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Ordinanze plastic free: dopo lo stop del Tar di inizio mese, il Consiglio di Stato ripristina di fatto il provvedimento della Regione Puglia.
Il 7 agosto, il Consiglio di Stato ha sospeso l’ordinanza del Tar della Puglia e ripristinato l’Ordinanza balneare 2019 “Plastic free”, affermando che “in linea di principio, le Regioni possono dettare, nell’ambito delle materie rientranti nella propria competenza, disposizioni che indirettamente determinino standard di tutela ambientale più elevati di quelli fissati da norme statali”.
Nel provvedimento, si è evidenziato come la gestione del demanio marittimo spetti solo e soltanto alle Regioni, dichiarando legittima l’ordinanza pugliese. Inoltre, il Consiglio di Stato ha ribadito che i limiti e i divieti all’uso di plastica monouso negli stabilimenti balneari previsti dalla Regione Puglia “garantisce, in linea con orientamenti giurisprudenziali ormai pacifici, una tutela ‘rafforzata’ in materia ambientale pienamente consentita alle regioni”.
Le pertinenze contano, soprattutto in tema di salvaguardia dell’ambiente. Lo conferma la notizia secondo cui il Tribunale amministrivo regionale (Tar) della Puglia ha deciso di bocciare l’ordinanza balneare “Plastic free” emessa dalla stessa Regione.
Obiettivo dell’amministrazione “di buona volontà” sarebbe stato ridurre l’inquinamento da plastica sull’intero litorale pugliese, facendo in modo di sostituire i contenitori per alimenti e bevande destinati al consumo immediato, nonché piatti, bicchieri, posate, cannucce e altri oggetti monouso in plastica con equivalenti in materiale compostabile.
Ricordiamo infatti che proprio nei mari italiani finiscono non meno di 90 tonnellate di rifiuti plastici ogni giorno provenienti dalle spiagge e da sistemi di smaltimento non sempre efficienti; per questo, l’applicazione di un’ordinanza simile avrebbe potenzialmente favorito la riduzione dei rifiuti che si accumulano sui litoriali, riducendo la quantità di spazzatura che quotidianamente viene riversata in mare da tutta la penisola.
Il tibunale ha però accolto il ricorso promosso da alcune associazioni di prodotti preconfezionati, ovvero Mineracqua (associazione dei produttori di acque minerali e di sorgente, Assobibe (produttori di bevande analcoliche), Italgrob (distributori specializzati nella distribuzione Food&Beverage nel canale Horeca) e Confida (distribuzione automatica), e ha bloccato l’ordinanza. Sulle spiagge pugliesi, dunque, si potranno ancora vendere e utilizzare prodotti monouso in plastica, con buona pace della Regione e degli ambientalisti.
Si tratta del quarto pronunciamento da parte dei tribunali amministrativi su provvedimenti di questo tipo. E al momento la situazione è di parità: anche il Tar della Sicilia ha bloccato l’ordinanza, mentre Sardegna e Abruzzo hanno confermato lo stop alla plastica monouso sui propri litoriali.
Ma perché i Tar bloccano le ordinanze delle regioni volenterose? La colpa non è di giudici insensibili, ma di direttive non ancora recepite. La direttiva europea che vieta l’uso di molti prodotti in plastica monouso e ne impone la sostituzione con oggetti analoghi ma in materiale compostabile entrerà in vigore ufficialmente solo nel 2021.
Gli stati membri possono naturalmente recepirla prima e adottare una serie di misure anche più stringenti a livello nazionale, se lo ritengono opportuno. Questa era tra l’altro l’intenzione dell’attuale ministro dell’Ambiente Sergio Costa, che aveva proposto (supportato da molte associazioni ambientaliste) l’inserimento del recepimento della direttiva all’interno del decreto Salvamare.
Alla fine, però, il recepimento non c’è stato.
Per questo mancato recepimento a livello nazionale, le regioni, seppur mosse dalle migliori intenzioni, non possono emettere ordinanze che anticipano il contenuto della direttiva europea. O meglio: possono farlo, se vogliono, ma devono stare molto attente a come le formulano, perché rischiano di venire bloccate dai Tar, in caso di ricorso. Cosa che in effetti è successa in Sicilia e in Puglia. Come ricorda anche il Quotidiano di Puglia “Anche a voler prescindere dal dato temporale del 2021 […] la direttiva europea necessita di misure di recepimento spettanti allo Stato, anche perché incide sulla tutela della concorrenza nella parte in cui la disciplina importa restrizioni al mercato dei prodotti monouso”.
E così la lobby della plastica continua a tenere il coltello dalla parte del manico.
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