Il report di Michelle Bachelet sugli uiguri nel suo ultimo giorno da Commissaria Onu

Dopo quattro anni Michelle Bachelet non è più Alta commissaria per i diritti umani dell’Onu. Il suo congedo con un rapporto sugli uiguri che denuncia le violenze cinesi.

  • Il rapporto sottolinea che nello Xinjiang sono state commesse gravi violazioni dei diritti umani.
  • L’Onu parla di crimini contro l’umanità e chiede alla Cina di mettere rimedio alla repressione.
  • Il documento è l’ultimo lascito di Michelle Bachelet da Commissaria Onu, il cui mandato è ora scaduto.

La Cina ha commesso e continua a commettere gravi violazioni dei diritti umani contro gli uiguri. Dopo le inchieste giornalistiche, le testimonianze dirette di persone esiliate all’estero le denunce di diversi paesi del mondo con tanto di sanzioni annesse, ora ci ha pensato l’Onu a puntare il dito contro Pechino per la situazione nello Xinjiang.

Nel suo ultimo giorno di mandato da Alta commissaria per i diritti umani, Michelle Bachelet ha diffuso un suo rapporto che rivela le sistematiche violazioni dei diritti umani commesse dalle autorità cinesi contro la minoranza musulmana. Un’eredità importante quella della Bachelet, che aggiunge ulteriore pressione sulla comunità internazionale per non voltare lo sguardo dall’altra parte.

Una protesta per i diritti degli uiguri a Washington
Una protesta per i diritti degli uiguri a Washington © Drew Angerer/Getty Images

Il rapporto dell’Onu sugli uiguri

L’Alta commissaria per i diritti umani dell’Onu, Michelle Bachelet, aveva deciso di dare il via ai lavori per un rapporto sugli uiguri a seguito delle numerose denunce di violazioni dei diritti umani nello Xinjiang arrivate all’organizzazione negli ultimi anni. Il risultato doveva aversi circa un anno fa ma poi ci sono stati ritardi e la pubblicazione è avvenuta solo lo scorso 31 agosto.

Nel rapporto si legge che nella regione cinese occidentale “sono state commesse gravi violazioni dei diritti umani nel contesto dell’applicazione da parte del governo di strategie antiterrorismo e anti estremismo”. Come già emerso in passato, la repressione degli uiguri, definita da paesi come gli Stati Uniti “genocidio”, è stata sempre camuffata dalle autorità di Pechino come parte di un’ampia operazione di sicurezza dopo alcuni attentati commessi da milizie musulmane presenti nel territorio. Una strumentalizzazione di quello che in realtà è stato da più parti descritto come un processo di sinizzazione della minoranza musulmana volto a cancellarla.

Il rapporto dell’Onu conferma tutto questo, evidenziando un uso esasperato delle detenzioni che colpisce in modo discriminatorio gli uiguri e le altre minoranze musulmane. La prove di torture e altri trattamenti degradanti sono definite “credibili” e si parla anche di limitazione dei diritti religiosi, di pensiero e riproduttivi, quelle pratiche di riduzione forzata delle nascite, sterilizzazioni e aborti imposti che già erano emerse in altri rapporti recenti. L’Onu definisce tutto questo possibili “crimini contro l’umanità” e chiede che la Cina prenda provvedimenti per mettere fine alla violenza contro gli uiguri.

Il congedo di Michelle Bachelet

Il rapporto sugli uiguri è stato diffuso 11 minuti prima che scadesse ufficialmente il mandato di Michelle Bachelet da Alta commissaria per i diritti umani dell’Onu. Un lascito importante perché è la prima volta che dalle Nazioni Unite arriva una presa di posizione così netta e documentata sui crimini commessi da Pechino nello Xinjiang. Anche se diverse organizzazioni dei diritti umani hanno accusato la Bachelet di aver ritardato troppo l’uscita e di aver lasciato troppo spazio alla versione cinese, anche in occasione del suo viaggio in Cina nel maggio scorso.

In ogni caso ora, dopo quattro anni, si è concluso il mandato della ex presidente del Cile alla guida del Commissariato Onu per i diritti umani. Quattro anni durante i quali “il mondo è cambiato in modo radicale”, come ha sottolineato la stessa Bachelet in occasione del congedo, individuando le quattro traiettorie su cui si è focalizzato il suo lavoro: Covid-19; sostenibilità ambientale; diritti sociali, economici e culturali; uguaglianza. Il suo appello è che gli Stati mettano fine alle loro polarizzazioni e facciano fronte comune nel campo dei diritti umani e che non ci si dimentichi di alcune delle situazioni più critiche del pianeta sotto questo punto di vista, come Yemen, Siria, Sahel e Haiti. Per ora non è stato ancora nominato il suo successore e la carica sarà temporaneamente ricoperta dal vice Nada Youssef Al Nashif.

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