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A Monghidoro, Bologna, il recupero dell’antica cultura del grano e del fare pane artigiano ha ridato valore economico, sociale e culturale al territorio.
Sulle colline tra Bologna e Firenze esiste una filiera locale del grano che inizia nei campi con una produzione biologica, passa dai mulini a pietra e arriva nei forni artigianali, una filiera e che coinvolge agricoltori, macinatori, panificatori, ma non solo. Si potrebbe definire un sistema indipendente e chiuso, ma in realtà si tratta di un insieme aperto, fatto di collaborazione e confronto.
È la Comunità Slow Food del Grano Alto, nata nel 2019 dopo un percorso lungo vent’anni intrapreso grazie alla visione di Matteo Calzolari, fornaio di Monghidoro (Bo), che dal suo forno di paese ha convinto decine di agricoltori del territorio ad abbandonare l’agricoltura convenzionale per dedicarsi alla coltivazione di varietà di grano tradizionali e di farlo prendendosi cura della terra. Il progetto ha l’obiettivo di restituire valore economico, sociale e culturale alla coltivazione dei cereali in montagna.
Prima dell’avvento della Seconda guerra mondiale la zona di Monghidoro è caratterizzata da mulini ad acqua per la macinazione a pietra, ma a causa del conflitto bellico e della rivoluzione agroindustriale, la maggior parte di essi viene abbandonata. Seguono decenni in cui i fornai non conoscono o non si interessano della provenienza del grano; lo stesso Matteo, quando inizia a lavorare nel forno del padre, non ha mai visto un mulino a pietra o una farina che non sia bianca. Presto però il giovane fornaio inizia a rendersi conto che dietro ad ogni sacco di farina si celano l’impegno e la passione di agricoltori e mugnai, con i quali inizia a confrontarsi fino a comprendere la necessità di lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo comune di restare a vivere nelle terre di Monghidoro facendo prodotti biologici di alta qualità.
“L’industrializzazione ha allontanato sempre più i fornai dagli agricoltori e il forno dal campo – spiega Sara Pellegrini, creativa, home baker e appassionata di story telling – Il lavoro di Matteo Calzolari iniziato vent’anni fa e che oggi prosegue con la Comunità vuole ricostruire le relazioni che si sono perse, i legami che si sono spezzati”.
La produzione della Comunità si basa sul lavoro di una decina di agricoltori che coltivano con metodo biologico sementi originarie dei primi del Novecento, che non hanno subito modificazioni genetiche. Le coltivazioni del grano si estendono su una cinquantina di ettari frammentati in parcelle di ridotta estensione, delimitati da siepi e canali irrigui e inseriti in un paesaggio boschivo che avvantaggia la biodiversità ambientale e vengono alternate, secondo la rotazione delle colture, con legumi ed erba medica.
Per volontà di Matteo e degli altri membri fondatori, il grano viene comprato a un prezzo fisso tra i 60 e i 70 euro al quintale, a differenza del prezzo della borsa che impone un costo di 30 euro al quintale per i grani biologici. La granella viene macinata a pietra nel mulino di Carlo Foralossi a Firenzuola (FIi, in un impianto originario dei primi dell’Ottocento che utilizza l’energia meccanica prodotta dalla corrente del fiume Santerno, e dal Molino Pransani di Sogliano al Rubicone (Fc). Nei mulini viene trasformata in farina integrale e semi-integrale, di tipo 1 o 2, senza subire processi di raffinazione.
“Definiamo il nostro grano “alto” per diversi motivi – continua Sara – primo perché si tratta di varietà che raggiungono anche un metro e mezzo d’altezza, secondo perché viene coltivato sopra i 400 m di altitudine e, infine, per l’alto valore che abbiamo deciso di assegnargli. L’obiettivo della comunità è di essere indipendente dalle oscillazioni del mercato – che in questo momento è condizionato dalle importazioni di grano e di fertilizzanti e dal prezzo del gasolio – e in grado di autosostenersi garantendo al tempo stesso la produzione di materie prime di qualità e la vita in un territorio di montagna”.
E a chi potrebbe obiettare che progetti come questi non possono sfamare il mondo, Sara risponde: “Chi solleva questa questione sposta l’attenzione sul tema vero che riguarda la produzione di cibo sostenibile e accessibile a tutti. L’agricoltura intensiva e il cibo a basso prezzo hanno in realtà costi indiretti che non vediamo”.
Dal 2019, la comunità celebra il grano e il pane durante l’evento Forni e fornai a Monghidoro. Quest’anno la manifestazione si terrà il 21 e 22 maggio e il tema principale sarà il parallelismo tra la vitalità del suolo e quella dei lieviti: quando riceve cure e attenzioni, il terreno vivo che quotidianamente calpestiamo e coltiviamo restituisce nuova vita, proprio come avviene con il rinfresco del lievito madre.
Nel titolo di quest’edizione si è scelto di di inserire la “e” finale nel nome dell’evento per sottolinea l’importanza di nominare l’apporto dato dalle donne, non solo in riferimento al passato ma anche al presente e al futuro delle filiere. Durante le due giornate di evento il centro di Monghidoro e i campi delle valli circostanti ospiteranno concerti, incontri, laboratori e seminari per confrontarsi e celebrare insieme il valore che i grani alti hanno per la salute delle persone, l’ambiente e l’economia del territorio.
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