Yoga

Yoga, il corpo è una bussola nelle incertezze della vita

Lo yoga non si impara sui libri ma alcuni, più di altri, ci avvicinano all’esperienza della pratica sul tappetino. È il caso di “Respirare il mondo” scritto da Patrizia Foschi e appena uscito per Giunti. C’è il contatto dei piedi nudi con il pavimento, la pulsazione spontanea di inspiro ed espiro, la levità dei muscoli

Lo yoga non si impara sui libri ma alcuni, più di altri, ci avvicinano all’esperienza della pratica sul tappetino. È il caso di “Respirare il mondo” scritto da Patrizia Foschi e appena uscito per Giunti.

C’è il contatto dei piedi nudi con il pavimento, la pulsazione spontanea di inspiro ed espiro, la levità dei muscoli quando rallentiamo il ritmo. Principi base che l’autrice distilla dopo trent’anni come insegnante di yoga e una vita come allieva di maestri da tutto il mondo, dall’India alla foresta amazzonica. 

Un capitolo dopo l’altro, Foschi ci invita a sperimentare radicamento, respiro e rilassamento, lontani dalle logiche performative, senza obiettivi da raggiungere né limiti da superare. Invece di proporre complicate posture a testa in giù, ci ricorda che abbiamo dei piedi, costretti tutto il giorno in scarpe e calzini: se non aderiscono bene a terra mentre camminiamo, la tensione riverbera più su, fino a collo, spalle e testa. Ci fa notare anche quanto tratteniamo il respiro quando siamo tesi o preoccupati, e come questo sia il modo principale in cui proviamo a controllare la vita, con il suo corso imprevedibile. 

yoga patrizia foschi
Patrizia Foschi insegna yoga in Italia e all’estero © Patrizia Foschi

La pratica yoga serve a renderci più accoglienti alle incertezze della vita?
Attraverso una pratica yoga costante nel tempo, familiarizziamo con il nostro respiro, impariamo a conoscere la sua stretta associazione agli stati mentali. Sorge un’emozione e la respirazione cambia, oppure viceversa, respirando consapevolmente ascoltiamo scorrere il soffio dentro e fuori di noi e l’emozione sottostante si trasforma.

La continua variabilità e imprevedibilità del nostro mondo interiore fa eco a quella ben più ampia dell’universo di cui siamo parte, e ci allena a ritornare verso un centro di calma, di presenza che osserva, pur in mezzo alle perturbazioni dell’esistenza. In questo senso, la pratica è una bussola dove il nord è la saggia voce del corpo, capace di condurre al rifugio di pace dentro di sé, sempre presente e indipendente dalle circostanze esterne.

Perché è importante partire dal corpo?
Nell’esplorazione di chi siamo si può partire dall’osservazione e lo studio dei meccanismi della mente, o dall’ascolto e l’esperienza dell’intelligenza organica che ci parla attraverso intuizioni, istinti e segnali del corpo, sottili cambiamenti. È un po’ come accordare un violino: se affiniamo la percezione dei messaggi che si rivelano attraverso la rete del sistema nervoso, il corpo è capace di segnalare direzioni. Può offrirci chiavi riguardo al nostro essere nella vita.

Che ruolo hanno i piedi?
L’istintivo senso animale di radicamento si è molto affievolito durante il processo evolutivo umano fino ad oggi.
Si è venuta a creare una sorta di “amnesia sensoriale “ delle estremità  inferiori del corpo, che ci fa camminare come se fossimo tenuti su dalla parte alta. Non ne avvertiamo neppure più il disagio, manteniamo in continua tensione spalle e collo perché non aderiamo bene alla terra, siamo identificati con la nostra mente.

Quando il piede è saldo, quando l’appoggio nella camminata o nello stare è radicato e consapevole, il messaggio che circola attraverso il sistema nervoso è agio, assenza di sforzo, piacere e stabilità rilassata. Sentirsi a casa nel proprio corpo. Possiamo definirlo come un senso di “fiducia organica“. La mente si placa e la disponibilità ad accogliere le variabili dell’esistenza si amplia nel radicamento e nel contatto con la forza di gravità.

