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Interdipendenza, dialogo, compassione. Cosa ci ha lasciato il Dalai Lama dopo la visita a Milano
Il Dalai Lama è stato a Milano per portare i suoi insegnamenti. Interdipendenza, dialogo, compassione e pace sono state le parole chiave della visita.
Lode all’interdipendenza, dialogo, compassione. Sono alcune delle parole chiave che sua santità il Dalai Lama ha usato e approfondito nel corso dell’ultimo viaggio in Italia, il 21 e 22 ottobre 2016 a Milano, organizzato dal Ghe Pel Ling, l’Istituto di studi di buddismo tibetano. Nei discorsi il tema portante è stato uno, ovvero la necessità di costruire “una forma di etica universale basata sull’interdipendenza”.
Il Ventunesimo è il secolo dell’unità e dell’interdipendenza
“Questo è il secolo dell’unità, della pace”, ha dichiarato. “Dobbiamo usare l’intelligenza e il dialogo per risolvere i conflitti fra popoli”. E ancora: “Tutti siamo chiamati a essere promotori del dialogo con le persone che sono accanto a noi, gli amici, i parenti”. Uno dei passaggi fondamentali è stato quello sull’interdipendenza in ambito religioso: “Non si può etichettare il terrorismo con una religione. Non esiste un terrorismo islamico o buddista. Nel momento in cui uccidi o danneggi l’altro, sei automaticamente fuori dall’ambito religioso”.
L’apparizione di Richard Gere
Nel giorno dedicato alla conferenza pubblica, sabato 22 ottobre, è intervenuto anche l’attore americano Richard Gere che ha deciso di avvicinarsi al buddismo – per poi diventare praticante – dopo un incontro con il Dalai Lama in India. Fino a diventare un attivista e sostenitore anche della causa tibetana. In particolare, Gere si è rivolto alla comunità cinese in Italia e alle istituzioni di Pechino in generale accusate di non perdere occasione per trasformare un momento di spiritualità e di pace in una polemica politica. Il riferimento è alle proteste che sono seguite alla decisione del comune di Milano di conferire al Dalai Lama la cittadinanza onoraria.
L’ambasciata cinese a Roma ha dichiarato che conferire a lui “la cittadinanza onoraria ha ferito gravemente i sentimenti del popolo cinese”. Non solo: “Tutto ciò ha un impatto negativo sui rapporti bilaterali e sulle cooperazioni tra le regioni dei due Paesi”. Il Dalai Lama, da parte sua ha dichiarato, serenamente: “Noi tibetani chiediamo solo di avere il diritto a preservare la nostra cultura e la nostra religione, la lingua. Va preservato l’ecosistema tibetano perché è un bene comune”.
Un po’ di storia su questo Dalai Lama
Tenzin Gyatso è il 14esimo Dalai Lama, ovvero la massima autorità spirituale del buddismo tibetano. Nato il 6 luglio 1935 a Taktser, nella regione del Tibet, in Cina, Tenzin Gyatso è in carica dal 1950. Da una vita. Probabilmente nessuno tra coloro che stanno leggendo questo articolo possono avere memoria di “un altro” Dalai Lama oltre a lui. Dopo la sollevazione popolare del 1959 nella città di Lhasa, repressa con la violenza dall’esercito cinese, il 17 marzo dello stesso anno scappa in India, dove ancora oggi vive in esilio per evitare di essere arrestato. Nel 1989 riceve il premio Nobel per la Pace per aver guidato “l’opposizione non violenta all’occupazione cinese del Tibet”.
Da allora, sua santità il Dalai Lama ha intrapreso numerosi viaggi in giro per il mondo. Una delle mete più battute è proprio l’Italia, in particolare Milano dove, grazie al Ghe Pel Ling – tra i soci che hanno dato vita all’Unione buddista italiana e protagonista nell’area metropolitana milanese fin dal 1978 – il Dalai Lama è sempre stato accolto calorosamente da migliaia di fedeli e simpatizzanti. Quest’anno oltre 20mila persone hanno ascoltato i suoi insegnamenti.
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