La rivoluzione cilena del nuovo presidente Gabriel Boric

Da marzo 2022 Boric sarà il presidente più giovane nella storia del Cile. Il suo obiettivo è far voltare pagina al paese dopo decenni di disuguaglianze causate dal neoliberismo.

  • Gabriel Boric, 35 anni, è stato tra i leader delle proteste che hanno infiammato il Cile negli ultimi due anni.
  • La sua coalizione, di cui fa parte anche il partito Comunista, ha sconfitto il candidato di estrema destra José Antonio Kast.
  • Diritti Lgbt+, femminismo, ambientalismo e centralità dello stato sono le ricette con cui il nuovo presidente vuole superare il Cile neoliberista ereditato da Pinochet.

Gabriel Boric è stato eletto nuovo presidente del Cile, carica che assumerà a marzo 2022. Soprattutto, Gabriel Boric con i suoi 35 anni sarà il presidente più giovane della storia del paese, ma anche quello più a sinistra da quando nel 1973 è stato ucciso Salvador Allende. La sua nomina arriva dopo una stagione di conflitti sociali e tensioni che andavano avanti da ormai da due anni e, non poteva essere altrimenti, con il voto più polarizzato di sempre, contro un rivale come José Antonio Kast dichiaratamente di estrema destra.

Si apre una nuova era per il Cile, visto il profilo e la piattaforma programmatica del nuovo presidente. Il modello di stato neoliberista instaurato dal dittatore Augusto Pinochet ha ora i giorni contati e una nuova rivoluzione dal sapore socialista è pronta a lasciare il segno su settori come la scuola, la sanità, le pensioni.

Come stava il Cile prima delle elezioni

A ottobre 2019 il governo del Cile ha annunciato un aumento del prezzo della metropolitana di Santiago nelle ore di punta. Già nel gennaio dello stesso anno c’era stato un rincaro di 20 pesos e il nuovo incremento non è stato preso bene dalla popolazione. In migliaia sono scesi in piazza per protestare, ci sono stati pesanti scontri con le forze dell’ordine e il presidente Sebastian Piñera ha decretato lo stato di emergenza. È stato l’inizio di un’escalation che non è più rientrata, questo perché il tema del prezzo del biglietto è stata solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso della rabbia sociale.

Le proteste nel corso del tempo si sono allargate e non è servito a nulla che il presidente ritirasse la normativa sul rincaro dei trasporti. Nelle piazze ormai la rabbia riguardava molto altro, le disuguaglianze sociali create da un modello economico-sociale capitalista che da decenni stava arricchendo pochi e facendo sprofondare nella povertà la maggioranza della popolazione, lì dove il 25 per cento della ricchezza nazionale è in mano all’1 per cento delle persone.

Ma anche le violenze della polizia e dell’esercito contro i manifestanti, con scene brutali come quella di un minorenne buttato giù da un ponte da un militare e sopravvissuto per miracolo. Due anni di proteste hanno portato a decine di morti, migliaia di feriti e decine di migliaia di arresti, di molte persone si sono perse le tracce, i cosiddetti desaparecidos. La situazione ha raggiunto un tale livello di criticità che si è deciso di spostare a Madrid la Cop25 del 2020, che doveva tenersi a Santiago.

Se nelle prime settimane di proteste il presidente Piñera ha osteggiato tutte le richieste dei manifestanti, con il tempo il suo atteggiamento si è ammorbidito. Ha promesso un aumento delle pensioni per le fasce di reddito più basse, il salario minimo, una diminuzione dei costi sanitari e altre misure sociali di questo tipo, che però non hanno tranquillizzato la situazione cilena. Per i milioni di manifestanti in piazza non si trattava più esclusivamente di un discorso di riforme, ma di superamento di una classe politica che si portavano dietro da decenni e che aveva spianato la strada a quel neoliberismo all’origine della fortuna di pochi e della sofferenza di molti. La posta in palio è diventata la scrittura di una nuova Costituzione per superare quella intrisa di disuguaglianze e strascichi di autoritarismo scritta nell’era di Pinochet.

Dopo mesi di braccio di ferro il presidente ha ceduto: a ottobre 2020 i cittadini sono andati alle urne e quasi l’80 per cento ha chiesto un nuovo testo costituzionale. In un voto successivo di maggio 2021 il popolo ha scelto i membri della nuova assemblea costituente e i grandi partiti sono stati sconfitti, mentre la maggioranza dei seggi è andata a candidati indipendenti, espressione dei movimenti di piazza, comprese le comunità indigene. Sembrava che la rivoluzione cilena avesse raggiunto il suo punto più alto, invece nuove sorprese sono arrivate con le elezioni presidenziali di fine anno.

Il nuovo presidente Gabriel Boric

Il 21 novembre in Cile si sono tenute le elezioni presidenziali. Dopo la batosta dei partiti tradizionali al voto per l’assemblea costituente, si trattava di un test importante per capire lo stato di salute del partito di centrodestra di Sebastian Piñera e del resto della classe politica tradizionale. Ed è andato peggio di quanto si pensasse. Al ballottaggio sono infatti andati Gabriel Boric, candidato della coalizione di sinistra Apruebo Dignidad, di cui fa parte anche il partito Comunista. E José Antonio Kast, di estrema destra e nostalgico dichiarato dei tempi di Pinochet, che ha riportato la maggioranza relativa con quasi il 28 per cento dei voti.

