È stato rimpatriato a Buenos Aires l’aereo dei “voli della morte” da cui furono gettati nell’oceano i desaparecidos in Argentina. Il racconto del fotogiornalista Giancarlo Ceraudo, che l’ha inseguito per 20 anni.
Giancarlo Ceraudo risponde al telefono da una chiassosa autofficina romana, mentre ordina un caffè in attesa di ricevere la diagnosi sullo stato di salute della sua motocicletta. Da qualche giorno è tornato in Italia. Circa due settimane prima, si trovava sulla pista di atterraggio dell’aeroporto Jorge Newbery di Buenos Aires, in attesa dell’aereo che più intensamente ha rincorso durante la sua carriera da fotogiornalista: “Vederlo atterrare è stato catartico e gigantesco. Venti anni del mio lavoro erano lì”. Quell’aereo era lo Skyvan PA-51, appartenuto Marina militare argentina durante il regime del generale Jorge Rafael Videla tra il 1976-1983. Il simbolo dei voli della morte con cui la dittatura ha messo a tacere i desaparecidos in Argentina.
Cosa sono i voli della morte
Con il rimpatrio dello Skyvan è terminato il viaggio forse più doloroso nella storia del paese. Quello iniziato con gli orrori della dittatura e proseguito al passo lento della storia. Un passo però mai indolente né fiaccato dal tempo, perché sospinto dalla necessità, spesso straziante, di ricordare per fare giustizia. È su aerei come quello che, una volta a settimana, gli oppositori al regime di Videla venivano trascinati per sorvolare l’oceano Atlantico. Lì l’aereo apriva il portellone per gettarli laddove si credeva che nessuno potesse trovarli. È così che in Argentina la dittatura inventò i voli della morte e con loro i desaparecidos (gli oppositori scomparsi), vittime di una campagna di sterminio sistematico tra le più feroci e sinistre del Novecento.
Arribo al Aeroparque Jorge Newbery el SC-7 Skyvan N190WW que durante la dictadura militar fue utilizado para realizar algunos de los "Vuelos de la Muerte" en ese entonces operaba para la Prefectura Naval con la matrícula PA-51 pic.twitter.com/raIp1PKLzI
“I voli della morte sono forse la cosa che più è stata esportata nel racconto dell’Argentina nel mondo. Un piano macabro che ricorda i crimini nazisti. Quando sono andato in Argentina per lavorare sulla crisi economica che colpì il paese, era il 2001. In quell’occasione ho cominciato a chiedermi dove fossero quegli aerei”, ha raccontato Giancarlo Ceraudo a LifeGate. Insieme alla giornalista sopravvissuta al regime Miriam Lewin, ha cercato per oltre vent’anni la verità sul destino dei cinque aerei come lo Skyvan utilizzati per i “voli della morte”. Ed è grazie al loro lavoro che oggi l’aereo che il 14 dicembre del 1977 gettò nell’oceano 12 persone, tra cui molte esponenti della Madri di Plaza de Mayo e due suore francesi, è tornato a Buenos Aires per essere esposto nel museo della Memoria dell’ex Escuela de mecánica de la armada (Esma), il più noto dei centri di detenzione in cui la giunta militare rinchiudeva gli oppositori.
La dittatura di Videla in Argentina
Tra le ragioni per cui Gianni Minà resterà a lungo un fuoriclasse ineguagliato del giornalismo, ci sono quelle domande ostinate – poste alla vigilia dei Mondiali del 1978 – sul perché un gruppo sempre più rumoroso di attivisti per i diritti umani si radunasse ogni giovedì a Plaza de Mayo, davanti alla casa Rosada di Buenos Aires, sede dell’esecutivo, chiedendo verità per i crimini del regime. In quegli anni l’Argentina vive sotto la dittatura di Videla, salito al potere un paio di anni prima dopo aver ha deposto Isabel “Isabelita” Perón.
