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Ricorre l’anniversario del Sessantotto: 50 anni fa il paese subì una grande trasformazione economica, politica e sociale. La mostra Nascita di una Nazione a Palazzo Strozzi a Firenze esplora l’arte di quell’epoca, tra Guttuso, Fontana e Schifano.
80 opere di artisti cimentatisi tra gli anni Cinquanta e il Sessantotto: un ventennio in cui ha preso forma una nuova idea di arte, proiettata nella contemporaneità grazie a una straordinaria vitalità di linguaggi, materie e forme che attingono dalla cronaca e dalla quotidianità. Dal 16 marzo al 22 luglio 2018 si tiene a Palazzo Strozzi a Firenze la mostra Nascita di una nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano in cui artisti come Renato Guttuso, Lucio Fontana, Alberto Burri, Emilio Vedova, Enrico Castellani, Piero Manzoni, Mario Schifano, Mario Merz e Michelangelo Pistoletto raccontano il boom economico italiano e le sue contraddizioni.
Forse non è una mostra facile, totalmente immediata, ma è lo specchio di un’epoca che ha in sé molte facce: dagli anni Cinquanta e quindi dal dopoguerra si arriva al Sessantotto, il periodo dei cambiamenti per eccellenza e l’arte prodotta tra queste date esprime a suo modo tutto ciò che di nuovo, sia nelle forme che nei concetti, ci potesse essere. Una cosa però era comune: il nascente senso di “nazione”. Questa mostra racconta al visitatore il periodo secondo alcuni più fertile dell’arte italiana della seconda metà del Novecento, riconosciuto oggi come contributo fondamentale per l’arte contemporanea. Anni in cui ciò che accadeva per strada, nella vita di tutti i giorni, nella società, era legato strettamente alla produzione artistica e ne aveva ripercussioni sullo stile, il colore e le forme.
Di questi anni, gli artisti sono molto diversi tra loro: tra le opere in mostra a Palazzo Strozzi troviamo per esempio La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio (1951-55) di Renato Guttuso, una grande tela che ha un chiaro intento propagandistico, dove svetta la bandiera dello stato italiano e tutto sembra esplicito, manifesto. Immediatamente contrapposti a questa grande opera sono i linguaggi adoperati invece dalle nuove avanguardie rappresentate da artisti come Giulio Turcato con Il comizio (1950): qui è l’astrattismo a prendere piede con tutte le sue problematiche di decifrazione. Due strade a raccontare gli stessi panorami, il medesimo paese. E nell’esposizione questo comune panorama storico-sociale che ha dato vita a difformi produzioni artistiche è enfatizzato grazie a un ambiente immersivo, in cui grandi schermi cinematografici parlano al visitatore raccontando con immagini, documenti, stralci di documentari l’Italia dei primi anni Cinquanta. Come ad avvertire gli spettatori che sotto lo stesso cielo si è dato vita a tutto ciò che si trovano davanti. Anche se a volte può sembrare strano.
Il periodo storico raccontato dalla mostra inizia quando è da poco terminata la Seconda guerra mondiale, il paese comincia a respirare e ad alzare la testa. Si prepara e lavora per quello che verrà definito “il boom economico”, uno sviluppo non solo industriale ma anche culturale e di pensiero. Negli anni Cinquanta grazie a Enrico Mattei nasce l’Eni, che sarà un polo centrale della nostra politica energetica e dell’impresa pubblica e in quello stesso periodo la Fiat investe massicciamente nei nuovi stabilimenti di Mirafiori da cui usciranno le prime Seicento (1955) e Cinquecento (1957), simbolo del “miracolo italiano”.
Anche il cinema e la letteratura ben descrivono il mutamento della società, un mix tra l’euforia per qualcosa di ormai inaspettato (il riscatto, la rinascita dopo la guerra) e la fatica per conquistarla. Gli italiani cambiano modo di vivere, di lavorare e i dati dell’epoca ce lo raccontano: dal 1954 al 1964 il reddito nazionale netto quasi si raddoppia e l’aumento del reddito pro capite è di poco minore. La terra non è più l’occupazione più diffusa: i lavoratori in agricoltura sono più di 8 milioni ancora nel 1954, meno di 5 milioni dieci anni dopo: scendono così dal 40 al 25 per cento della popolazione attiva mentre nell’industria salgono dal 32 al 40 per cento e nei servizi dal 28 al 35 per cento. Nello stesso periodo la produttività industriale aumenta dell’84 per cento e il paese si inserisce nel trend positivo a livello internazionale con una forza ancor maggiore: la produzione italiana è il 9 per cento di quella europea nel 1955, oltre il 12 nel 1962. Sono superati così di slancio paesi come Belgio, Svezia e Olanda, e si riduce il divario storico con Regno Unito, Germania e Francia. Muta profondamente la nostra geografia industriale. Fanno da traino i settori dell’automobile e degli elettrodomestici, della siderurgia, della chimica e della petrolchimica, sia a opera di privati che dell’impresa pubblica.
Anche le città appaiono diverse, soprattutto quelle del nord Italia. Permane la dicotomia tra settentrione e meridione, inoltre le motociclette sono un milione nel 1955 e 4 milioni nel 1960 ma nel 1963 sono sopravanzate dalle automobili, 1 milione nel 1956, 2 milioni nel 1960, 5 milioni e mezzo nel 1965. E poi la scuola dove, insieme alle fabbriche, nasce il tumulto del Sessantotto registra iscrizioni in forte ascesa: gli alunni delle medie superiori erano infatti poco più di 400mila nel 1951 e sono quasi 1 milione e mezzo nel 1967 (quasi il 40 per cento, con una crescente presenza femminile), mentre gli iscritti all’università sono 230mila ancora nel 1958, 550mila dieci anni dopo.
Nascita di una nazione. Tra Guttuso, Fontana e Schifano ripercorre in arte quasi vent’anni di storia e arte italiana a Palazzo Strozzi di Firenze dal 16 marzo al 22 luglio 2018. La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10:00 alle 20:00, giovedì dalle 10:00 alle 23:00, il biglietto costa 12 euro.
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