Editoriale

A cosa serve studiare i dinosauri? Lettera aperta al ministro Valditara

Il ministro Valditara ha detto che studiare i dinosauri non serve. Ma a cosa serve un ministro dell’Istruzione che disincentiva lo studio?

A cosa serve studiare i dinosauri? Chiudo gli occhi e penso al me stesso bambino, penso alla meraviglia che suscitavano in me i dinosauri.

Creature colossali e bizzarre (sì, certo, il mio immaginario era influenzato dall’iconografia dell’epoca, ma ci siamo capiti), vissute in epoche così remote che la mia mente non riusciva ad afferrare.

Fu proprio la meraviglia per i dinosauri ad insegnarmi la meraviglia e lo stupore per gli animali moderni, per la variopinta e caleidoscopica varietà di forme di vita che condivide con noi il pianeta. Ed è in nome di quella meraviglia, che ancora oggi, ogni volta che posso, vado tra le foreste e le paludi, tra le dune e le montagne, a cercare di osservare gli animali più disparati.

Riapro gli occhi e cerco di convincermi che, no, un ministro, anzi, il ministro dell’Istruzione (sic!), non può avere detto che studiare i dinosauri non serve a nulla. E invece è successo.

Cosa ha detto il ministro Valditara

Il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, in occasione della rassegna Direzione Nord, ha dichiarato che nei programmi scolatici “c’è troppa roba”, puntando in particolare il dito contro lo studio delle creature preistoriche.

“In terza elementare si vanno a spiegare tutte le specie di dinosauri. Addirittura c’era un animale vissuto 40 milioni di anni fa e questi bambini devono studiare e imparare questo animale vissuto in Messico ed estinto da milioni di anni, non mi ricordo come si chiamasse, un felino… Ma a che serve?”. Il ministro ha infine concluso che sarebbe preferibile dare maggiore spazio allo studio delle “esperienze più importanti del nostro passato, che ci hanno dato i grandi valori dell’Occidente”.

L’insegnamento dei dinosauri

Lo sproloquio di Valditara, vago e senza sostanza, dal fastidioso sapore oscurantista, sembra più che altro un goffo attacco all’autonomia della scuola e all’insegnamento di argomenti fondamentali, come la storia naturale e l’evoluzione.

“Mi domando quale giovamento possa trarre un ragazzino di terza elementare dalla rimozione di qualche manciata di nozioni sui dinosauri, scrive il paleontologo Andrea Cau, nel suo blog Theropoda. Per sostituirla con cosa? Con le eroiche gesta di qualche personaggio storico caro alla retorica nazionalista? Forse che i dinosauri non sono epici? Forse che la loro esistenza non ci insegna qualcosa di importante sulle nostre origini?”.

I mammiferi, compresa chiaramente la nostra specie, sono infatti strettamente legati ai dinosauri, cui devono la loro attuale essenza. “Se l’evoluzione dei mammiferi di dimensioni superiori a quelle di un gatto è stata possibile, ciò fu solo dopo che i dinosauri si estinsero continua Cau. Fintanto che i dinosauri occuparono tutte le nicchie di grandi dimensioni, non ci fu alcuno spazio ecologico, evolutivo, cognitivo per animali come i primati”.

Noi esistiamo nella forma che siamo oggi anche perché la nostra evoluzione fu incanalata per moltissimo tempo in una certa direzione ecomorfologicamente vincolata proprio dalla presenza dei dinosauri”.

Andrea Cau

Studiare il passato per capire il futuro

I dinosauri furono al vertice degli ecosistemi terrestri per circa 160 milioni di anni, fino a circa 66 milioni di anni fa, quando alla fine del Cretaceo un enorme asteroide si schiantò sulla penisola dello Yucatán in Messico, causando l’estinzione di quasi tre quarti degli animali sulla Terra, compresi i dinosauri non aviari.

Lo studio dei loro resti fossili può aiutarci a comprendere, in questo particolare momento in cui ci troviamo dinnanzi il baratro della sesta estinzione di massa, la prima causata da una specie animale, come il mondo naturale ha reagito ai cambiamenti ambientali nel corso del tempo, come le specie si sono adattate agli sconvolgimenti climatici del pianeta.

Attraverso la paleobiologia i ricercatori scrutano nel tempo profondo, quello dei milioni di anni, che si estende talmente a lungo da essere fuori dalla portata dei nostri sensi, per fornirci informazioni su come la vita si è ripresa dopo episodi di estinzione di massa.

L’ascesa e la caduta del regno dinosauri, infine, ci possono far riflettere, quantomeno, sul fatto che anche animali dallo straordinario successo evolutivo, che hanno popolato il pianeta per milioni di anni, possono scomparire con relativa rapidità. Questo dovrebbe contribuire a ridurre la nostra boria e a darci la misura della nostra precarietà come specie (che esiste peraltro da meno di trecentomila anni). Oggi siamo qui, domani potrebbe non restare del nostro passaggio che qualche osso fossilizzato e un sedimento sottilissimo, accumulatosi in poche migliaia di anni, a indicare il segno indelebile di una brusca alterazione nel ciclo del carbonio, causato dalle ingenti emissioni di gas serra che abbiamo riversato nell’atmosfera.

I dinosauri sono ancora tra noi

I dinosauri, o terribili lucertole, come li chiamò Richard Owen, che circa due secoli fa descrisse il primo fossile e coniò il termine dinosauro, sono ancora tra noi. Essi vivono negli uccelli, naturalmente, loro diretti discendenti e unici superstiti del ramo dei dinosauri. Ma anche nell’immaginazione e nella curiosità dei bambini, immancabilmente affascinati da queste creature fantastiche e misteriose.

Il ministro Valditara, con le sue parole, cerca di soffocare questa immaginazione e, in qualche modo, svilisce la nostra origine, il nostro passato più ancestrale, preferendo adottare come modello di riferimento l’uomo civilizzato. In un momento in cui, peraltro, potrebbe essere vitale abbandonare il paradigma antropocentrico e ripensare il nostro rapporto con gli ecosistemi e le altre specie.

O forse, come suggerisce il ministro, studiare i dinosauri, non serve poi a molto. Serve però indubbiamente a far nascere curiosità, passione per la scienza, per la storia del pianeta e a far sorgere nuove domande.

Non è dopotutto questo, in fondo, il vero obiettivo dell’istruzione?

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