Elezioni in Russia: la vittoria di Putin è scontata, ma c’è una sorpresa

C’è un nuovo candidato pacifista alle elezioni in Russia: è Boris Nadezhdin. Chi è e chi sono gli altri sfidanti di Putin alle presidenziali 2024.

Mancano meno di due mesi alle elezioni presidenziali in Russia (15, 16 e 17 marzo 2024) che confermeranno, con poco margine di errore, l’attuale presidente Vladimir Putin al potere per il quinto mandato non consecutivo. Queste, perlomeno, le previsioni. Diversamente dalle altre volte, però, queste elezioni si svolgeranno sullo sfondo di un Paese in guerra, dove per la prima volta dal secondo conflitto mondiale è stata imposta la mobilitazione forzata, e dove hanno iniziato a piovere le bombe di Kiev, che ora raggiungono le città russe di confine. E dove a sorpresa è spuntato un candidato che parla di pace (l’unico), raccogliendo peraltro migliaia di consensi.

I candidati alle elezioni in Russia 2024

Al momento si contano dieci candidati, oltre a Vladimir Putin. Ma la lista potrebbe cambiare ancora. I primi registrati dalla commissione elettorale centrale sono stati Leonid Slutskij, del Partito nazionalista liberaldemocratico, al centro di uno scandalo dove è accusato di molestie, e Vladislav Davankov, sostenuto dal Partito del popolo nuovo (Novye lyudi). A 39 anni, Davankov è il più giovane candidato di questa tornata elettorale e, anche se invoca un ritorno alla normalità, non parla di fine della guerra. Nessuno dei due rappresenta una vera minaccia per la rielezione di Putin, visto che i loro schieramenti in parlamento appoggiano il governo sostenuto dal partito del presidente Russia Unita.

Il Partito comunista, il secondo maggior schieramento in parlamento, ha invece deciso di candidare a sorpresa il 75enne Nikolaj Kharitonov, anziché lo storico leader Gennadij Zjuganov, come tutti si aspettavano. Una scelta che la stampa russa indipendente vocifera “sia stata concordata in un incontro personale con Putin”. Se così fosse, si spiegherebbe la postura di Kharitonov che ha pubblicamente detto di non aver intenzione di criticare il presidente in carica durante la campagna elettorale.

E poi c’è Boris Nadezhdin, 60 anni, sostenuto dal Partito di iniziativa civica (lo stesso che nel 2018 aveva supportato la giornalista e star della tv Ksenia Sobchak, figlia dell’ex sindaco di San Pietroburgo). Sul suo sito Nadezhdin, il cui cognome in russo richiama la parola “speranza”, si proclama “oppositore di principio delle politiche dell’attuale presidente Vladimir Putin”. Scrive di volere la pace, libertà d’espressione ed elezioni oneste.

Per lui, nei giorni scorsi, migliaia di cittadini russi, sia in patria sia all’estero, si sono messi in fila nonostante il freddo per mettere la propria firma a sostegno della sua candidatura.

Chi è Boris Nadezhdin

In politica fin dagli anni novanta, Boris Nadezhdin ha acceso l’attenzione della stampa, ed evidentemente le speranze di una parte della popolazione, per via delle sue posizioni contrarie alla guerra e delle critiche a Putin.

elezioni in russia
Boris Nadezhdin, aspirante candidato alle presidenziali russe di marzo 2024 © Alexander Nemenov / AFP via Getty Images

Sul suo sito scrive: “Putin vede il mondo dal passato e sta trascinando la Russia nel passato. Ha commesso un errore fatale nell’iniziare l’operazione militare speciale. Nessuno degli obiettivi è stato raggiunto. Ed è improbabile che si raggiungano senza danni enormi per l’economia e la demografia della Russia”. Parole forti che fanno sbarrare gli occhi ad alcuni analisti: in tempo di guerra e malcontento, un candidato così rappresenta, se non proprio una minaccia,  perlomeno una scocciatura per Putin e il sistema di potere. 

L’incognita delle firme

In queste ore Boris Nadezhdin presenterà alla commissione elettorale centrale le firme per chiedere l’ufficializzazione della sua candidatura. Il numero minimo necessario era centomila firme, ma ne ha portate a casa quasi il doppio.

