“Un Pianeta con una crescita della temperatura media globale di 2 gradi centigradi, alla fine del secolo, potrebbe essere ancora assicurabile. A 4 gradi diventerà impossibile”. Era il 2015 e mancava poco all’avvio della ventunesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop 21 al termine della quale fu raggiunto l’Accordo di Parigi. Il cui testo indica, appunto, i 2 gradi come il limite massimo (ma rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi) per il riscaldamento globale, rispetto ai livelli pre-industriali. A parlare era Henri de Castries, all’epoca presidente di una delle principali compagnie d’assicurazione del mondo.
Inondazioni, siccità, incendi: i rischi legati al clima si moltiplicano
I cambiamenti climatici, infatti, sconvolgeranno anche il settore delle polizze. La risalita del livello dei mari dipesa dalla fusione dei ghiacci polari renderà facilmente a rischio inondazione vaste zone costiere, ad esempio in numerose aree dell’Asia sud-orientale. Gli eventi meteorologici estremi, inoltre, saranno sempre più frequenti e violenti, il che rappresenterà una minaccia diretta per tutte le abitazioni presenti in zone soggette a uragani e tempeste tropicali. È il caso dei Caraibi o delle nazioni asiatiche colpite da tifoni. Le ondate di caldo e di siccità estreme, allo stesso modo, aumenteranno esponenzialmente il rischio di incendi in alcune aree.
Di fronte a tale scenario, numerose compagnie d’assicurazione cominciano già a rifiutare la concessione di polizze. Ciò accade in Florida: secondo quanto riferito dall’agenzia Reuters numerose famiglie spiegano di non riuscire più ad assicurare i propri immobili. Nello stesso stato federale americano, d’altra parte, alla fine del mese di giugno il crollo di un immobile residenziale nella città di Surfside è apparso come un avvertimento di ciò che potrà accadere in futuro. L’inchiesta sulle cause è ancora in corso, ma la regione è particolarmente a rischio di fronte alla crisi climatica: il livello dei mari è cresciuto già di oltre 20 centimetri nella Florida meridionale.
Dalla California alla Florida, il dietrofront delle compagnie d’assicurazione
A causa degli incendi, sempre negli Stati Uniti, in California “gli assicuratori hanno cominciato a disertare le zone più esposte agli incendi”, riporta il New York Times.
Ma anche in Europa la situazione si fa via via più tesa nel settore. Le inondazioni che tra il 12 e il 15 luglio hanno colpito la Germania e il Belgio, a seguito del passaggio della perturbazione Bernd, hanno provocato la morte di 242 persone e danni per più di 10 miliardi di euro. Jörg Asmussen, direttore generale della federazione tedesca delle compagnie d’assicurazione (Gdv) ha indicato inizialmente che i costi per queste ultime è compreso tra quattro e cinque miliardi di euro. Il totale è stato poi rivisto al rialzo: oggi si parla di un valore compreso tra 5,3 e 6,5 miliardi.
Si tratta, tra l’altro, di una cifra decisamente ridotta rispetto a quella che le compagnie avrebbero dovuto sborsare qualora tutte le abitazioni colpite fossero state assicurate contro i rischi naturali di questo tipo. Soltanto il 46 per cento, infatti, lo era (a fronte delle ben più comuni polizze legate alla grandine).
Costi alle stelle per le inondazioni in Germania e Belgio
Similmente, in Francia nel mese di ottobre del 2020 si era abbattuta una violenta tempesta, le cui conseguenze peggiori sono state registrate nella valle della Roya. I danni, in quel caso, sono stati di 200 milioni di euro. Mentre l’ondata di gelo che ha colpito i pregiati vigneti transalpini ad aprile di quest’anno è costata circa un miliardo.
Steve Bowen, direttore della società specializzata Catastrophe Insight, ha spiegato che – tra in inondazioni, siccità e altri eventi estremi – le perdite per le compagnie del Vecchio Continente, al 10 agosto, sfioravano già i 12,7 miliardi di euro. A livello mondiale, il costo economico delle catastrofi naturali è stato nel primo semestre del 2021 pari a 77 miliardi di dollari, secondo le stime del riassicuratore Swiss Re. Un valore gigantesco, eppure nettamente più basso dell’anno precedente (quando furono raggiunti i 114 miliardi) e inferiore alle media dell’ultimo decennio, che si aggira attorno ai 108 miliardi di dollari.
Nel primo semestre del 2021 le compagnie d’assicurazione hanno sborsato 42 miliardi di dollari
Di tali immensi costi, quelli affrontati dalle compagnie d’assicurazione sono stati particolarmente elevati. Nei primi sei mesi di quest’anno sono stati pari a 42 miliardi di dollari: il valore più alto dal 2011, anno dello tsunami che ha devastato il Giappone provocando anche il disastro nucleare di Fukushima. La catastrofe peggiore dal punto di vista dei danni sono state la tempesta invernale Uri e l’ondata di freddo che hanno colpito gli Stati Uniti nel mese di febbraio: i costi per le assicurazioni sono stati pari a 15 miliardi.
I cambiamenti climatici non si arresteranno: qualora il mondo dovesse agire in modo deciso e immediato, potranno essere mitigati, ma numerosi impatti sono ormai inevitabili. E se le compagnie d’assicurazione dovessero valutare i rischi troppo elevati, potrebbero cominciare a chiedere premi esorbitanti. Oppure a rifiutare le coperture. A quel punto, tutto il carico graverebbe sulle singole persone: un’ulteriore conseguenza della crisi climatica in atto.
Il triplice ruolo delle compagnie d’assicurazione
Ma assicurazioni, di fronte ai cambiamenti climatici, svolgono un triplice ruolo: quello di risk carrier role (gestione del rischio tecnico assicurativo), quello di risk manager role (gestione del rischio fisico) e quello di investor role (investitori istituzionali). Il loro ruolo non è quindi limitato solo ai processi più tradizionali di trasferimento del rischio, in particolare attraverso l’offerta di prodotti assicurativi (risk carrier role), ma è anche fondamentale nel supportare gli altri attori (sia pubblici che privati) nell’attuazione di azioni che possano ridurre i rischi climatici e favorire, al tempo stesso, una maggiore resilienza (risk manager role) e, infine, per mobilitare le risorse necessarie per finanziare l’adattamento ai cambiamenti climatici e la resilienza delle comunità locali (investor role). Tutto, naturalmente, dipende però dalle scelte concrete dei gruppi dirigenti delle compagnie: è anche da lì che deve partire il cambiamento.
Ad esempio, il position paper “Unipol per il clima” dell’omonima compagnia italiana propone un modello di prevenzione e gestione delle catastrofi naturali basato sulla collaborazione tra pubblico e privato, che adotti i meccanismi mutualistici di natura assicurativa per gestire i crescenti rischi derivanti dal cambiamento del clima e far fronte ai risarcimenti. Il sistema assicurativo, insomma, se saprà raccogliere la sfida dei cambiamenti climatici potrà rappresentare un volano per la transizione.
L’intervista a Giulia Balugani, sustainability manager di UnipolSai Assicurazioni, alla presentazione del 7° Osservatorio sullo stile di vita sostenibile.
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