![Olimpiadi di Parigi 2024: c’è il tentativo di rendere il menù più vegetale, ma il foie gras resta](https://cdn.lifegate.it/JlF9wxrWfi7nQs9oFP_SQFM8z7I=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/visione-alimentare-olimpiadi-parigi.jpg, https://cdn.lifegate.it/NhnE9PIArJfi3_PmDnqr1rPZz8A=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/visione-alimentare-olimpiadi-parigi.jpg 2x)
L’organizzazione delle Olimpiadi si è impegnata a garantire pasti sostenibili, dimezzando l’impronta di CO2, ma è polemica per il foie gras nel menù vip.
Su base volontaria, i produttori potranno vendere ortaggi con la garanzia che siano stati irrigati con acqua non inquinata da Pfas.
Per la prima volta in Italia si potranno acquistare frutta, verdura e altri prodotti alimentari con la certezza che siano liberi da Pfas, ovvero da sostanze perfluoroacriliche, composti chimici che, se non smaltiti correttamente, sono fortemente inquinanti con ripercussioni sulla salute ambientale e umana. Succede ad Arzignano (Vi), dove il consiglio comunale ha approvato una delibera per integrare il disciplinare che regola il mercato contadino. Qui, dieci posti saranno dedicati a banchi che vendono esclusivamente prodotti con la garanzia che siano Pfas free.
Il provvedimento si inserisce nel contesto del grave inquinamento da Pfas scoperto in Veneto – tra le province di Vicenza, Verona e Padova – nel 2013, quando quantità allarmanti di sostanze chimiche provenienti da scarichi industriali sono state rilevate nelle acque superficiali, nelle acque di falda e degli acquedotti pubblici. Inquinamento delle acque che, tra le altre cose, ha compromesso l’attività agricola: da alcune analisi commissionate qualche anno fa dal gruppo di attivisti Mamme no Pfas, diversi cibi risultavano contaminati dalle sostanze chimiche con valori preoccupanti.
Sapere dove e come vengono prodotte frutta e verdura o come vengono allevati gli animali destinati al consumo e alla produzione di derivati diventa quindi fondamentale. Secondo quanto afferma la delibera comunale – arrivata sulla spinta dell’associazione ambientalista Cillsa – per occupare i posti no Pfas al mercato contadino – che valorizza i prodotti locali e biologici -, i produttori devono presentare una certificazione rilasciata da un laboratorio di analisi accreditato relativa alla qualità dell’acqua dei pozzi utilizzata o la certificazione del gestore delle acque in caso di approvvigionamento all’acquedotto pubblico.
Deve essere indicata in modo visibile ai consumatori anche la filiera di produzione con informazioni come l’indirizzo dei campi o degli allevamenti, i dati sui mangimi che confermino l’assenza di perfluorati, l’eventuale utilizzo di pesticidi. Nel caso di prodotti alimentari quali pane, formaggi e altri derivati – si legge – i produttori dovranno dimostrare che sono ricavati da materie prime da essi stessi prodotte o da allevatori-agricoltori soggetti alle stesse regole di produzione.
La delibera spiega anche che sono preferiti i prodotti non trattati con pesticidi e che, in caso contrario, devono essere esposte informazioni come data del trattamento e denominazione del pesticida utilizzato. Non si accettano, invece, i prodotti provenienti da campi trattati con diserbanti a base di glifosato. Inoltre, i venditori sono tenuti ad evitare l’utilizzo della plastica per la confezione delle merci.
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