Prendiamoci cura del clima

I cambiamenti climatici colpiranno anche le falde acquifere

Uno studio di Fondazione Cmcc e università di Bologna ha analizzato due falde acquifere dell’Appennino, stimando i cali dei flussi nei prossimi decenni.

Per ovvi motivi, tra gli impatti dei cambiamenti climatici, sono quelli maggiormente sotto ai nostri occhi a suscitare più preoccupazione. È ormai noto a tutti, infatti, che la crescita della temperatura media globale comporta una serie di conseguenze negli equilibri meteorologici di numerose regioni del mondo. L’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi estremi – come nel caso di tempeste e precipitazioni torrenziali – rappresenta ormai una realtà non confinata soltanto alle aree del mondo più esposte. Durante le estati le ondate di caldo eccezionali sono sempre più frequenti e violente. Il settore agricolo è costretto a fronteggiare siccità sempre più prolungate e dure. I mega-incendi devastano ormai ripetutamente l’intero pianeta: dall’Amazzonia agli Stati Uniti, dal Canada alla Siberia. Ma esistono anche altri impatti, meno visibili ma altrettanto preoccupanti: uno di questi è quello legato alle falde acquifere, che è stato oggetto di uno studio innovativo dell’università di Bologna e della Fondazione Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc).

2,1 miliardi di persone non hanno ancora accesso a acqua potabile pulita

Parliamo, evidentemente, di un elemento vitale per la vita umana e animale. Le risorse idriche sono infatti già state rese più scarse in tutto il mondo non soltanto a causa di eventi meteorologici estremi ma anche per via del nostro modello di sviluppo. Uno studio pubblicato dall’associazione Oxfam nel corso del 2024 ha puntato il dito contro le tecniche utilizzate dalle grandi multinazionali per accaparrarsi le sorgenti d’acqua. Con metodi che rappresentano una minaccia non solo per l’ambiente ma anche per il rispetto dei diritti umani.

Secondo un rapporto congiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Unicef, 2,1 miliardi di persone non hanno ad oggi accesso ad acqua potabile pulita nel mondo, e più di 4 miliardi non possono contare su sistemi di decontaminazione sicuri. Una situazione resa ancor più grave dal riscaldamento globale e dalle ripetute ondate di siccità, che riducono le disponibilità idriche essenziali per ogni forma di vita sulla Terra e indispensabili per il mantenimento delle culture agricole. Il 70 per cento del consumo mondiale di acqua è legato infatti all’irrigazione, fronte di un 20 per cento di peso dal settore industriale e da un 10 per cento di utilizzo domestico.

“Il riscaldamento globale modifica il ciclo dell’acqua sulla Terra”

“Il riscaldamento globale influisce sul bilancio energetico atmosferico e oceanico, modificando il ciclo dell’acqua sulla Terra – spiega lo studio dell’università di Bologna e della Cmcc -. La regione mediterranea è una zona critica per i cambiamenti climatici a causa della diminuzione della ricarica idrica e dell’aumento della frequenza e della gravità delle siccità negli ultimi decenni”.

Gli impatti potenziali sulle acque superficiali, a seconda dei diversi scenari di aumento della temperatura media globale, sono stati ampiamente studiati. Numerosi testi, infatti, offrono stime sulla portata dei bacini idrici e fluviali di tutto il mondo. Al contrario, gli effetti sulle acque sotterranee rimangono allo stato attuale ancora incerti. Per questo, l’obiettivo dello studio è stato quello di “prevedere gli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici sulla portata di due sorgenti con ampie registrazioni di portata, situate in contesti idrogeologici distinti all’interno della zona climatica mediterranea”.

I risultati dello studio delle sorgenti Sanità e dell’Ermicciolo lungo l’Appennino

I ricercatori hanno deciso infatti di concentrarsi su due sorgenti. La prima è chiamata Sanità, dà vita al fiume Sele e sgorga a 420 metri sul livello del mare dalle pendici del gruppo montagnoso del Cervialto, in Campania. La seconda è la sorgente dell’Ermicciolo che sgorga in località Vivo d’Orcia, a circa mille metri di altitudine, ed è una delle più importanti del monte Amiata, in Toscana.

Lo studio ha quindi analizzato la portata delle soggetti, stimando le tendenze a lungo termine per il periodo che va dal 2040 al 2070. Concludendo che “il declino pluridecennale della portata delle sorgenti è più influenzato da fattori climatici che da specifiche caratteristiche idrogeologiche. Questo porta a ipotizzare che tendenze simili potrebbero essere previste in altre falde all’interno di climi di tipo mediterraneo in tutto il mondo. Le future carenze idriche avranno un impatto significativo sui contesti idrogeologici di questi climi”. Una constatazione che dovrebbe rappresentare un monito affinché si intervenga in tempo, per “pianificare e implementare progetti infrastrutturali su larga scala nei prossimi decenni”, aggiunge l’analisi.

falde acquifere
Una falda acquifera in Messico © Ugo Borges/Afp via Getty Images

Un monito affinché si intervenga in tempo per tutelare le falde acquifere

In particolare, nei due casi di Sanità e Ermicciolo, “considerando gli scenari più severi, si stima una diminuzione della portata per entrambe le fonti, nel periodo 2040-2070, rispetto a quello 1990-2024. Il calo è stimato in un -8,6 per cento per la sorgente Sanità e un -10,8 per cento per la sorgente dell’Ermicciolo. Ovvero un calo della portata, rispettivamente, di 310 e 15 litri al secondo”.

È anche per questo che occorre imporre alle aziende, a cominciare da quelle agro-industriali, un uso più sostenibile di una risorsa vitale come quella idrica. Per la cui tutela dovranno essere adottate al più presto regole specifiche, stringenti e adattate all’emergenza climatica.

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