La vittoria di Gabriel Boric in Cile
La vittoria di Gabriel Boric in Cile © Marcelo Hernandez/Getty Images

Il 19 dicembre si è tenuto il secondo turno e a vincere con il 55 per cento delle preferenze è stato il candidato di sinistra, Gabriel Boric. “Sarò il presidente di tutti i cileni”, ha dichiarato una volta ufficializzata la vittoria. Il suo profilo e la sua proposta politica molto vicina al socialismo di Salvador Allende lo hanno già reso un nemico per i milioni di elettori che hanno invece votato il suo rivale e che ora denunciano che il Cile “farà la fine del Venezuela”, prosecuzione di quelle che sono state definite le elezioni più polarizzate della storia del paese.

Boric ha 35 anni e già solo il fatto di essere un millennial rappresenta bene il grande cambiamento occorso nel paese, dove da decenni regnavano sempre le stesse classi dirigenti. Ma a confermarlo ci sono anche il suo curriculum e le persone che lo hanno circondato in questi mesi di campagna elettorale e che molto probabilmente entreranno a far parte del nuovo governo a marzo 2022

Durante gli studi universitari in Giurisprudenza Boric è stato uno dei leader dei movimenti studenteschi che si battevano, tra le altre cose, per l’istruzione gratuita, fino a diventare presidente della Federazione studentesca dell’Universidad de Chile. Ma soprattutto, il Boric deputato è stato sempre in prima linea nelle proteste di piazza scoppiate nel 2019, chiedendo a gran voce un superamento della Costituzione ereditata dal dittatore Pinochet. Accanto a lui ci sono state figure come Camila Vallejo, sua portavoce, o Karol Cariola, figure di spicco dell’area comunista a cui potrebbero essere affidati dei ministeri. 

Verso una rivoluzione cilena?

“Sappiamo che la crescita economica basata sulla disuguaglianza ha i piedi d’argilla”, ha detto durante il suo primo discorso Gabriel Boric. Un chiaro attacco al Cile di questi ultimi decenni, avamposto neoliberista dove il 25 per cento della ricchezza nazionale è in mano all’1 per cento della popolazione. 

Molte cose cambieranno una volta che inizierà ufficialmente il suo mandato e la preoccupazione di parte dei suoi votanti è che la radicalità che lo ha contraddistinto in campagna elettorale possa venire meno una volta al potere, come spesso succede. Intanto però ci sono i messaggi forti che ha lanciato in questi mesi, sintomo che si è alle soglie di una profonda trasformazione ambientale, politica, sociale e culturale per il Cile. Boric ha detto che il suo sarà “il primo governo Ecologista della storia del paese”: la centralità dei diritti degli indigeni Mapuche nel suo programma, con tanto di saluto nella loro lingua nel discorso per la vittoria, così come l’annuncio post-elettorale di voler fermare il progetto minerario Dominga e il focus ripetuto sul diritto di tutti all’acqua, sono le prime tracce della rivoluzione ambientale che vuole guidare. 

La vittoria di Gabriel Boric in Cile, davanti a una bandiera Mapuche
La vittoria di Gabriel Boric in Cile, davanti a una bandiera Mapuche © Marcelo Hernandez/Getty Images

Il futuro presidente non ha poi dimenticato le battaglie che conduceva all’epoca dei movimenti studenteschi e il Cile che ha in mente è quello dove i privati lasceranno sempre più spazio allo Stato, in particolare nei settori della scuola, della sanità e del sistema pensionistico. Istruzione gratuita, fine del sistema di assicurazioni sanitarie che escludono i più poveri dal diritto alla salute e superamento dello schema delle pensioni tramite i fondi sono le direttive su cui ha intenzione di muoversi. La sua volontà annunciata è poi quella di introdurre una nuova tassa per i più ricchi e per le grandi imprese nazionali e internazionali che operano sul territorio, di istituire il salario minimo e di ridurre la giornata lavorativa.

Il suo sarà anche un “governo femminista” e attento alle tematiche Lgbt+, mentre nel paese si sono moltiplicate in questi anni le protesto per il diritto all’aborto e i matrimoni tra persone dello stesso. Per restare in linea col suo protagonismo nei movimenti di piazza di questi ultimi due anni, Boric ha poi annunciato una riforma del corpo delle forze dell’ordine, una risposta alle profonde violenze commesse dagli agenti per sedare le proteste.

Ci sarà tempo per capire quanto di questa rivoluzione cilena verrà messa in pratica dal nuovo presidente, che sarà in parte ostacolato dai numeri scarni a favore di cui gode in parlamento. Ma è la stessa nomina di Boric a costituire qualcosa di grosso per il paese, uno stravolgimento solo apparentemente improvviso ma che è in realtà la chiusura di un cerchio di risentimento sociale gonfiatosi nell’ultimo decennio. Ora se ne aprirà un altro, che a meno di sorprese restituirà al mondo un Cile nuovo.

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