Gelo in Texas, rilasciate tonnellate di emissioni extra per “combattere” il freddo

L’ondata di gelo in Texas ha spinto le centrali elettriche a gas e petrolio a sforare i limiti di inquinamento previsti per legge.

La tempesta di gelo che ha colpito il Texas, Stati Uniti, ha provocato in tre giorni oltre 30 vittime e uno spaventoso aumento delle emissioni di sostanze inquinanti, rilasciate in atmosfera dalle principali raffinerie dello stato americano.

Per evitare nuovi blackout elettrici, infatti, il dipartimento di energia americano ha autorizzato le centrali a petrolio e a gas – su richiesta della Ercot, la società che gestisce la rete elettrica dello stato, una rete indipendente e non collegata alle due esistenti negli Usa, la Western e la Eastern interconnection, a riprova che il Texas sia il lone star state per eccellenza – a fornire più energia elettrica possibile, anche se questo significa superare i limiti di emissioni previsti dalla legge.

Più emissioni autorizzate in Texas

Tra il 15 e il 18 febbraio, il Texas è stato travolto da un’ondata di gelo proveniente dall’Artico, che ha causato grosse nevicate e un brusco abbassamento delle temperature, che in alcune zone sono scese sotto lo zero. La tempesta ha lasciato oltre 2 milioni di famiglie senza elettricità: il freddo anomalo, infatti, ha spinto gli abitanti del Texas, colti alla sprovvista, ad accendere simultaneamente il riscaldamento in casa, comportando una grande domanda improvvisa di elettricità e generando uno squilibro che ha portato all’interruzione della fornitura di energia elettrica.  Il gelo ha causato problemi anche alle condutture e agli impianti delle centrali elettriche, con conseguenti ritardi nelle forniture.

Per produrre più elettricità ed evitare nuovi blackout, secondo i dati preliminari forniti alla Texas commission on environment quality, le principali società energetiche che si basano sui combustibili fossili hanno emesso in atmosfera centinaia di tonnellate di benzene, monossido di carbonio, idrogeno solforato e anidride solforosa, tutti composti mortali per l’uomo. Alte colonne di fumo si sono estese nel cielo del Texas, diventando visibili a chilometri di distanza.

Nello specifico, la raffineria Motiva di Port Arthur ha emesso in appena quattro giorni più del triplo delle emissioni rispetto a quelle dichiarate in eccesso per tutto il 2019. La Marathon Petroleum di Galveston Bay, invece, ha rilasciato il 10 per cento di emissioni in più rispetto ai livelli consentiti nel 2019. Exxon Mobil ha affermato che il suo impianto di Baytown Olefins ha emesso quasi una tonnellata di benzene e 30 di monossido di carbonio.

I combustibili fossili sono il vero colpevole

In pochi giorni, gli avvisi di sforamento inviati alle autorità preposte si sono moltiplicati: la Texas commission on environment quality – l’agenzia di stato che si occupa del monitoraggio della qualità di aria e acqua – ha ricevuto 174 avvisi, quattro volte di più rispetto alla settimana precedente.

L’80 per cento dell’energia elettrica del Texas dipende dal gas naturale, dal carbone e dall’energia nucleare secondo la Ercot e solo una minima parte proviene da fonti rinnovabili. Eppure c’è chi ha “dato la colpa” proprio alle energie rinnovabili di essere la causa dei continui blackout durante la tempesta, in quanto, secondo i detrattori, non sarebbero state in grado di reggere la richiesta di elettricità da parte della popolazione.

Ma più che puntare il dito contro le pale eoliche ghiacciate, il Texas dovrebbe iniziare a fare i conti con il vero colpevole, ovvero i cambiamenti climatici, responsabili dell’aumento della frequenza e dell’intensità delle tempeste. Le centrali a combustibili fossili, inoltre, oltre ad alimentare il riscaldamento globale, in questa vicenda sono state le principali responsabili: secondo l’Ercot, nel primo giorno successivo all’ondata di freddo i gigawatt di potenza elettrica da fonti rinnovabili non disponibili sono stati 16 in totale, mentre quelli persi a causa di centrali a gas e nucleari sono stati 30. Il giorno dopo ancora, la differenza è stata 18 gigawatt persi per le energie rinnovabili e 28 per le centrali a gas e quelle nucleari.

In breve,  a causa del freddo intenso, diversi impianti a combustibili fossili si sono bloccati così come il reattore di una delle due centrali nucleari dello stato. Dunque, il problema, come ha spiegato anche l’Economist, riguarda l’incapacità del sistema elettrico del Texas di sopportare le richieste di energia elettrica della popolazione in caso di emergenza. La soluzione per evitare altri scenari del genere in futuro? Lo scrive lo stesso Economist: aggiungere fonti di energia. Rinnovabili.

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