Tra i manifestanti spiccava un gruppo sempre più rumoroso di donne, che si facevano chiamare le Madri di Plaza de Mayo, che sfidavano a viso aperto un potere che aveva rinchiuso clandestinamente i loro figli, molti dei quali giovanissimi, accusandoli di essere nemici della nazione: “In quegli anni tutto il movimento per i diritti umani si stava levando pesantemente”, prosegue Ceraudo, che aggiunge: “C’era il Mondiale, il regime non poteva permettersi passi falsi. Decise perciò di infiltrare tra le Madri un giovane dalla faccia pulita, che si presentava come il fratello di uno dei detenuti scomparsi”. Si trattava di Alfredo Astiz, che verrà poi soprannominato l’angelo della morte.
Il sequestro delle Madri di Plaza de Mayo
Astiz fa parte di una gruppo d’azione molto violento della Marina militare argentina, che si rivela essere tra le più efficienti armi di repressione durante la dittatura. È lui che dopo mesi di spionaggio fornisce ai militari le coordinate per compiere uno dei sequestri più massicci per i metodi di Videla. Dodici delle Madri di Plaza de Mayo, tutte appartenenti al gruppo della Chiesa di Santa Cruz, vengono prelevate e portate all’Esma. Ma commettono un errore: tra le prigioniere ci sono anche due suore francesi. “Il governo cerca in ogni modo di insabbiare una notizia che avrebbe gettato discredito sul paese proprio alla vigilia dei Mondiali e innescato un diplomatico con la Francia. Prova ad attribuire il sequestro ai Montoneros, un gruppo di guerriglia peronista inviso al regime. Inscenano persino una foto per dimostrarlo, ed è grazie ad una copia della Naciòn lì presente datata 14 dicembre che sappiamo che in quei giorni erano rinchiuse all’Esma”, continua Ceraudo.
Ed è proprio quella notte che Azucena Villaflor, Esther Ballestrino de Careaga e María Eugenia Ponce de Bianco, tra le fondatrici delle Madri di Plaza de Mayo, vengono gettate in mare dallo stesso Skyvan che è appena tornato in Argentina. In un primo momento i loro corpi, così come quelli dei loro figli e di molte altre persone prima di loro, sono inghiottiti dalle acque. Riemergono solo qualche giorno dopo sulla costa di Santa Teresita, a quasi 350 chilometri a sud di Buenos Aires: “Una prima perizia medico-legale definisce le fratture presenti nei cadaveri compatibili ad una caduta dall’alto da grande distanza. Ciononostante, non viene perto alcun caso né si identificarno i corpi”. Per quasi trent’anni, anche dopo il termine della dittatura, non si sa nulla di quei corpi restituiti dall’acqua né viene fatta luce sulle sparizioni delle Madri di Plaza de Mayo. Rimangono sepolte come corpi non identificati fino al 2005, quando una squadra di antropologi forensi li riesuma e ne rende nota l’identità.
La rotta dello Skyvan PA-51: dai desaparecidos in Argentina al servizio postale alle Bahamas
“Quando ho chiesto a Miriam di aiutarmi nella ricerca degli aerei dei desaparecidos in Argentina non mi ha preso subito molto sul serio”, racconta Ceraudo. “Avete una distrazione verso gli oggetti’, le ho detto io, da sempre interessato al tipo di dettagli che possono fornire. Con il tempo mi sono reso conto che quella ricerca era più un lusso che mi stavo permettendo io che una falla nei argentini, più interessati a cercare i corpi dei loro cari che gli strumenti che li avevano fatti sparire. Ma a quel punto Miriam aveva già deciso di aiutarmi”.
Lo Skyvan PA-51 è stato rintracciato in Florida, negli Stati Uniti. È il primo velivolo di cui si abbiano prove certe del coinvolgimento nei voli della morte dei desaparecidos in Argentina. Si ha notizia di almeno 5 aerei in forza alla Marina argentina. Due di questi vengono distrutti nel 1982, nel corso della guerra per il controllo delle isole Falkland – “Malvinas” per gli argentini – tra Buenos Aires e l’esercito della Gran Bretagna. Altri sono invece venduti ad un’azienda lussemburghese nel 1994, per poi essere smontati. L’unico ancora in servizio è girato alla Gb Airlink, una società che da allora lo ha utilizzato come mezzo di trasporto per recapitare la posta tra le Bahamas e la Florida.