I piedi sono uno strumento di consapevolezza: quando li poggiamo a terra lungo la rete del sistema nervoso autonomo vengono trasmessi segnali che giungono a ogni parte del corpo © iStockphoto

Come possiamo entrare in contatto con il nostro respiro?
Presto, durante i primi anni della vita, la nostra biografia emotiva si intreccia alla biologia respiratoria. Apprendiamo a trattenere il respiro ogni volta che siamo amati nel modo sbagliato, quando non ci sentiamo considerati o liberi di esprimerci come la nostra indole vorrebbe.

Limitare il respiro è la strategia per sentire di meno. Tali condizionamenti diventano cronici, e spesso inconsapevoli. Lo yoga agisce sul respiro attraverso pratiche elaborate al fine di liberarlo da tensioni e condizionamenti muscolari e mentali. La finalità ultima è comunque il superamento delle tecniche, la riscoperta di un respirare spontaneo e naturale, liberato dai movimenti anti-vita che abbiamo assorbito nel corso dell’esistenza.

Cosa si intende per rilassamento?
Per approfondire il significato di questo termine è forse più facile partire da ciò che rilassamento non è. Non è un collassare fisico, un passivo abbandonarsi.
Non è un fantasticare senza fine, non un rimanere rigidamente impassibili emotivamente. È un percorso, un processo dinamico, un’attitudine vigile che si approfondisce nel tempo con la pratica e l’esperienza.

Il punto di partenza sta nella presa di contatto e nell’accettazione delle condizioni meteorologiche interiori, delle nostre sensazioni corporee come si presentano al momento, in relazione alla forza di gravità e allo spazio. Scopro dove abitano le tensioni in questo preciso istante, non mi riferisco a quello che conosco in precedenza riguardo al mio stato, bensì all’adesso.

A volte queste percezioni suscitano emozioni improvvise, o ricordi. Ma anziché proseguire sul cammino indicato dalla mente, che vorrebbe capire e spiegare, l’esplorazione in questo tipo di percorso (che non è psicoterapico) mira a farci rimanere focalizzati sulla corporeità: osservo, sento, prendo atto.

Lo yoga rende la vita più facile? La vita in sé non diventa più facile, siamo noi a diventare più facili con la vita così com’è, senza conclusioni, senza reti di sicurezza, senza promesse di lieto fine.

Donna Farhi

Se lo yoga è un viaggio, qual è la meta?
La destinazione potrebbe essere quella di non sentirsi più separati dall’ecosistema, attitudine che ci ha portato allo stato di emergenza attuale del nostro pianeta e dell’umanità.
Il vero frutto della pratica yoga lo vediamo al di là del tappetino, nella vita quotidiana, nelle azioni ordinarie, nelle relazioni con gli altri.

Invece di ritrovarci succubi di reazioni mentali compulsive, nel tempo ci accorgeremo di aver sviluppato la capacità di spostarci sul piano della sensorialità, dove il contatto diretto con i fenomeni organici – il respiro, il battito del cuore, il contatto dei piedi con il suolo – ci libera, anche se temporaneamente, dall’ossessività del pensare. Potremo scegliere allora, in assenza di condizionamenti, quando approfittare al meglio delle meravigliose facoltà della nostra mente pensante. 

La copertina del libro “Respirare il mondo” © Giunti

 

Lo yoga è per tutti?
Oltre a risolvere mali di schiena o alleviare l’insonnia, c’è molto altro che lo yoga è in grado di offrire. Può essere definito “uno strumento di liberazione di noi stessi da noi stessi“, come scrive T.K.Sribhashyam.
Ciò non significa che la pratica dello yoga sia adatta a tutti indistintamente; tante sono le differenze di personalità, di interessi e di fasi della vita. Yoga è un ‘esperienza, non qualcosa che possiamo imparare sui libri e come tale va provata, per sapere se è a noi affine.

Il libro si legge tutto d’un fiato. Inizia a bordo di una Fiat 500 negli anni Settanta e finisce con un viaggio da fermi, quando si assapora un intervallo di quiete nel rumore delle “cose da fare” di tutti i giorni, come le chiama l’autrice. È in quei momenti, dice, che i pensieri di placano e sboccia il silenzio, come un fiore: imprevedibile.

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