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Il Congresso americano è bloccato per una forma di protesta rara per porre fine alle stragi, come quella di Orlando. I democratici vogliono cambiare la legge per il controllo delle armi.
Le persone sospettate di terrorismo che vivono negli Stati Uniti figurano in una lista redatta dal governo americano che si chiama no-fly list. A questi presunti terroristi è fatto divieto di prendere aerei per ragioni di sicurezza nazionale. Eppure agli stessi non è impedito di entrare in un’armeria, comprare armi da fuoco a piacimento e commettere una strage. Nessuna ipotesi, è esattamente quanto accaduto il 12 giugno, con la strage di Orlando. Omar Mateen, un ragazzo di 29 anni, ha ucciso a colpi d’arma da fuoco 49 persone che si trovavano in un locale frequentato da persone omosessuali, il Pulse.
L’ennesimo episodio di violenza causato dalla facilità con cui gli americani possono accedere a pistole e armi automatiche in grado di uccidere con una facilità disarmante decine di persone in un lasso di tempo brevissimo. Così i parlamentari del Partito democratico americano hanno deciso di iniziare una forma di protesta rara per gli Stati Uniti: occupare – tramite un sit-in – il Congresso, in particolare la Camera dei rappresentanti, che si trova nella capitale Washington.
Obiettivo: chiedere allo speaker (il corrispettivo del nostro presidente della Camera) Paul Ryan, repubblicano, di mettere all’ordine del giorno un disegno di legge sul controllo delle armi prima del 4 luglio, giorno in cui comincia la pausa estiva dai lavori. I democratici chiedono di bloccare la vendita a coloro che figurano nella no-fly list o in altre banche dati legate all’antiterrorismo. Finora, infatti, il Senato ha bocciato quattro disegni di legge che andavano in questo senso.
La protesta va avanti da mercoledì 22 giugno dopo che il parlamentare John Lewis ha tenuto un discorso sentito affermando che non è più possibile rimandare l’adozione di una nuova legge più restrittiva. Il controllo (o la libertà) sull’uso delle armi è una delle questioni politiche più discusse della storia degli Stati Uniti e si scontra più con l’ideologia dei rappresentanti che con la realtà dei fatti, con le centinaia di morti.
Far too many lives have been lost for us to be silenced #NoBillNoBreak pic.twitter.com/YvcDBekKEM
— Katherine Clark (@RepKClark) 23 giugno 2016
“No bill, no break”, senza legge, nessuna pausa. Questo è uno degli slogan che ricorrono in questa protesta, ma finora nessuno – politici, opinionisti, giornalisti – crede che i repubblicani possano cedere. In ogni caso diversi giornalisti sembrano aver preso a cuore la questione monitorando gli sviluppi in tempo reale e i social network stanno facendo il resto. Le decine di account più o meno popolari dei politici stanno facendo rimbalzare la notizia in tutto il mondo. E questo non può far altro che rinforzare la forza di volontà degli oltre cento parlamentari che hanno aderito al sit-in.
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