Per il successo dell’Accordo di Parigi è indispensabile garantire i diritti dei popoli indigeni

Le foreste gestite dai popoli indigeni sono serbatoi naturali di CO2 di cui non possiamo fare a meno, se vogliamo arginare la crisi climatica.

  • I popoli indigeni sono i custodi delle foreste dell’America latina che fungono da carbon sink, serbatoi che assorbono CO2 dall’atmosfera.
  • Ne consegue che, senza il loro prezioso contributo, salvare il clima sia impossibile. È quanto sostiene uno studio redatto dai ricercatori del World resources institute e di Climate focus.
  • Se per esempio in Perù venisse a mancare l’assorbimento della CO2 da parte delle foreste gestite dagli indigeni, per compensare questa perdita bisognerebbe togliere dalle strade tutti i veicoli in circolazione.

Contenere l’aumento della temperatura media globale entro gli 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali: è questo l’obiettivo chiave che guida l’azione globale per il clima, sancito con l’Accordo di Parigi e poi ribadito con il Patto di Glasgow. Quando si parla delle soluzioni per raggiungerlo, il dibattito si focalizza di volta in volta sulla transizione energetica, sulla mobilità elettrica, sulle emissioni connesse al sistema alimentare. Molto più di rado si nominano i popoli indigeni. Eppure, sono loro a custodire le foreste dell’America latina che fungono da carbon sink, “serbatoi” che assorbono CO2 dall’atmosfera. Ne consegue che, senza il loro prezioso contributo, salvare il clima sia letteralmente impossibile. È quanto sostiene uno studio redatto dai ricercatori del World resources institute e di Climate focus.

Gli indigeni sono i primi custodi delle foreste

Il fatto che gli indigeni siano i custodi delle foreste non è solo un modo di dire, ma una realtà suffragata da dati scientifici. Un report dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) e del Fondo per lo sviluppo dei popoli indigeni dell’America Latina e dei Caraibi (Filac) dimostra infatti che, nelle zone dell’Amazzonia boliviana, colombiana e brasiliana in cui la legge riconosce formalmente i diritti territoriali degli indigeni, i tassi di deforestazione risultano più che dimezzati rispetto a quelli di altre foreste con simili caratteristiche ecologiche.

Non solo. Il nuovo studio di Wri e Climate focus si concentra sulle terre indigene in Brasile, Colombia, Perù e Messico, sottolineando come addirittura l’80 per cento svolga la funzione di serbatoio di CO2, sequestrando circa 30 megagrammi di CO2 equivalente per ettaro. Questo perché in parte sono foreste intoccate, in parte vengono gestite attraverso pratiche tradizionali e più sostenibili. Di conseguenza, questi quattro paesi generano soltanto il 5,1 per cento delle emissioni di CO2 e, per contro, stoccano il 28 per cento della CO2 stessa.

indigeni brasile
Popoli indigeni in Brasile © Carl de Souza/Afp/Getty Images

Senza i popoli indigeni sarà impossibile salvare il clima

Questi quattro paesi hanno presentato i loro piani di riduzione delle emissioni (nationally determined contributions, ndc), come previsto dall’Accordo di Parigi stesso. Al loro interno, però, i popoli indigeni sono citati in modo sporadico e lacunoso. Garantire in modo pieno e inequivocabile i loro diritti territoriali è un’urgenza, perché ciò significa assicurare che siano consultati prima dell’approvazione di qualsiasi progetto minerario o infrastrutturale.

“Sarebbe impossibile per questi paesi raggiungere gli obiettivi delle ndc se i diritti degli indigeni non fossero protetti e le loro terre venissero deforestate o destinate ad altri usi”, chiarisce Juan-Carlos Altamirano, economista del World resources instititute e co-autore del rapporto. Un esempio fra tutti: se in Perù dovesse venire a mancare l’assorbimento della CO2 da parte delle foreste gestite dagli indigeni, per compensare questa perdita bisognerebbe togliere dalle strade tutti i veicoli in circolazione.

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