
Nella giornata a loro dedicata, i giovani parlano di occupazione militare, economica, fossile. Mentre l’Opec chiede ai “propri” delegati di rigettare l’accordo, al-Jaber si dice “fiducioso che qualcosa di speciale possa accadere”.
Il Guardian racconta il punto di vista di ong e ambientalisti preoccupati per il prevalere degli interessi delle lobby sulla necessità di ridurre realmente le emissioni del cibo.
Insicurezza alimentare, perdita di diversità, aumento dei prezzi: buona parte del dibattito della Cop27, tenutasi lo scorso mese in Egitto, è stato incentrato sul cibo e sulla problematiche che riguardano la disponibilità, la produzione e la distribuzione degli alimenti, molte delle quali legate ai cambiamenti climatici.
I sistemi alimentari producono un terzo delle emissioni di gas serra di origine antropica, ma mentre tutti concordano sulla necessità di intervenire per ridurre questa quantità, le molteplici soluzioni messe in campo, invece, non convincono tutti. Come spiega un approfondimento del Guardian, secondo le ong e gli attivisti ambientali il vertice è stato dominato dagli interessi delle multinazionali dell’agroindustria e dalle loro “false” soluzioni per ridurre l’impronta ecologica del cibo.
In particolare, gli esperti interpellati dal Guardian, hanno espresso preoccupazioni relativamente all’ascesa dell’agricoltura climate-smart, una parola che riassume una serie di soluzioni tecnologiche come robotica, intelligenza artificiale, carne coltivata in laboratorio e agricoltura di precisione, inclusi droni, Gps e tecnologie di irrigazione a goccia) sulle quali si sta investendo molto ma che in realtà in molti casi nasconderebbero un “rebranding” di pratiche dannose per l’agricoltura.
A preoccupare gli esperti è anche l’approccio con cui è stato affrontato il problema delle emissioni di metano negli allevamenti, orientato più a modificare la dieta delle mucche per diminuire le loro “flatulenze” invece che a promuovere una riduzione del consumo di carne nell’alimentazione umana. I mangimi innovativi a base di inibitori enzimatici che tanto hanno entusiasmato i colossi della carne e dei derivati animali, secondo gli ambientalisti non farebbero altro che portare a un aumento della produzione di carne invece che a una diminuzione. Inoltre, sono ancora sconosciuti i rischi e i benefici del loro utilizzo.
Terzo punto che allarma gli esperti è la necessità espressa alla Cop27 di aumentare l’accesso e la disponibilità di fertilizzanti in nome della produttività e come risposta all’insicurezza alimentare. La diffusione dei fertilizzanti chimici azotati ha comportato un costo enorme per l’ambiente, il clima e la salute umana e animale – queste sostanze sono responsabili del 2 per cento delle emissioni di gas serra globali -, eppure durante la Cop27 non si è parlato di ridurli e nemmeno degli studi che dimostrano come non servano ad aumentare la produttività; al contrario, si sono spese solo parole (e soldi) su come utilizzarli in modo più efficiente.
Dal vertice è emerso infine come solo l’agricoltura industriale possa sfamare il mondo con una popolazione in crescita ma, fanno notare alcuni, la verità è che sono i piccoli produttori, con accesso a solo il 12 per cento dei terreni agricoli mondiali, a fornire oltre un terzo del cibo mondiale. A loro, invece, così come alle soluzioni agroecologiche che rispettano l’ambiente e la salute – sottolineano gli esperti – è stato concesso poco e nulla in termini di riconoscimenti e sussidi.
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