
La misura è stata annunciata il 4 giugno dal presidente Trump. Per l’Onu è un provvedimento discriminatorio e che suscita preoccupazioni.
Secondo il segretario generale dell’Onu, i combattenti Isis in fuga dal bastione libico di Sirte potrebbero scegliersi di sparpagliarsi in piccole cellule.
In Siria e in Iraq i combattenti dello Stato Islamico perdono colpi ormai da mesi. L’esercito regolare iracheno ha riconquistato alcuni importanti bastioni e numerose fonti parlano di difficoltà da parte dei miliziani integralisti. Allo stesso modo, a Sirte, città sulla costa della Libia, la sconfitta dell’Isis “sembra a portata di mano”. Eppure, è proprio tale situazione, nel suo insieme, a preoccupare il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.
In un rapporto confidenziale reso al Consiglio di sicurezza, il dirigente dell’organizzazione internazionale ha spiegato infatti che gli jihadisti, in fuga dai loro feudi, potrebbero sfruttare l’occasione per conquistare in breve altre aree non soltanto della Libia ma più in generale dell’Africa settentrionale. Puntando ad una strategia diversa rispetto a quella attuale.
“Le pressioni che sono state esercitate di recente contro il gruppo Stato Islamico in Libia – ha spiegato Ban Ki-moon, secondo quanto riferito dal quotidiano francese Le Monde e dall’agenzia Afp – potrebbero spronare i suoi membri, compresi i combattenti stranieri, a delocalizzarsi e a raggrupparsi in cellule più piccole e più sparpagliate dal punto di vista geografico. Sul territorio libico così come su quello delle nazioni confinanti”.
La città di Sirte è infatti da tempo dei principali bastioni dell’Isis al di fuori dei territori siriano e iracheno. Le truppe libiche filo-governative stringono d’assedio l’agglomerato urbano ormai da due mesi, ma le informazioni fornite parlano di parecchie centinaia di miliziani islamisti che ancora resistono (tra duemila e cinquemila, compresi quelli dislocati a Tripoli e Derna). In prevalenza libici, ma anche jihadisti provenienti da Tunisia, Algeria, Egitto, Mali, Marocco e Mauritania.
Proprio da Sirte, in effetti, sembra che numerosi combattenti stiano cominciano a riparare verso sud e verso ovest. Alcuni avrebbero già attraversato il confine, asserragliandosi in Tunisia. Secondo la nota riservata del segretario generale dell’Onu, l’intenzione di decine di combattenti tunisini sarebbe quella di rientrare nel loro paese con l’obiettivo di organizzare attentati terroristici.
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