
Un libro raccoglie storie ed esperienze dei primi quattro decenni di Fondazione Cesvi. Abbiamo intervistato il suo autore, il Presidente onorario Maurizio Carrara.
Stretta sui prodotti monouso e svolta ecologista dell’amministrazione pubblica di Amburgo, che dice di no all’economia usa e getta. Da noi però le capsule si riciclano.
Riduzione dei rifiuti e dei prodotti usa e getta. Addio quindi alle capsule di caffè monouso, alla bottiglie di plastica per acqua e birra, ai prodotti contenenti cloro, ai deodoranti, ai piatti e alle posate di plastica. Sono le disposizioni del nuovo documento di 150 pagine denominato Guida al Green Procurement, che contiene le linee guida da adottare in tutti gli uffici pubblici, per rendere la pubblica amministrazione più sostenibile. Tra questi ci sono appunto alcuni prodotti che non potranno più essere acquistati con i soldi pubblici.
La direttiva vuole la messa al bando di tutti quei beni che effettivamente hanno un certo impatto ambientale e causano un’eccessiva produzione di rifiuti. Tra i colpevoli anche le capsule monouso per il caffè espresso, molto utilizzate anche in uffici e luoghi pubblici. “Queste porzioni monouso causano un’inutile consumo di risorse e produzione di rifiuti, e spesso contengono alluminio inquinante”, si legge nel testo della guida, come riportato dall’Independent.
Una decisa svolta ecologista quella dell’amministrazione di Amburgo, seconda città tedesca per popolazione e una delle più green d’Europa, sia per quanto riguarda la mobilità che l’energia.
Ad essere precisi, per rispondere alla necessità di ridurre la produzione di rifiuti e l’eccessivo uso di risorse, una delle aziende produttrici più conosciute – sì, la Nespresso – ha da tempo avviato, almeno nel nostro Paese, un programma di riciclo delle capsule. Sono attivi 44 punti di raccolta in tutta Italia che permette ai clienti di partecipare al programma Ecolaboration, garantendo la raccolta e il recupero dell’alluminio e dei residui di caffè, trasformati in compost per la coltivazione di riso. Fino al 2014 sono state 775 le tonnellate di capsule usate, conferite dai cittadini e avviate a riciclo.
Non solo. Lavazza poco tempo fa ha fatto anche di più e grazie alla collaborazione con un’altra azienda italiana, la Novamont, ha immesso nel mercato una nuova capsula, realizzata in MaterBi, polimero di origine vegetale che a fine vita non diventerà rifiuto, ma compost. Lo si può infatti buttare nella frazione organica dei rifiuti.
Le soluzioni ci sono, sta a noi scegliere quella che più riteniamo etica, ecologica, comoda. Senza scordare che c’è ancora chi preferisce la moka.
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