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Right Livelihood 2021: premiati eroi della pace, giustizia e sostenibilità
Marthe Wandou, Vladimir Slivyak, Freda Huson e l’Iniziativa legale per le foreste e l’ambiente sono stati insigniti del premio Right livelihood 2021.
Ci sono persone coraggiose che, dal basso, fanno la loro parte per la pace, la giustizia e la sostenibilità. Ed esiste un premio che ogni anno dà loro il riconoscimento e la notorietà che meritano. Si chiama Right livelihood award, è considerato un Nobel alternativo e dal 1980 è stato assegnato a 186 persone meritevoli provenienti da 73 paesi; l’unico italiano, nel 2015, è stato il fondatore di Emergency Gino Strada. I quattro vincitori del 2021 sono Marthe Wandou, Vladimir Slivyak, Freda Huson e l’organizzazione Iniziativa legale per le foreste e l’ambiente.
Marthe Wandou, Camerun
La violenza contro le donne, è stato dimostrato, diventa più frequente e impunita in territori caratterizzati da situazioni umanitarie difficili. In un paese come il Camerun, alle prese con l’instabilità politica, la crisi umanitaria del bacino del lago Ciad e le incursioni dei terroristi di Boko Haram, il 56,4 per cento delle donne – sostengono le statistiche – ha subìto violenza fisica o psicologica nel corso della sua vita.
Per loro si spende giorno dopo giorno Marthe Wandou, giurista, attivista e fondatrice nel 1998 di Action locale pour un développement participatif et autogéré (Aldepa). Attraverso tale organizzazione Wandou si prende cura delle vittime di violenza dal punto di vista fisico e psicologico, aiutandole a reinserirsi nella società e fornendo loro assistenza legale. Ma non solo. In un’ottica di prevenzione, si occupa di formazione – sia dei ragazzi sia degli operatori – e cerca di sradicare il fenomeno dei matrimoni precoci. Finora, più di 50mila ragazze hanno tratto beneficio dal lavoro di Aldepa.
Vladimir Slivyak, Russia
In un paese come la Russia, che tuttora ha un piano per il clima definito “criticamente insufficiente” dal Climate action tracker e un presidente, Vladimir Putin, che ha preferito non partecipare alla Cop26 di Glasgow, c’è un’organizzazione che difende l’ambiente dal 1989. Si chiama Ecodefense ed è stata fondata da Vladimir Slivyak, ancora attivo con il ruolo di copresidente.
Guidata da Slivyak, Ecodefense ha dato il via alla prima campagna russa contro il carbone già nel 2013, scendendo al fianco delle comunità locali che ne subivano in prima persona l’impatto ambientale e sanitario, aiutandole a condividere le informazioni e far sentire la propria voce. Allo stesso modo si è scagliato contro i progetti legati al nucleare, dentro e fuori dai confini russi. Prese di posizione che non sempre sono state viste di buon occhio dalle autorità. Ma che, proprio per questo, hanno infuso coraggio a tutti coloro che, anche in Russia, vogliono attivarsi dal basso per difendere il territorio.
Freda Huson, Canada
Per decenni i popoli indigeni in Canada sono stati sottoposti a violenze, soprusi e pratiche di assimilazione forzata volte a sradicare la loro cultura, in quello che è stato descritto come un olocausto. Tra questi popoli ci sono anche i Wet’suwet’en che vivono nella Columbia Britannica, lungo il Morice River. Lì, in un cabin di legno, si è trasferita nel 2010 la leader indigena Freda Huson, guidata dalla volontà di riconnettersi con la terra e lasciarsi alle spalle i retaggi coloniali.
Da allora Huson ha lottato per l’autodeterminazione del suo popolo, la tutela della sua cultura ancestrale e la difesa della sua terra da progetti invasivi e dannosi. Come la costruzione del mega gasdotto Coastal GasLink, il cui obiettivo è quello di trasportare gas naturale attraverso le Montagne Rocciose fino alla costa. Grazie alle proteste guidate da Freda Huson, il progetto è stato ritardato per anni. Ad oggi, tuttavia, è ancora in costruzione.
Iniziativa legale per le foreste e l’ambiente, India
Era il 2010 quando il popolo tribale dei Dongria Kondh ha intrapreso una battaglia legale contro la compagnia mineraria britannica Vedanta, intenzionata ad aprire un’immensa miniera di bauxite nello stato indiano di Odisha. La causa è arrivata fino alla Corte suprema che ha sancito l’obbligo di chiedere il consenso della comunità prima di assegnare qualsiasi concessione. Consenso che è stato poi negato attraverso un referendum. Questa è stata una delle prime, e più imponenti, vittorie ambientali della storia indiana. Ed è stata anche merito di Life, Iniziativa legale per le foreste e l’ambiente, un’organizzazione che vuole difendere l’ambiente con gli strumenti della legge.
Ne fanno parte avvocati di spessore che hanno deciso di rappresentare i più deboli, anche scontrandosi contro gli interessi economici delle grandi corporation. Negli anni si sono opposti alla deforestazione e a grandi opere infrastrutturali potenzialmente deleterie per il territorio, hanno fatto in modo che i responsabili pagassero per l’inquinamento che avevano provocato, hanno fatto pressione sulle istituzioni affinché ascoltassero la voce della popolazione.
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