Dall’Europa una direttiva anti-crimini ambientali. Con grossi dubbi sulle sanzioni

Il parlamento europeo ha approvato una nuova direttiva contro i crimini ambientali. Ma le grandi aziende potrebbero continuare a commetterli.

Martedì 27 febbraio il parlamento europeo ha adottato nuove regole in materia di lotta contro i crimini ambientali. Si tratta di una nuova direttiva, che è stata adottata con ben 499 voti a favore, 100 contrari e 23 astensioni. Il testo prevede aggiornamenti (anche in termini di impianti sanzionatori) su infrazioni come il commercio illegale di legname, il prosciugamento di risorse idriche o violazioni delle normative legate all’uso di sostanze chimiche.

I passi avanti: dai “reati qualificati” alla tutela dei whitleblower

Si tratta, tuttavia, di una direttiva che garantisce alcuni passi avanti ma lascia anche perplessi, soprattutto per quanto riguarda le sanzioni previste per chi si macchia di tali crimini ambientali. Un fatto positivo è senz’altro l’inclusione dei cosiddetti “reati qualificati”, ovvero quelli particolarmente gravi, paragonabili all’ecocidio.

Un altro elemento di cui rallegrarsi è il fatto che sia stato introdotto il principio legato al “sostegno e assistenza nel contesto dei procedimenti penali per gli informatori (whitleblower) che denunciano reati ambientali”. Così come l’obbligo in capo agli Stati membri “di organizzare corsi di formazione specializzati per forze dell’ordine, giudici e pubblici ministeri, redigere strategie nazionali e organizzare campagne di sensibilizzazione contro la criminalità ambientale”.

“Per le grandi imprese le sanzioni decise sono nulla”

“È giunto il momento che la lotta alla criminalità transfrontaliera assuma una dimensione europea – ha commentato il relatore per il Parlamento europeo Antonius Manders (conservatore) – con sanzioni armonizzate e dissuasive che impediscano nuovi reati ambientali. Con questo accordo, chi inquina paga. Qualsiasi dirigente d’impresa responsabile di aver provocato inquinamento potrà essere chiamato a rispondere delle sue azioni, al pari dell’impresa. Con l’introduzione del dovere di diligenza poi, non ci sarà modo di nascondersi dietro a permessi o espedienti legislativi”.

Una manifestazione a favore del riconoscimento del crimine di ecocidio
Una manifestazione a favore del riconoscimento del crimine di ecocidio © Thierry Monasse/Getty Images

Fa riflettere però, come detto, la questione relativa alle sanzioni. La direttiva prevede che “per le imprese l’importo dipenderà dalla natura del reato: potrà essere pari al 3 o 5% del fatturato annuo mondiale o, in alternativa, a 24 o 40 milioni di euro”. Lo stesso Menders ha ammesso che così, di fatto, ciascuno stato possibilità di combinare delle sanzioni forfettarie. Il cui tetto, appunto, non potrà essere superiore a 40 milioni di euro: “Una cifra del genere, per le grandi imprese è pari a nulla”, ha dichiarato.

Per gli stati membri due anni di tempo per recepire la direttiva

Il rischio, insomma, è che le grandi multinazionali possano scientemente decidere di andare incontro alla sanzione, sapendo che essa prevede un tetto massimo per loro abbordabile. E magari di molto inferiore ai guadagni che possono discendere dai crimini ambientali commessi.

La direttiva, in ogni caso, non sarà a questo punto più modificata. Entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’UE. Gli stati membri avranno a quel punto due anni di tempo per recepire le norme negli ordinamenti nazionali.

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