Fidec, nasce il primo Forum che riunisce la filiera italiana delle costruzioni

Innovazioni, sfide, prospettive: tanti i temi all’ordine del giorno di Fidec, il Forum italiano delle costruzioni, che si è riunito a Milano il 21 novembre.

Si chiama Fidec (Forum italiano delle costruzioni) un’iniziativa, promossa da Ance (Associazione nazionale costruttori edili) che si propone di essere qualcosa di diverso dalle consuete fiere. Fidec infatti è un “hub”, una piattaforma digitale che favorisce le relazioni tra tutti gli anelli della filiera delle costruzioni: architetti, ingegneri, geometri, professionisti, imprese manifatturiere.

Questo network si è dato appuntamento mercoledì 21 novembre a Milano, per una giornata fitta di incontri e contenuti. Nel Palazzo del Ghiaccio infatti sono stati messi a punto cinque “Speakers’ Corner”, dedicati ad altrettante tematiche: innovazione, filiera, cliente, appalti, impresa. Decine di professionisti si sono dati il cambio sul palco, per raccontare la loro visione e rispondere alle domande poste dagli influencer seduti in platea.

Fidec, un’occasione per riflettere sul cambiamento

Quella delle costruzioni è una filiera che non può più contare sulle sicurezze di un tempo. Una filiera che sta vivendo trasformazioni evidenti. Tra uno Speakers’ Corner e l’altro, non si esita a riflettere apertamente su questa fase di transizione.

“Un tempo, se il settore delle costruzioni cresceva, cresceva anche l’economia. Il momento di forte discontinuità si è verificato intorno al 2011, quando l’Italia era nel pieno di una grave crisi economica e nel frattempo il mondo passava dall’analogico al digitale”: questa la tesi di Federico Della Puppa, docente all’università Iuav di Venezia e autore di numerosi articoli e saggi sul tema delle smart city e smart community.

Gli operatori del settore – continua – non possono più affrontare il mondo che li circonda con gli strumenti del passato. Come possono salire sul treno dell’innovazione e della competitività, quindi? Il primo passo è quello di eliminare gli sprechi, rivedere i processi e ragionare in termini di economia circolare. Poi, devono cogliere i trend sociali e adattarsi di conseguenza. Facendo a patti (per esempio) con il fatto che i millennial sono sempre meno attratti dall’idea di possedere risorse e beni, perché a loro interessa più che altro l’uso che possono farne; e i beni immobiliari non fanno eccezione.

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Juri Franzosi, direttore generale di Ance Varese e responsabile del progetto Fidec © Fidec

Dalla città alla smart city

Una riflessione sul mondo dell’edilizia non può non essere, al tempo stesso, una riflessione sul concetto di città e sulle sue evoluzioni. Due esempi positivi sono Milano e Firenze, protagoniste di un incontro che verte sul significato di smart city. “La tecnologia è un elemento essenziale della smart city ma non è né l’unico né il prioritario”, spiega a LifeGate Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica, verde e agricoltura del comune di Milano. “È smart la tecnologia ma lo è altrettanto ridurre il consumo di suolo, incrementare la quantità di verde, essere attenti agli aspetti sociali. Le costruzioni hanno senso se si occupano di recuperare aree che necessitano di rigenerazione e se si inquadrano in un contesto dove c’è lo spazio pubblico, c’è la vita sociale, si creano posti di lavoro. In poche parole, quello che serve sono case al servizio della comunità, e non una comunità che gira intorno al ritorno di chi deve costruire”.

Anche Marco Marcatili, economista e responsabile sviluppo di Nomisma, invita a lasciare da parte semplificazioni e facili ottimismi. “La città non è l’El Dorado, è anche fatta di problemi sociali e solitudine. Temi a cui l’industria delle costruzioni è chiamata a rispondere”, dichiara. Ed eccellenze come Milano e Firenze non possono essere considerate come la norma. Delle 14 città metropolitane del Belpaese, secondo i dati di Nomisma, più della metà non risulta attrattiva; e nel 2050 ancora un quarto della popolazione vivrà al di fuori di questi grandi centri su cui tanto si focalizza l’attenzione dell’industria e della politica. Per farla breve, “l’Italia si è dotata di una strategia sulle città grandi, ma in realtà è fatta di città medie”.

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Il settore delle costruzioni vive un momento di cambiamenti radicali: Fidec è stato un’occasione per riflettere apertamente sulle tante questioni aperte © Fidec

I numeri della green economy italiana

Tra gli ospiti di Fidec c’è anche Fondazione Symbola, che da poco ha pubblicato insieme a Unioncamere l’edizione 2018 di GreenItaly, la ricerca sulla green economy italiana. Tra il 2014 e il 2018, 345mila imprese hanno investito in prodotti e tecnologie green: stiamo parlando di un’impresa su quattro, tra quelle non agricole con dipendenti. Nel settore delle costruzioni, protagonista di Fidec, sono circa 35mila, cioè il 20 per cento degli operatori.

Prodotti e tecnologie che rispettano l’ambiente convincono così tanto anche perché hanno ripercussioni positive sulle performance aziendali: nello specifico, sulla riduzione dei costi (che riguarda il 27 per cento delle imprese), sul miglioramento dei prodotti e servizi offerti (20 per cento), sull’aumento della produttività e dell’efficienza (19 per cento). Una ventata di ottimismo che si rispecchia anche nel mercato del lavoro, con circa 3 milioni di green jobs.

 

Foto in apertura © Fidec

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