Elezioni in Bosnia Erzegovina, il paese esce ancora fortemente diviso

Le elezioni in Bosnia consegnano un paese sempre diviso: nella presidenza tripartita due riformisti e una nazionalista, la Repubblica Srpska scalpita.

Ci sono un croato progressista, una serba nazionalista e un bosgnacco moderato ma di tendenza riformista. Potrebbe sembrare l’incipit di una barzelletta, invece si tratta dell’esito delle elezioni in Bosnia Erzegovina che si sono tenute il primo weekend di ottobre. Esito che, anche grazie all’anomalo sistema di governo, fotografa la persistenza di grandissime fratture politiche e sociali nel paese balcanico, l’unico al mondo ad esprimere non uno ma tre presidenti, uno per ogni popolo che forma la Bosnia Erzegovina (croati cattolici il 15 per cento della popolazione, serbi ortodossi il 31 percento e musulmani, i cosiddetti bosgnacchi, il 50 percento). E non solo.

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Sarajevo, quale vento di cambiamento? © Arianna Pagani

Cuore e simbolo della guerra fratricida dell’ex Jugoslavia, la Bosnia ancora oggi vive divisioni interne molto gravi, tra povertà, disoccupazione e flussi migratori, sintetizzate dalla propria divisione amministrativa, in cui ogni repubblica esprime un proprio presidente, secondo gli Accordi di Dayton del 1995, che posero fine al conflitto.

La presidenza tripartita 

La sorpresa principale si è verificata tra i musulmani, dove Denis Becirovic del Partito socialdemocratico (Sdp) si è imposto con il 57 per cento dei voti nei confronti di Bakir Izetbegovic, già presidente fino al 2018 e a capo del Partito d’azione democratica. Becirovic ha parlato di “una svolta decisiva e necessaria” per la Bosnia e si è detto favorevole al riconoscimento del Kosovo.

Tra i croati ha prevalso – a scrutinio ancora in corso – il democratico Zeljko Komsic, che ha sconfitto in rimonta la nazionalista Borjana Kristo con il 54 per cento delle preferenze: anche in questo caso si tratta di una vittoria sorprendente, perché Komsic, che vorrebbe eliminare l‘attuale suddivisione a base etnica, divide moltissimo nelle stesse zone a maggioranza croata. Le sue parole sul tema religioso sono chiarissime: “I musulmani in Europa oggi sono ciò che erano gli ebrei prima della seconda guerra mondiale. Il problema dei fascisti è che i musulmani hanno uno stato nel cuore dell’Europa, chiamato Bosnia ed Erzegovina, e uccide loro e la loro visione di un’Europa cristiana”.

Infine, i serbi hanno eletto alla presidenza Zeljka Cvijanovic del Snds, l’Unione dei socialdemocratici indipendenti Snsd con il 52 per cento dei voti. Una nazionalista.

Cosa succede nella Repubblic Srpska

Lo Snds è infatti lo stesso partito da cui proviene Milorad Dodik, che i serbi hanno eletto contestualmente come presidente della Repubblica Srpska con la maggioranza semplice del 48 per cento dei voti, e che da sempre si batte per l’indipendenza dal governo tripartito di Sarajevo. Dodik, oggetto di sanzioni da parte del governo degli Stati Uniti, è apertamente filo-russo ed è molto vicino al governo serbo di Belgrado. Rivendicando la vittoria ha ammesso candidamente che “collaborerà con Serbia, Ungheria e Russia“. E di certo all’Snds piacerà poco l’uscita pro-Kosovo del collega bosgnacco.

C’è però un caso che riguarda nelle elezioni in Bosnia Erzegovina, la sfida elettorale della repubblica che ha come capitale Banja Luka: Progresso democratico (Pdp), il partito della rivale Trivic (che inizialmente si era dichiarata vincitrice) ha chiesto l’annullamento e la ripetizione del voto causa brogli. Secondo il presidente del Pdp Branislav Borenovic, “ci sono circa 30mila schede non valide“.

Sospetti soprattutto nella città di Doboj, “dove Dodik ha ottenuto il 60 percento dei voti e Trivic il 26 percento, il che è impossibile, e a Celinac dove Dodik ha ottenuto 235 voti, alcuni candidati minori 204 voti e Trivic zero voti”. Per adesso, però, l’ennesima divisione nel Paese è sancita.

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