Nei Paesi Bassi è nata la competizione “Tegelwippen”, che ha l’obiettivo di rimuovere pavimentazioni artificiali per sostituirle con terra e piante.
Eliseu Lopes e i guaraní, in lotta continua al fianco della natura
I guaraní sono un popolo indigeno che vive nell’Amazzonia brasiliana, al confine con il Paraguay, nello stato del Mato Grosso do Sul. La loro sfortuna è stata essere uno dei primi popoli contattati dai colonizzatori europei, 500 anni fa. I guaraní sono circa 51mila e divisi in tre gruppi, quello dei kaiowá è il più
I guaraní sono un popolo indigeno che vive nell’Amazzonia brasiliana, al confine con il Paraguay, nello stato del Mato Grosso do Sul. La loro sfortuna è stata essere uno dei primi popoli contattati dai colonizzatori europei, 500 anni fa. I guaraní sono circa 51mila e divisi in tre gruppi, quello dei kaiowá è il più famoso e numeroso (30mila). Uno dei suoi leader è Eliseu Lopes, un insegnate che dal 2007 è anche portavoce del movimento Aty Guasu che si batte per la restituzione delle terre composte da 350mila chilometri quadrati di foreste e pianure che storicamente appartenevano ai loro antenati. Oggi, invece, i guaraní sono costretti a vivere in piccole porzioni di terra circondate da fabbriche, piantagioni e terreni destinati all’allevamento. Alcuni gruppi sono stati completamente privati di un luogo dove stare e vivono ai margini delle strade.
Il 26 settembre Eliseu Lopes è stato in Italia per partecipare a un incontro pubblico organizzato da Survival, un movimento che si batte per i diritti dei popoli indigeni. È stata l’occasione per fare il punto sullo stato della lotta, della resistenza in vista del primo turno delle elezioni presidenziali che si tiene in Brasile domenica 5 ottobre e che vede tra i candidati, oltre alla presidente uscente Dilma Rousseff, anche Marina Silva, ambientalista e compagna di lotta di Chico Mendes, assassinato perché difendeva la foresta e i popoli indigeni che la abitano.
Il fenomeno dell’accaparramento delle terre (land grabbing) per far spazio a piantagioni è dilagante nel mondo. In Brasile, i guaraní sono quelli che soffrono maggiormente questo problema. Quali sono i pericoli che state correndo?
Il pericolo è uno: stanno distruggendo la natura e devastando la terra. Stanno prosciugando i fiumi, tagliando gli alberi. Nel futuro soffriremo tutti per questo. Gli esseri umani stanno mettendo fine alla loro stessa esistenza. Per i guaraní, invece, difendere la natura e quindi la vita è imprescindibile. La nostra sfida consiste nella difesa dei corsi d’acqua, nella conservazione delle piante. Proteggere le medicine e i frutti che ne derivano. Difendiamo la vita e per questo lottiamo per proteggere tutto ciò che è rimasto della natura.
Ci puoi descrivere com’è cambiata la vostra casa, come si sono trasformate le foreste e il vostro stile di vita?
La nostra casa è stata distrutta e con lei la nostra dignità. Le fabbriche di zucchero hanno preso il nostro posto così come le coltivazioni di eucalipto e di granoturco. Ci hanno tolto tutto lo spazio che avevamo a disposizione lasciandoci in mezzo a una strada.
Oltre al denaro, uno dei motivi per cui le terre che appartengono da secoli ai popoli indigeni vengono sottratte senza rispetto, è che chi si macchia di questi crimini non riesce a capire il rapporto che avete con la natura. Anche se non è facile a parole, ci puoi aiutare a capirlo?
I padroni delle grandi fabbriche, delle distillerie, dei campi destinati all’allevamento stanno guadagnando milioni di real (la moneta brasiliana) senza capire il vero valore della natura. Per noi, la terra è nostra madre e ora ci sta chiedendo aiuto perché c’è chi vuole distruggerla. Esistono essere umani che non capiscono che rovinare la terra significa rovinare la loro stessa vita, perché la terra è tutto. È ciò che permette all’uomo di svilupparsi, di progredire.
Secondo quanto riportato anche da Survival, il tasso di suicidi e quello di omicidi tra gli indigeni è in aumento ed è dovuto a diversi fattori come la depressione e la rabbia. Cosa sta facendo il governo brasiliano per proteggervi?
Finora non abbiamo visto alcun risultato dal governo, non ha soddisfatto alcuna delle richieste che stiamo avanzando da 30 anni. Le persone che ci attaccano godono addirittura di impunità. Il problema è evidente soprattutto nel Mato Grosso do Sul, la terra dei guaraní, dove il nemico numero uno è proprio il governo che gestisce alcuni territori. Per aiutarci, il governo dovrebbe smettere di concedere terra ai nuovi colonizzatori, ma quello che sta facendo è darne sempre di più. Vogliono vederci tutti morti. Abbiamo sentito parlare molti governi in passato, da Lula a Dilma Rousseff, fare promesse di aiuto, ma nessuno è riuscito a gestire e risolvere il nostro problema. Finora nessuno ha voluto dare un confine preciso alle nostre terre. Quello sarebbe l’unico modo per iniziare ad aiutarci.
A proposito di governi, il 5 ottobre si tengono le elezioni presidenziali. Vedi una differenza tra i candidati, in particolare tra Marina Silva e Dilma Rousseff?
Per noi, popolazioni indigene, il governo non è in grado di risolvere nulla. Ogni volta ci troviamo di fronte agli stessi problemi. Se venisse rieletta Dilma, o se andasse al potere Marina o un altro politico le nostre battaglie non cambierebbero.
E se fossi tu il presidente del Brasile, cosa faresti per prima cosa?
Se fossi presidente inizierei a capire quali sono i diversi problemi che affrontano le comunità indigene. La questione che coinvolge la comunità dei guaraní è di sicuro quella più urgente perché è in gioco la nostra terra. E senza terra non c’è futuro. L’unica cosa che ora dovrebbe fare un presidente, secondo me, è rispettare la legge e prendersi le sue responsabilità. I nostri diritti sono già presenti nella costituzione brasiliana così come nella convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Un presidente dovrebbe semplicemente garantire i nostri diritti, stabilire dei confini precisi, rispettare la nostra terra.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Con un grande progetto di ripristino, Baltimora vuole riportare in salute oltre 200mila metri quadrati di zone umide lungo 18 km di costa.
Il riscaldamento globale ha spinto la Federazione internazionale dello sci e l’Organizzazione meteorologica mondiale a firmare un protocollo d’intesa.
Con Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, abbiamo esplorato i temi chiave degli Stati generali della green economy 2024 il 5 e 6 novembre.
Entro il 2025, 40 porti italiani saranno dotati di spugne per assorbire gli oli. Si inizia da cinque tappe simboliche: Napoli, Messina, Brindisi, Ravenna e Trieste.
Una stretta opera di sorveglianza anti-bracconaggio ha dato i suoi frutti: il parco nazionale di Kaziranga ha quasi azzerato le uccisioni di rinoceronti.
A Palazzo Bovara apre al pubblico una tre giorni di confronto e conoscenza della moda sostenibile dal titolo Smart Closet.
Un aumento del 30% rispetto all’anno precedente, che risente anche delle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Dall’11 al 13 ottobre a Parma c’è Fragile: il festival per trovare soluzioni e strategie per ridurre il nostro impatto sul pianeta.