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Il processo di creazione di nuovi Bitcoin avviene attraverso complesse operazioni di crittografia, che impiegano migliaia di processori dedicati e sparsi nel mondo. La moneta virtuale potrebbe alimentare 3 milioni di case americane.
È il momento del Bitcoin. Dopo il debutto sulla Cboe Futures Exchange di Chicago di questi giorni, la criptomoneta è uno dei temi economici e finanziari del momento. Ma senza dilungarsi in “future”, “azioni” e “bolle speculative”, c’è chi invece si è chiesto quanta elettricità stia consumando il Bitcoin e quanto incida la produzione di nuova moneta sui consumi energetici. Gli ultimi numeri disponibili li ha divulgati la britannica Power Compare, realizzando un mappa mondiale per mostrare i consumi elettrici del mining di Bitcoin. Secondo i dati forniti da Digicomist, oggi il mining impiega 29,05 T Wh di elettricità l’anno, tanto quanto i consumi dell’intera Irlanda.
La criptovaluta, o moneta virtuale, nasce nel 2009 e viene impiegata in rete per transazioni di qualsiasi tipo. Ciò che la distingue è quella di non essere vincolata a nessun controllore od organismo centrale. I pagamenti vengono registrati e mantenuti sicuri dalla Blockchain, una sorta di “diario delle transazioni”. Tutto questo sistema si basa sulla crittografia dei dati, ovvero una serie di operazioni matematiche che devono essere calcolate dai computer, o meglio da processori in essi contenuti. Da qui nascono le “farm”, vere e proprie produttrici di nuovi blocchi (da qui il nome di Blockchain), creati dai cosiddetti “miner”, che sono gli unici a poter coniare nuovi Bitcoin, ovvero ad avviare il processo di “mining”.
Per produrre nuova moneta l’intero sistema consuma lo 0,13 per cento della domanda totale di elettricità nel mondo. Dato che si potrebbe paragonare ai consumi di 159 singole nazioni (molte delle quali africane). Se i “miner” di Bitcoin fossero un Paese, sarebbero oggi al 61° posto nel mondo in termini di consumi elettrici. Ma le previsioni guardano più là: secondo Power Compare la crescita di domanda elettrica è aumentata del 29 per cento in un solo mese, mentre prevede che se questa continuasse a dato ritmo, entro il 2020 coprirebbe l’intera domanda elettrica globale.
A questo punto è d’obbligo porsi delle domande. Se da un lato il Bitcoin nasce per svincolarsi dal controllo di un certo mondo della finanza e di gestione del denaro, dall’altro la continua crescita determina una maggiore richiesta di energia. E come viene prodotta questa elettricità? Oggi la maggior parte delle “farm” si trovano fisicamente in Cina, dove l’energia è più economica che in altre nazioni, ma viene ancora prodotta principalmente impiegando fonti fossili, come il carbone. Con impatti su ambiente e clima che ben conosciamo.
Google ha recentemente dichiarato che tutta l’energia acquistata è certificata al 100 per cento come rinnovabile, mentre gli altri colossi del web, da Apple a Facebook, continuano ad investire per ridurre l’impronta di carbonio delle proprie attività in rete, dall’alimentazione dei data center, a quella delle sedi dislocate nei vari Paesi. Il dubbio di come verrà prodotta l’energia per creare nuova moneta nei prossimi anni rimane, e le soluzioni non sono certo a portata di mano.
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