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Un tempo chiamato “azzurro-azzurro”, grazie alle sue acque limpide e cristalline che facevano scorgere un oggetto a grandi profondità. Oggi è minacciato dalla desertificazione.
Il quarto lago al mondo per estensione sta subendo un processo di
desertificazione che negli ultimi trent’anni ha ridotto del 50% la
sua superficie e ha fatto scendere il suo volume idrico del
73%.
Tutto ciò è causato dalla politica agricola applicata
dall’ex unione sovietica che ha realizzato, lungo il corso del Syr
Darya e dell’Amu Darya, un’opera di canalizzazione finalizzata
all’irrigazione di piantagioni di cotone. Quantità di
diserbanti e pesticidi utilizzati per aumentare le produzioni hanno
contaminato il terreno e le acque dei fiumi che, affluendo nel mare
lo hanno trasformato in un contenitore di veleni. Le strisce di
sabbia, miste a sale e sostanze altamente tossiche, costituiscono
uno dei pericoli più gravi. Infatti, trasportate dal vento,
si disperdono in un’area vastissima danneggiando altre zone
agricole e causando l’aumento di tumori, anemie gravi,
mortalità infantile e nascite deformi. Uno dei disastri
ambientali più gravi di tutti i tempi. La maggioranza delle
specie animali e vegetali che popolavano le sue acque e le rive ora
sono ridotte a pochissime unità.
Problemi del passato che si fondono con quelli odierni: le regioni
del Kazakistan, dell’Uzbekistan e dell’Azerbaigian, aiutate anche
da alcune multinazionali del petrolio, si sono lanciate in una
campagna di perforazione su grande scala in acque poco profonde
rischiando così di mettere in pericolo anche il patrimonio
ambientale del vicino Mar Caspio.
Inoltre l’Uzbekistan continua a produrre in maniera intensiva il
cotone, attraverso le medesime modalità distruttive
sovietiche: dosi massicce di fertilizzanti e di pesticidi, al punto
che utilizzare queste terre per scopi differenti dalla coltivazione
del cotone sarà molto difficile.
Uno scempio irriverente e distruttivo di un territorio che potrebbe
essere rivalutato rischia di trasformarsi in modo irreversibile in
un inferno di morte.
Elena Evangelisti
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