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L’anno scorso sono state rimosse oltre 200 dighe in Europa per ripristinare le rotte migratorie dei pesci, tutelando biodiversità e resilienza climatica.
Almeno 239 barriere, tra cui dighe e sbarramenti, sono state rimosse in 17 paesi europei nel 2021: un anno da record per la rimozione di dighe in tutto il continente. La Spagna è il paese che più si è dato da fare in questa direzione, con 108 strutture eliminate.
Si stima che esistano più di 1 milione di barriere nei fiumi europei, molte delle quali sono state costruite più di un secolo fa. Almeno 150mila sono obsolete e non hanno alcuno scopo economico.
Eppure, dighe, sbarramenti e altri ostacoli fluviali continuano a bloccare le rotte migratorie dei pesci, causando la perdita di aree riproduttive e quindi alla riduzione di specie quali il salmone, lo storione, la trota e l’anguilla, il che influisce sulla biodiversità degli ecosistemi, compresi altri animali come aquile e lontre. Inoltre, i fiumi a flusso libero trasportano anche sedimenti e sostanze nutritive utili per questo tipo di habitat.
“La rimozione delle dighe è una vera necessità”, ha raccontato al Guardian Fernández Garrido, project manager della World fish migration foundation, che ha contribuito a produrre il rapporto annuale di Dam removal Europe. “Abbiamo centinaia di migliaia di barriere abbandonate, il che costituisce un problema di sicurezza”.
“Le dighe influiscono sulla qualità dell’acqua e sui livelli delle acque sotterranee, causano l’erosione dei canali e delle coste e la scomparsa delle spiagge, generano emissioni di gas serra e portano al declino e persino all’estinzione delle popolazioni ittiche migratorie”. La presenza di pesci migratori in Europa è scesa del 93 per cento negli ultimi 50 anni. La causa principale è proprio la presenza di dighe, che in questo senso hanno un impatto negativo sull’ambiente, trasformandosi in un onere per le generazioni future.
Dam Removal Europe è una coalizione di sette organizzazioni, tra cui la World fish migration foundation, il Wwf, il Rivers trust e Rewilding Europe, che lavorano per ripristinare fiumi “sani e scorrevoli” in tutto il continente. L’ultimo rapporto ha rilevato che il 76 per cento delle rimozioni riguardava piccole dighe e sbarramenti, ma il 24 per cento di queste superava i 2 metri.
Portogallo, Montenegro e Slovacchia hanno iniziato nel 2021 a rimuovere le prime dighe, mentre in Finlandia ne è stata smantellata una idroelettrica funzionante, la prima di tre sul fiume Hiitolanjoki, che, una volta libero da impedimenti, dovrebbe consentire al salmone di tornare a deporre le uova in questi luoghi.
“Questo è l’esempio perfetto per dimostrare che quando una diga idroelettrica funzionante non è necessaria e l’energia può essere fornita da altre fonti, vale la pena rimuoverla e recuperare il fiume”, ha aggiunto Fernández Garrido. “Quest’ultimo sarà totalmente privo di dighe per la prima volta in oltre 120 anni”.
La Spagna, come detto, ha rimosso 108 barriere dai suoi fiumi nel 2021, inclusa la diga di Anllarinos, alta 13 metri: è stata la diga europea più alta rimossa l’anno scorso. Va detto che nella nazione iberica la legislazione è dalla parte dell’ambiente: il proprietario è obbligato a pagare per la rimozione dell’infrastruttura in caso di inutilizzo.
Ci sono invece paesi che devono ancora avviare progetti simili: è il caso dell’Italia, insieme alla Grecia e a quasi tutte le nazioni dell’Europa orientale, nelle quali il calo drastico delle popolazioni ittiche d’acqua dolce dovrebbe far scattare un campanello d’allarme. Lo stato di salute del nostro ambiente passa anche dai fiumi. Per questo è ora di attivarsi.
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