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Chi inquina paga. È questo il principio alla base del mercato delle emissioni che dal 2019 debutta anche in Cina, e sarà il più grande al mondo.
Nella lotta ai cambiamenti climatici, la Cina aggiunge un’altra freccia al suo arco: un nuovo mercato delle emissioni di gas serra. E, tanto per cambiare, segna un nuovo record globale: sarà il più grande al mondo, superando per dimensioni anche quello dell’Unione europea. La notizia è stata annunciata il 20 dicembre dall’agenzia Xinhua.
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Tutto nasce da una fase di sperimentazione condotta a partire dal 2013 su sette città pilota, compresa Pechino. Ora è arrivata l’ufficialità: a partire dal 2019 il mercato Ets (Emissions trading scheme) sarà avviato su scala nazionale. In questa prima fase, il mercato delle emissioni coinvolgerà 1.700 imprese elettriche, che ad oggi producono ogni anno oltre 3 miliardi di tonnellate di CO2, quasi la metà rispetto a tutte le emissioni delle industrie del gigante asiatico. A ognuna di esse le autorità assegneranno una determinata quota di emissioni di gas serra: quelle che sforano potranno acquistare quote aggiuntive dalle aziende meno inquinanti. Questo sistema, che si basa sul principio “chi inquina paga“, renderà molto più conveniente riconvertire i propri impianti e diminuirne l’impatto ambientale.
Il progetto sta partendo in misura ridotta e in ritardo rispetto alle previsioni iniziali e, ad oggi, le autorità di Pechino non hanno reso nota la data di inizio delle contrattazioni. Quel che appare confermato è che il 2019 sarà un periodo di prova, dopodiché il mercato delle emissioni verrà progressivamente esteso ad altri settori. Quando la copertura sarà completa, il 15 per cento delle emissioni di gas serra in tutto il mondo sarà coperto dal mercato cinese. Viene così soppiantato per dimensioni lo storico mercato Ets dell’Unione europea, entrato in funzione a partire dal 2005.
China released a roadmap for its long awaited carbon emissions trading scheme (ETS) this week; Jane Nakano looks at the details.https://t.co/eomWuJdCYo pic.twitter.com/LcGFBVBnzn
— CSIS Energy Program (@CSISEnergy) 22 dicembre 2017
Ormai da anni è noto che la Cina è la nazione al mondo che emette più gas serra, e che la prima a pagarne le conseguenze è la salute della sua popolazione. Complice il clamoroso dietrofront degli Stati Uniti guidati da Donald Trump, però, il paese asiatico punta alla leadership globale nelle energie pulite e nelle tecnologie green. La lista di esempi che si possono citare è ormai nutrita.
Il nuovo piano quinquennale dell’esecutivo di Pechino prevede lo stop alla costruzione di un centinaio di centrali a carbone e, viceversa, l’installazione di 130 GW di nuova potenza da energie rinnovabili (soprattutto solare ed eolico) entro il 2020. L’obiettivo per il 2020 è quello di coprire il 27 per cento della produzione elettrica da fonti pulite; c’è da dire, però, il carbone continuerà ancora a lungo ad avere un ruolo dominante nel mix energetico. Parallelamente, il governo cinese ha imposto alle grandi case automobilistiche di abbandonare progressivamente la vendita di auto a benzina e diesel, sostituendole a partire dal 2019 con vetture elettriche e ibride plug-in. Questa transizione energetica richiede investimenti colossali: non c’è da stupirsi, dunque, se parla cinese un green bond su tre emesso nella prima metà del 2016.
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