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Juan Guaidó, leader dell’opposizione in Venezuela, si è autoproclamato presidente. Gli Stati Uniti lo riconoscono. Scontri in piazza: 16 morti.
Il presidente del Parlamento del Venezuela, Juan Guaidó, si è autoproclamato presidente della nazione sudamericana. L’annuncio, che segna l’avvio di uno scontro frontale con il leader ufficialmente in carica, Nicolas Maduro, è arrivato nella giornata di mercoledì 23 gennaio.
Lo strappo di Guaidó – 35 anni, ingegnere – è stato effettuato di fronte a decine di migliaia di sostenitori, riuniti per assistere ad un suo comizio nella capitale Caracas. “Giuro di assumere formalmente la guida dell’esecutivo nazionale in qualità di presidente del Venezuela, al fine di creare un governo di transizione ed ottenere elezioni libere”, ha affermato il leader dell’opposizione.
Tra i primi a replicare è stato il ministro della Difesa Vladimir Padrino, secondo il quale “la disperazione e l’intolleranza minacciano la pace nella nazione. Noi, soldati della patria, non accettiamo un presidente imposto da interessi oscuri e autoproclamatosi in modo illegale. L’esercito difenderà la nostra Costituzione e sarà garante della sovranità nazionale”.
Il #Venezuela sulle prime pagina della stampa estera pic.twitter.com/r85VSWEMKv
— Clara Martinez Turco (@ClaraMartinezT) 24 gennaio 2019
In attesa di comprendere l’evoluzione del contesto politico, Guaidó è stato nascosto in un luogo sicuro, non precisato, secondo fonti a lui vicine riportate dalla stampa internazionale. Dal punto di vista giuridico, inoltre, il giovane leader ha fatto appello all’articolo 233 della Costituzione del Venezuela, che indica una serie di possibili casi di assenza di potere da parte del presidente: la morte, la rinuncia, la destituzione per sentenza della Corte suprema, oppure l’incapacità fisica o mentale. È proprio su questa che punta Guaidó.
L’articolo in questione, tuttavia, precisa che tale “incapacità permanente” deve in ogni caso essere in ogni caso “certificata da una commissione medica designata dalla Corte suprema e approvata dall’Assemblea nazionale”. Concretamente, dunque, non sarà facile puntare sulla presunta sopravvenuta “follia” di Nicolas Maduro.
Inoltre, Guaidó – secondo quanto riferito dall’Ansa – si è detto disposto a concedere un’amnistia “a tutti coloro che siano disposti a mettersi dalla parte della Costituzione per recuperare l’ordine istituzionale”, compreso lo stesso Nicolas Maduro.
“L’unica transizione del nostro paese è quella verso il socialismo”, ha dichiarato inoltre Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea costituente, fedele a Maduro. Al contempo, la Corte suprema, il più alto grado della giustizia venezuelana, ha ordinato un’inchiesta penale contro i parlamentari che sostengono l’autoproclamazione di Guaidó, accusandoli di tentare di usurpare le prerogative del presidente in carica.
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Le parole di Guaidó hanno spinto oppositori e sostenitori di Maduro a scendere in massa nelle strade di Caracas per manifestare. L’atmosfera si è rivelata immediatamente tesissima: secondo quanto riferito all’agenzia Afp da un’organizzazione che difende i diritti umani (l’Osservatorio venezuelano dei conflitti sociali), ben tredici persone sono morte in piazza a seguito di violenti scontri nel giorno del discorso di Guaidó. Bilancio che successivamente è stato rivisto a sedici morti, ai quali si aggiungono centinaia di arresti.
I sostenitori del governo, da parte loro, hanno chiesto al presidente in carica di resistere a quello che considerano un tentativo di colpo di Stato orchestrato dagli Stati Uniti. Effettivamente il presidente Donald Trump è stato il primo a riconoscere Guaidó: “Oggi – ha spiegato il leader americano in un comunicato – accogliamo ufficialmente il presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, Juan Guaido, come presidente ad interim della sua nazione”. Ciò sulla base dell’assunto secondo il quale “il Parlamento è il solo organismo legittimo”.
The citizens of Venezuela have suffered for too long at the hands of the illegitimate Maduro regime. Today, I have officially recognized the President of the Venezuelan National Assembly, Juan Guaido, as the Interim President of Venezuela. https://t.co/WItWPiG9jK
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 23 gennaio 2019
Alla posizione di Washington si sono accodati numerosi altri stati: Argentina, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Honduras, Panama, Paraguay, Perù. E anche il segretario generale dell’Organizzazione degli stati americani, Luis Almagro, che attraverso Twitter si è congratulato con Guaidó: “A lui il ringraziamento per sostenere il ritorno alla democrazia”.
Il governo di Maduro ha risposto tagliando ogni rapporto diplomatico con gli Stati Uniti: tutti i consolati e l’ambasciata sono stati chiusi. Ai funzionari e impiegati americani sono state concesse 72 ore di tempo per lasciare il paese. La contro-replica di Washington è arrivata nella giornata di giovedì 24: il governo di Donald Trump ha infatti chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, alla quale si oppone tuttavia la Russia, secondo la quale si tratta di una vicenda di politica interna nella quale non si può intervenire.
Anche il senatore americano Bernie Sanders, esponente di spicco dell’opposizione democratica a Trump – pur non lesinando critiche a Maduro – ha lanciato un appello alla Casa Bianca affinché “ricordi le lezioni del passato ed eviti di giocare la carta del sostegno ai colpi di stato”.
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