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Obamacare, accordi di libero scambio, diritti degli omosessuali, migranti e clima nel mirino di Donald Trump nel suo primo giorno alla Casa Bianca.
Appena qualche ora dopo aver giurato da quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha già annunciato i primi provvedimenti. Sostanzialmente tutti inseriti a pieno titolo nel solco di quanto promesso durante la campagna elettorale.
La prima decisione ufficiale che il nuovo presidente americano ha voluto assumere riguarda l’Obamacare, ovvero la riforma del sistema di assicurazioni sanitarie che l’ex presidente democratico aveva fatto approvare al fine di risolvere il problema dei milioni di cittadini che, prive di una copertura adeguata, rinunciano alle cure.
Secondo quanto riferito dal portavoce di Trump, Sean Spicer, il decreto firmato da Trump invita in sostanza le agenzie federali ad evitare di impegnarsi nell’attuazione della riforma, dal momento che a breve essa sarà abrogata e rimpiazzata da una nuova legge. Di fatto, la strategia è di utilizzare tutti i margini di manovra possibili al fine di non applicare la normativa attuale. A breve dovrebbe essere formalizzato il calendario per la discussione al Congresso della “contro-riforma”.
La seconda decisione assunta da Trump non ha previsto alcun atto legislativo, ma non per questo risulta di minore impatto simbolico e politico. Negli anni dell’amministrazione Obama, infatti, una pagina web sul sito internet della Casa Bianca era stata dedicata al tema dei diritti Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali). Poco dopo l’insediamento di Trump, essa è sparita. Così come non si trovano più i riferimenti alla questione del cambiamento climatico.
In tema di immigrazione, il presidente ha inoltre annunciato che “ordinerà al ministero del Lavoro di aprire delle inchieste” su presunti “abusi” perpetrati nell’ambito dei programmi di concessione dei permessi di soggiorno ai cittadini non statunitensi. Nel mirino, in questo caso, c’è soprattutto un decreto presidenziale firmato da Obama nel 2012 che concesse a oltre 700mila persone che vivono negli Usa da quando erano bambini di ottenere un permesso temporaneo per lavorare o frequentare un’università.
Nella giornata inaugurale di Trump, poi, sono entrati nell’esercizio delle loro funzioni i primi due membri della futura amministrazione. Si tratta degli ex generali dell’esercito americano James Mattis e John Kelly, designati rispettivamente per le funzioni di segretari alla Difesa e alla Sicurezza interna (che comprende il controllo delle frontiere), le cui nomine sono state confermate dal Senato.
Dopo le due votazioni Trump ha chiesto al Parlamento di accelerare i lavori, al fine di rendere quanto prima operativo il resto della sua squadra di governo.
Non sono poi mancate le prime stoccate sui temi del clima e dell’energia. Il nuovo presidente, che ha ribadito a più riprese il proprio scetticismo nei confronti dei cambiamenti climatici, ha spiegato in un testo pubblicato online, di volersi impegnare per “eliminare le politiche non necessarie o dannose, come nel caso del piano d’azione per il clima e le acque”.
Quest’ultimo – noto come “Climate Action Plan” e adottato da Barack Obama nel corso del suo secondo mandato – ha consentito di avviare il processo di transizione energetica degli Stati Uniti, dando nuovo impulso allo sviluppo delle energie rinnovabili. Ciò anche in ottemperanza all’Accordo di Parigi, ratificato dagli Usa ma che nel documento pubblicato da Trump non viene neppure citato.
Il nuovo presidente ha inoltre affermato di voler rilanciare le prospezioni alla ricerca di gas e petrolio da scisto (noti anche con i nomi inglesi shale gas e shale oil), ritenute particolarmente rischiose per l’ambiente ma giudicate dalla nuova amministrazione “una rivoluzione capace di creare lavoro e garantire prosperità a milioni di americani”.
La rassegna della prima giornata di lavoro di Donald Trump termina con la volontà annunciata di “rinegoziare il Nafta”, ovvero il North American Free Trade Agreement, trattato in vigore dal gennaio del 1994 in virtù del quale è stata creata una zona di libero scambio tra gli Usa, il Canada e il Messico.
La stessa sorte sarà riservata al Trans-Pacific Partnership Agreement (Tpp), firmato nel 2016 da Washington assieme ai governi di undici nazioni asiatiche e del Nord e Sud America.
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