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Solare ed eolico guidano la crescita delle rinnovabili, raggiungendo il record del 10 per cento della produzione a livello globale.
Nel 2021, la produzione di energia solare è aumentata del 23 per cento e quella eolica del 14 per cento, rispetto all’anno precedente. In totale, le due fonti rappresentano ora il 10 per cento della produzione globale di elettricità. Può sembrare un piccolo traguardo ma in realtà si tratta di un record: nel 2020, infatti, la quota di elettricità prodotta da tali energie rinnovabili era pari al 9,3 per cento. Quando fu sottoscritto l’Accordo di Parigi nel 2015 era solo il 4,6 per cento.
Messe assieme, tutte le fonti rinnovabili rappresentano il 38 per cento dell’energia prodotta a livello mondiale, superando il carbone che si attesta intorno al 36 per cento. Per limitare l’aumento della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi, l’eolico e il solare devono sostenere un tasso di crescita del 20 per cento annuo fino al 2030. Che secondo il Global electricity review 2022 pubblicato dal think tank energetico Ember è proprio il tasso di crescita medio che le rinnovabili stanno tenendo nell’ultimo decennio.
L’eolico e il fotovoltaico, infatti, rappresentano a oggi le fonti di produzione elettrica più economiche. Ora sono 50 le nazioni che soddisfano oltre il 10 per cento del proprio fabbisogno elettrico nazionale usando le due citate e ben sette paesi sono entrati a far parte di questo elenco nel 2021: Cina, Giappone, Mongolia, Vietnam, Argentina, Ungheria ed El Salvador. In particolare, Vietnam, Paesi Bassi e Australia hanno convertito l’8 per cento della propria produzione elettrica da combustibili fossili a fonti rinnovabili in soli due anni.
Tre paesi hanno addirittura superato il 40 per cento della loro elettricità proveniente da eolico e fotovoltaico. Si tratta di Danimarca, Uruguay e Lussemburgo, che nel 2021 hanno raggiunto rispettivamente il 52, il 47 e il 43 per cento. Governi come quelli di Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Canada sono così fiduciosi nell’elettricità ottenuta da fonti pulite che puntano a convertire totalmente la propria rete elettrica entro dieci anni.
Di contro, Medio Oriente e Africa contano il numero minore di paesi che hanno raggiunto quota 10 per cento. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili dell’Arabia Saudita è ancora inferiore all’1 per cento, così come i due paesi che ospiteranno i prossimi vertici delle Nazioni Unite sul clima: Egitto ed Emirati Arabi Uniti si fermano al 3 per cento.
Più in generale, il fabbisogno energetico è cresciuto di 1.414 terawatt nel solo 2021, raggiungendo il tasso di produzione più alto di sempre. Approssimativamente, è come se si fosse aggiunta alla rete elettrica la domanda di un paese grande come l’India.
Nell’anno passato, insomma, la domanda di energia elettrica è cresciuta del 5,3 per cento rispetto ai livelli pre-pandemia e i primi sei responsabili di questa crescita si trovano tutti in Asia: in cima alla lista c’è la Cina, dove la domanda di energia è cresciuta di un buon 13 per cento, seguita da Azerbaigian, Kazakistan, Turchia, Pakistan e India.
Ma c’è anche una brutta notizia. La crescita della domanda di energia ha fatto aumentare anche la produzione da carbone. Solo il 29 per cento dell’aumento globale della domanda di elettricità nel 2021 è stato soddisfatto da eolico e solare (e altre fonti pulite non sono cresciute: i numeri dell’idroelettrico sono invariati da due anni). La restante parte di questo grande aumento è stato quindi soddisfatto, appunto, dai combustibili fossili. Più precisamente, al 59 per cento dell’aumento della domanda di elettricità nel 2021 si è risposto con il carbone.
L’energia prodotta bruciando la fonte fossile in assoluto più inquinante è aumentata del 9 per cento nel 2021: un valore che sancisce un massimo storico e un incremento del 2 per cento rispetto al record precedente stabilito nel 2018. Si tratta del più grande aumento percentuale mai registrato almeno dal 1985. E ancora: nel 2021, il 62 per cento dell’elettricità mondiale proveniva da combustibili fossili, rispetto al 61 per cento nel 2020, sancendo così il primo anno dal 2012 in cui la quota di elettricità soddisfatta da combustibili fossili è aumentata.
“Anche se le emissioni di CO2 prodotte dal settore energetico hanno raggiunto un altro massimo storico, ci sono chiari segnali che la transizione energetica è ben avviata”, spiega Dave Jones, global lead di Ember. “Sempre più impianti di solare ed eolico vengono aggiunti alle reti e non solo in pochi paesi, ma in tutto il mondo. Con l’incremento dei prezzi del gas e la guerra in Ucraina, c’è un rischio reale di ripiegare sul carbone, il che metterebbe a rischio l’obiettivo climatico di 1,5 gradi”. La sfida, quindi, non è solo quella di aumentare la produzione di energia elettrica da fonti pulite, come sta già accadendo. È necessario abbandonare anche i combustibili fossili, il prima possibile.
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