“Quando siamo riusciti a vedere l’aereo con i nostri occhi, abbiamo avuto accesso ad una documentazione simile ai piani di volo. C’erano tutti, anche quelli effettuati tra il ’76 e l’82. Molti erano ‘voli strani’: figuravano voli di oltre quattro ore, operati fino a raggiungere il limite dell’autonomia di carburante, che non andavano letteralmente da nessuna parte. Decollavano e atterravano all’aeroporto di Buenos Aires. C’era però una data che ha attirato la nostra attenzione più di ogni altra cosa: 14 dicembre 1977″.
La stessa riportata sulla copia della Naciòn data in mano alle Madri di Plaza de Mayo. Per anni, la posizione degli aerei come lo Skyvan PA-51 rimane ignota a tutti o quasi. Non solo: anche la ricerca dei responsabili che avrebbero dovuto pagare per il crimine dei voli è ferma sul nascere, a causa delle due leggi di amnistia approvate nel 1986 e nel 1987 che garantiscono l’impunità a tutti i responsabili di uccisioni, torture e altre gravi violazioni gravi dei diritti umani nel corso della dittatura di Videla. Solo molti anni più tardi e con il contributo fondamentale del lavoro di inchiesta di Ceraudo, Lewin e tutti i sopravvissuti a quegli anni bui si comincia a fare chiarezza sul destino degli aerei dei desaparecidos in Argentina.
Il processo ai responsabili dei voli della morte
Tra il 2012 e il 2017 in Argentina si consuma un processo a cui hanno preso parte alcuni dei sopravvissuti alla dittatura. I testimoni dichiarano che i voli della morte erano operazioni settimanali che arrivavano al termine di una procedura più lunga, subdola e a tratti orrendamente sadica. Spesso, infatti, alcuni prigionieri venivano prelevati con la promessa del rilascio. Ricevevano dunque una puntura, che le guardie e medici che agivano per conto della giunta definivano una “vaccinazione”. In realtà si trattava di un forte sedativo capace di trascinare le vittime del regime in uno stato di incoscienza. È a quel punto, quando non potevano rappresentare un pericolo per le operazioni di volo né essere visti o sentiti, che venivano caricati sull’aereo che li avrebbe condotti verso la morte.
Quel processo termina con 48 condanne tra cui 29 ergastoli per alcuni ex funzionari della giunta militare, mentre per la prima volta vengono resi noti i particolari sul destino dei desaparecidos in Argentina. Viene inoltre acclarato che proprio quello Skyvan è stato utilizzato per uccidere Néstor Villaflor, figlio di Azucena, una delle madri di Plaza de Mayo, insieme ad altri 11 detenuti. Ad oggi sono circa 290 i processi intentati in Argentina relativi a crimini contro l’umanità risalenti all’epoca della dittatura. Tutti sono successivi al 2006, anno in cui le leggi sull’amnistia sono state abrogate. Una decisione che ha aperto un armadio pieno di scheletri e portato, fino ad ora, a 1.115condanne. Ciononostante, resta praticamente impossibile arrivare ad una stima verosimile delle vittime dei voli della morte anche se, fino ad ora, le acque dell’oceano e del Rio de la Plata hanno restituito 71 corpi – 44 in Argentina e 27 nel vicino Uruguay – secondo i dati dell’organizzazione non governativa Argentine Forensic Anthropology Team.
“Dall’inizio di questo lavoro ho sempre avuto la convinzione che quegli aerei dovevano essere recuperati perché erano un pezzo importante, come le camere a gas naziste, uno strumento terribile”, continua Ceraudo, che conclude: “Quando sono arrivato a Buenos Aires mi sono reso conto che andare a fondo nella storia dei desaparecidos in Argentina equivaleva a rimestare una ferita aperta per tutti, ma tutto era già chiaro e aspettava solo di essere ricucito. All’inizio gli argentini mi chiedevano perché io, un italiano, volessi scavare così a fondo nel loro passato. Ma la verità è che quello che hanno fatto loro con la memoria forse non l’ha fatto nessun altro paese al mondo”.
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