L’uso dei sottoprodotti dell’agricoltura nei mangimi animali può permettere un risparmio ecologico e una via diversa per l’ecosostenibilità ambientale.
Cosa sono le fattorie della bile. Alla scoperta dell’inferno degli orsi
In Asia gli orsi vengono torturati per estrarre la bile utilizzata nella medicina tradizionale. Animals Asia Foundation lotta per fermare questo abominio.
La mente umana è capace di generare orrori inimmaginabili. L’intera storia della nostra specie ne è costellata. L’uomo non ha mai risparmiato (né risparmia tutt’ora) atroci crudeltà verso i suoi simili, è però nei confronti degli animali che dà il peggio di sé. Uno degli incubi ad occhi aperti di cui parliamo sono le fattorie della bile.
All’interno di queste strutture migliaia di orsi neri asiatici (Ursus thibetanus), ma anche orsi bruni e orsi del sole, vengono letteralmente spremuti per ricavare dalla loro bile l’acido ursodeoxicholic. La bile viene estratta con tecniche invasive e dolorose che causano gravi infezioni, come il free drippinng, il continuo sgocciolamento della bile dalla cistifellea indotto schiacciando i plantigradi due volte al giorno.
Quale può essere lo scopo di tanta crudeltà? Se non fosse tanto tragico sarebbe quasi ironico, gli orsi vengono torturati per produrre una pomata contro le emorroidi e uno shampoo. Da millenni la medicina tradizionale asiatica ricorre a queste torture per creare unguenti e rimedi. Nonostante esistano numerose alternative erboristiche e sintetiche efficaci e a basso costo questa pratica è ancora largamente diffusa. Sono oltre 10mila gli orsi imprigionati nelle fattorie della bile cinesi, mentre in Vietnam gli orsi detenuti sono circa 2.400.
La vita degli orsi, se così si può chiamare, è una lenta e costante agonia, spesso gli animali vengono catturati da cuccioli, rinchiusi in gabbie minuscole che impediscono loro ogni movimento, vengono loro strappati gli artigli e segati i denti per evitare che possano cercare il suicidio e “munti” fino alla morte, che può sopraggiungere anche dopo trent’anni in virtù della loro straordinaria resistenza. Oltre che perverso e malvagio questo tipo di allevamento è illegale, gli orsi asiatici sono infatti protetti dalla Cites, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate, eppure le “fattorie” sono aperte con regolari concessioni governative.
La speranza per questi animali gentili ha un volto e risponde al nome di Jill Robinson, fondatrice della Animals Asia Foundation, associazione nata nel 1998 con l’obiettivo di porre fine alla crudele pratica delle fattorie della bile e di migliorare il benessere degli animali in Cina e Vietnam. La fondazione si occupa della liberazione degli animali, diffonde consapevolezza sulla loro situazione e dispone di un centro di recupero per gli orsi salvati che permette agli animali di vivere serenamente dopo le torture subite.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Torna il 19 e 20 aprile lo sciopero globale per il clima, che in Italia vede coinvolte 25 città. Giovani in piazza anche per Gaza.
I lavori del ponte sullo stretto di Messina dovrebbero iniziare a dicembre 2024 e concludersi nel 2032. Ma i cittadini si ribellano.
L’Agenzia per la protezione dell’ambiente ha imposto di rimuovere quasi del tutto alcuni Pfas dall’acqua potabile negli Stati Uniti.
La Corte europea per i diritti dell’uomo dà ragione alle Anziane per il clima: l’inazione climatica della Svizzera viola i loro diritti umani.
Dopo i rilievi nell’acqua potabile del Veneto e della Lombardia, sono state trovate tracce di Pfas nei delfini, tartarughe e squali spiaggiati sulle coste della Toscana.
Un nuovo rapporto di Wri e università del Maryland fa il punto sulla deforestazione. Miglioramenti in Brasile e Colombia, ma passi indietro altrove.
Sabato 6 aprile, il settimanale porta in edicola e online le tematiche del “vivere verde”. Con un’intervista a Simona Roveda.
A distanza di un mese dall’annuncio dello Zambia, anche il Malawi ha dichiarato lo stato di calamità a causa della siccità prolungata da El Niño.