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Il rispetto dei diritti lgbtqia+ sia garantito in tutta l’Unione: il Parlamento europeo lancia l’appello e chiede che Polonia e Ungheria vengano sanzionate.
Ogni paese dell’Unione europea (Ue) è tenuto a garantire il rispetto dei diritti della comunità lgbtqia+ che comprende lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, queer, intersessuali, asessuali e chiunque non si definisca eterosessuale. L’Ue deve impegnarsi nella tutela dei membri di questa comunità e delle famiglie che ne fanno parte, riducendo al minimo le discriminazioni. È la richiesta degli eurodeputati, cui si aggiunge un ulteriore tassello: i matrimoni gay e le unioni civili celebrati nell’Unione devono essere riconosciuti da tutti gli stati membri.
La risoluzione, approvata dall’assemblea plenaria del Parlamento europeo il 14 settembre 2021, ha raccolto 387 voti a favore, 161 contrari e 123 astenuti. Nell’atto si chiede alla Commissione di considerare sanzioni a carico di Polonia e Ungheria per aver violato i “valori” comunitari nell’ambito dei diritti lgbtqia+ e provvedimenti contro la prima per aver infranto il principio di non discriminazione. Nessuno dei due paesi ammette le unioni fra persone dello stesso sesso.
Vari enti locali hanno istituito in Polonia delle cosiddette “Lgbt-free zones”, aree dove tutte le manifestazioni gay sono vietate. Lo scorso anno le zone “anti-omosessuali” esistevano in un comune su tre, o quasi, del paese a maggioranza cattolica. L’Ungheria, guidata dal primo ministro Viktor Orbán, ha invece approvato una legge che, di fatto, equipara l’omosessualità alla pedofilia e vieta ai minori i contenuti sul tema, film compresi.
La maggioranza degli eurodeputati è preoccupata dalla retorica ostile di politici come Orbán e dalla diffusione di omofobia e transfobia nei paesi dell’Europa centrale. Il Parlamento europeo “invita la Commissione a fare pieno uso degli strumenti a sua disposizione, per far fronte all’evidente rischio di una grave violazione da parte di Polonia e Ungheria dei valori su cui si fonda l’Unione”.
Un importante capitolo della risoluzione riguarda le famiglie: il testo sottolinea come i genitori transgender potrebbero perdere il riconoscimento legale del loro genere quando attraversano un confine, cosa che li metterebbe a rischio di perdere anche la loro potestà genitoriale. Pertanto, è necessario che le famiglie “arcobaleno” – in cui almeno un genitore appartiene alla comunità lgbtqia+ – possano “godere degli stessi diritti in tutti gli stati membri, e in particolare del diritto alla libera circolazione all’interno dell’Ue”.
Il 2021 ha visto, finora, poche notizie positive e svariati passi indietro sul tema dei diritti. La libertà di molti cittadini europei e non – basti pensare agli afgani – è minacciata. Servono prese di posizione drastiche e azioni concrete nei mesi dell’anno che abbiamo ancora a disposizione.
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