Figura politica controversa per via dei suoi rapporti con il potere e delle sue posizioni sul conflitto georgiano, per il quale aveva incolpato l’ex presidente riformista ed europeista Mikheil Saakashvili, ha ricoperto in passato degli incarichi nel consiglio comunale di Dolgoprudnyj, una città nella regione di Mosca, prima di diventare deputato della Duma di Stato. Chi lo conosce da vicino, lo descrive come un personaggio che si muove con prudenza, “che ha sempre fatto attenzione a non oltrepassare i limiti e offendere le autorità”. Fino a qualche mese fa partecipava addirittura alle trasmissioni televisive dei canali propagandistici, spesso rivelandosi l’unica voce fuori dal coro nei dibattiti sull’operazione militare in Ucraina. E con il tempo, le sue critiche all’attuale sistema di governo non hanno fatto che aumentare.

Pochi giorni fa, Nadezhdin ha detto: “Putin ha commesso molti errori, non solo con l’operazione militare speciale in Ucraina. Il mio primo compito sarà fermare il conflitto con l’Ucraina e ripristinare le normali relazioni tra la Russia e la comunità occidentale”.

Ma le previsioni degli analisti sono chiare: “È molto probabile che Nadezhdin venga escluso e che le votazioni si svolgano in modo del tutto noioso, con i candidati che fanno il tifo per Putin”, ha commentato Kirill Martynov, caporedattore del giornale Novaya Gazeta Europa.

C’è anche chi non esclude che Nadezhdin possa essere uno dei tanti pezzi negli ingranaggi della macchina del potere, e che possa aver stretto accordi direttamente con l’amministrazione presidenziale. “Se così fosse, fa parte della nostra tradizione politica, ha detto in tono sarcastico Martynov. Ci deve essere un candidato che sicuramente vince, altri candidati messi lì per rappresentare una sorta di democrazia, e poi ci deve essere qualche voce liberale. È sempre stato così. La volta scorsa c’erano (Ksenija) Sobchak e (Grigorij) Javlinskij. Adesso questi ruoli sono stati assegnati a Davankov, che nessuno conosce, e a Nadezhdin, che in tutti questi anni non ha mai creato problemi”. 

Ad ogni modo, a questo politico fatto di luci e ombre bisogna riconoscere una cosa, fino a prima inimmaginabile: è riuscito a mettere d’accordo i principali esponenti dell’opposizione, da sempre fermi su posizioni divergenti, che ora lanciano inviti alla popolazione per sostenere l’unico candidato pacifista delle prossime presidenziali.

Un esito scontato per le elezioni in Russia

Delle dichiarazioni pacifiste di Nadezhdin e di come abbia fatto il Cremlino a “perdere il controllo” su questo candidato che critica apertamente Putin, si continuerà a parlare a lungo. Ma la verità, secondo molti, è che l’esito delle votazioni è già deciso, e Putin punta a vincere con almeno l’ottanta per cento dei voti. La rosa di candidati apparentemente variegata servirebbe per legittimare le elezioni in Russia e, probabilmente, a frazionare i voti degli altri concorrenti. D’altronde, sostengono gli analisti, nella Russia ai tempi della guerra le elezioni rappresentano più che altro un modo per misurare lo stato di salute e la tenuta del sistema, minacciato adesso da un malcontento diffuso: basti ricordare le proteste delle settimane scorse in Baschiria (una repubblica della Federazione Russa) e le frequenti manifestazioni delle mogli dei soldati russi.

Nonostante il pil in crescita, l’aumento nel terzo trimestre del 2023 è stato pari al 5,5 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e la vita che che sembra essersi assestata attorno a una nuova (a)normalità, il clima repressivo e l’isolamento internazionale invogliano una certa fetta di popolazione a manifestare come può il proprio malcontento. Ad esempio, facendo lunghe code al freddo pur di sostenere un candidato pro-pace. 

“Le code a sostegno di Nadezhdin hanno fatto crollare tutta la mitologia che Putin aveva costruito attorno alla sua guerra e al suo ruolo nella Storia, conclude Martynov. Adesso è evidente che i russi non appoggiano in toto la guerra. E non appena si affaccia la possibilità, anche minima, di manifestare legalmente contro la guerra e contro Putin, ecco che questa possibilità viene sfruttata da molti. È un segnale positivo. Credo che l’amministrazione presidenziale non avesse preso in considerazione simili conseguenze”.

Ora non resta che vedere quali mosse farà il Cremlino. Perché mancano ancora due mesi alle elezioni. E in due mesi un candidato che parla di pace rischia di moltiplicare in modo troppo pericoloso i voti a suo favore.

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