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Sequestrate dalla marina della Russia tre navi ucraine al largo della Crimea. Si temono conseguenze sulle relazioni già tesissime tra i due paesi.
Nell’intera giornata di domenica 25 novembre, lo stretto di Kerch – che delimita le acque del mare di Azov e del mar Nero, in Ucraina – è stato teatro di un duro scontro tra navi da guerra russe e della marina di Kiev. La situazione diplomatica tra le due nazioni è d’altra parte, ormai da anni, particolarmente tesa. E il campo di battaglia lo ha purtroppo confermato.
La marina russa ha aperto il fuoco e tre imbarcazioni blindate ucraine sono state colpite e catturate dai reparti speciali dell’Fsb, i servizi di sicurezza russi incaricati della protezione delle frontiere. Secondo Kiev, il conflitto a fuoco ha provocato il ferimento di sei marinai e la cattura di altri 24. Si tratta dunque di uno dei più gravi scontri nella zona tra gli eserciti delle due nazioni.
Lo stretto di Kerch è stato occupato dalla Russia nel corso della guerra di Crimea e da allora è nelle mani del paese guidato da Vladimir Putin. Una scelta strategica, quella del Cremlino, dettata dalla posizione strategica del tratto di mare. Secondo Mosca, oggi, l’area è sotto la propria giurisdizione. E i movimenti dei natanti ucraini non erano stati annunciati: di qui la decisione di sbarrare la strada alle imbarcazioni.
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Secondo il presidente di Kiev Petro Porochenko, invece, quello russo è stato “un atto aggressivo che punta ad un’escalation premeditata”. Per questo il leader di Kiev ha chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (richiesta arrivata poco dopo anche da Putin). La riunione dovrebbe tenersi nella giornata di oggi, lunedì 26 novembre.
Porochenko ha inoltre chiesto al Parlamento del proprio paese di instaurare la legge marziale, misura che potrebbe portare ad una totale rottura delle relazioni diplomatiche con la Russia. Il presidente ha poi chiesto che venga proclamato lo stato di emergenza e che le elezioni presidenziali previste per il mese di marzo del 2019 vengano procrastinate.
Da parte sua, l’Unione europea ha domandato alla Russia di “ristabilire la libertà di passaggio nello stresso di Kerch” e ha intimato alle parti “di agire con la più estrema urgenza al fine di scongiurare un’escalation”. Per ora, tuttavia, la posizione di Mosca appare di chiusura: ha confermato di avere in mano le due motovedette d’artiglieria Berdyansk e Nikopol, nonché il rimorchiatore Yani-Kapu, poiché “entrati illegalmente” nelle acque territoriali russe (ovvero della Crimea annessa) “con il chiaro obiettivo di creare una situazione di scontro”.
Va detto però che il governo di Kiev considera ancora la Crimea come parte del proprio territorio. E per questo fa appello ad un accordo del dicembre 2003, secondo il quale lo stretto di Kerch e il mare di Azov rappresentano “acque interne della Russia e dell’Ucraina”. Di conseguenza, la navigazione dovrebbe essere “libera” per tutti i mezzi, civili e militari, delle due nazioni.
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