenti asilo”. Di qui la decisione, dapprima, di sospendere Schengen; quindi quella, drastica, di rispedire i migranti nelle nazioni di origine.  

 

D’altra parte, la politica dei rimpatri non è una novità per i paesi europei. Nel 2011, l’allora ministro degli Interni italiano Roberto Maroni annunciava il completamento del “piano straordinario di rimpatri”: decine di voli avevano consentito di rispedire nella loro nazione 3.385 tunisini che avevano raggiunto via mare le nostre coste. E oggi la Svezia non è sola: anche in Danimarca l’esecutivo ha annunciato misure eccezionali, che culminano con l’assurda confisca dei beni dei migranti per coprire i costi della loro accoglienza.

 

Espulsioni non così semplici da attuare

Ma secondo quanto riportato dal quotidiano francese Le Figaro, le espulsioni non sono così facili da attuare. A livello giuridico, infatti, la Svezia si appella al cosiddetto Regolamento di Dublino, secondo il quale una domanda d’asilo deve essere presentata presso il primo paese europeo incontrato dai migranti nel loro cammino. Norma che, però, la Commissione europea sta tentando di modificare, perché comporta oneri troppo elevati per le nazioni più esposte, Grecia e Italia in particolare.

 

 

Inoltre, sapendo dei rimpatri, migliaia di migranti potrebbero scegliere la clandestinità, piuttosto che accettare di essere imbarcati sui charter. Senza dimenticare, infine, che alcuni paesi d’origine rifiutano di riprendere i loro cittadini: è il caso del Marocco e dell’Afganistan, che per questa ragione hanno avviato dei negoziati con Stoccolma.

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