Yemen, una petroliera è abbandonata da anni nel mar Rosso. Il disastro ambientale è dietro l’angolo

La petroliera Safer, abbandonata da anni nel mar Rosso, potrebbe cedere da un momento all’altro. Esponendo lo Yemen a enormi rischi ambientali e umanitari.

Nelle acque del mar Rosso, a 4,8 miglia nautiche dalle coste dello Yemen, è ormeggiata una petroliera. Si chiama Safer, è stata abbandonata quando è iniziata la guerra civile yemenita nel 2015 e da allora è rimasta lì a corrodersi inesorabilmente. Uno studio appena pubblicato su Nature sustainability prova a capire cosa succederebbe in caso di una fuoriuscita di petrolio, ipotesi che ormai appare molto probabile. Lo scenario prospettato è disastroso. D’altra parte, la Safer contiene 1,1 milioni di barili di greggio, il quadruplo di quello che è stato riversato dalla Exxon Valdez in Alaska nel 1989, in quello che è passato alla storia come uno dei peggiori disastri ambientali di tutti i tempi.

Cosa succederebbe se la Safer iniziasse a perdere petrolio

La Safer ha un solo scafo. Ciò significa che qualsiasi cedimento, dovuto al deterioramento progressivo oppure ai danni del maltempo, farebbe finire il petrolio direttamente in mare. Con conseguenze non solo per lo Yemen, ma anche per Arabia Saudita, Eritrea e Gibuti.

Nell’arco di due settimane sarebbe necessario chiudere i porti di Hodeidah e Salif, entrambi sul mar Rosso. È proprio lì che viene recapitato il 68 per cento degli aiuti umanitari da cui dipende la sussistenza di oltre la metà della popolazione yemenita. Reindirizzarli altrove sarebbe logisticamente molto difficile, a causa dell’instabilità politica nella regione e della mancanza di destinazioni alternative.

Circa 9-10 milioni di persone rischierebbero di trovarsi senza acqua potabile. In parte perché il petrolio potrebbe contaminare gli impianti di desalinizzazione situati lungo la costa. In parte perché, nello Yemen, l’acqua viene estratta dai pozzi o trasportata a bordo di autocarri. Entrambi i sistemi, però, necessitano di carburante. E la chiusura dei porti bloccherebbe la consegna di 200mila tonnellate, cioè il 38 per cento del fabbisogno yemenita. I prezzi, così, schizzerebbero verso l’alto dell’80 per cento.

Il disastro ambientale è dietro l’angolo

Nell’arco di una settimana, continua lo studio, lo sversamento di petrolio potrebbe compromettere fino all’85 per cento della pesca yemenita nel mar Rosso, arrivando a paralizzarla completamente nell’arco di un’altra settimana. Un disastro economico e sociale, dunque, oltre che ambientale. Si teme infatti sia per le barriere coralline sia per l’inquinamento atmosferico, con il suo strascico di ricoveri ospedalieri per patologie cardiovascolari e respiratorie.

Yemen, una casa bombardata
Una casa bombardata nello Yemen © Andrew Renneisen/Getty Images

In stallo i negoziati tra l’Onu, il governo dello Yemen e i ribelli

Attualmente ad avere accesso alla petroliera è il gruppo armato sciita degli Houthi (in arabo Anṣār Allāh, patrigiani di Dio) che nel 2015 ha preso il controllo del palazzo presidenziale di Sana’a, nello Yemen del nord, dando inizio a una sanguinosa guerra civile costata la vita a oltre 110mila persone. Da tempo – spiega il quotidiano Guardian – l’Onu ha cercato di avviare negoziati a tre, coinvolgendo tanto i ribelli quanto il governo yemenita riconosciuto dalla comunità internazionale. Nonostante il tema sia stato discusso anche durante un consiglio di sicurezza dell’Onu, finora i tentativi di mediazione si sono conclusi con un nulla di fatto. E lo scafo della Safer continua a decomporsi, sotto la sorveglianza di uno striminzito equipaggio di sette persone.

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