La capacità rinnovabile globale crescerà di 2,7 volte entro il 2030, superando le ambizioni dei Paesi di quasi il 25%. Ma è ancora lontana dal triplicarsi.
Francia, il ministro Hulot vorrebbe chiudere fino a 17 reattori nucleari
Il ministro dell’Ambiente francese ha per la prima ipotizzato un numero di reattori nucleari da chiudere. Ma il premier conservatore Edouard Philippe frena.
“Lasciatemi pianificare le cose, potremmo chiudere fino a 17 reattori nucleari”. La frase, pronunciata ai microfoni dell’emittente Rtl dal ministro dell’Ambiente francese, Nicolas Hulot, ha suscitato un ampio dibattito oltralpe. L’obiettivo dichiarato dal membro del governo guidato dal conservatore Edouard Philippe è di confermare gli impegni assunti dal vecchio presidente François Hollande attraverso la legge sulla transizione energetica. Ovvero far scendere la quota di energia prodotta con il nucleare, entro il 2025, al 50 per cento, contro l’attuale 76,3. Ma la domanda che tutti si sono posti è: sarà sufficiente il numero di chiusure annunciato?
Perché chiudere 17 reattori nucleari potrebbe non bastare
In un rapporto della Corte dei conti del 2016, in realtà, veniva sottolineato che occorrerà arrivare fino a 20 reattori nucleari. Mentre uno studio effettuato dall’associazione ambientalista Greenpeace spiega che se si vorrà raggiungere l’obiettivo fissato dalla legge sarà necessario arrestarne tra 27 e 31.
Per comprendere la situazione basta in effetti un semplice calcolo. Il parco nucleare della Francia vanta ad oggi una potenza complessiva di 63,2 gigawatt ed è composto da 58 reattori nucleari, distribuiti in 19 centrali. Operare una riduzione dal 76,3 al 50 per cento significa dunque imporre un taglio di circa un terzo. Una ventina di reattori, dunque, potrebbero bastare sulla carta. Il problema però è che non tutti presentano la stessa potenza: ben 34 reattori (quelli più vecchi, avviati tra il 1977 ed il 1987) sono da 900 megawatt, 20 da 1.300 e solamente quattro (i più nuovi, ovvero Chooz B1 e B2, e Civauz 1 e 2) da 1.450.
Il nodo del calendario: se ne parla dopo il 2022. E il primo ministro frena
Ciò significa che i primi pesano meno nel computo totale e, come osservato dal quotidiano Le Monde, “tenendo conto che, come è lecito supporre, saranno i reattori nucleari più vecchi i primi ad essere spenti, vorrà dire che probabilmente occorrerà chiuderne di più” rispetto a quanto annunciato da Hulot. Inoltre, alcuni dubbi sono stati sollevati anche rispetto al calendario: se si esclude la centrale nucleare più vecchia, quella di Fessenheim, che dovrebbe chiudere i battenti tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 (benché Hollande avesse promesso di farlo entro il 2016), gli altri stop non dovrebbero arrivare prima del 2022. Il che significa nel prossimo quinquennio presidenziale: a condizione perciò che chi sarà al governo confermerà la stessa linea.
Ma non è tutto: Hulot dovrà anche vincere probabili resistenze interne al governo di cui fa parte. Rispetto alle dichiarazioni del ministro dell’Ambiente, infatti, il premier Philippe ha già mostrato cautela: “Aspetteremo di conoscere le indicazioni dell’Autorità per la sicurezza nucleare e solo allora ci pronunceremo”, ha dichiarato al quotidiano Les Echos. E tali indicazioni potrebbero arrivare nel 2019.
“Siamo ad un bivio tra nucleare e fonti rinnovabili”
Cyrille Cormier, responsabile energia e clima di Greenpeace Francia, ha spiegato al quotidiano 20Minutes che “per noi la quota di 17 reattori rappresenta una soglia minima, non un tetto massimo”. “La cifra è inferiore a quello che si potrebbe fare”, ha commentato inoltre Martial Château, dell’associazione Sortir du Nucléaire. Mentre l’economista Raphaël-Homayoun Boroumand, ha sottolineato che “manca una road map, siamo ancora agli annunci. Il tempo stringe perché siamo ad un bivio: o si sceglierà di aumentare la durata in servizio delle centrali nucleari, sapendo che l’età media dei reattori è già di oltre 30 anni, oppure si punterà con decisione sulle energie rinnovabili. Le due cose insieme non si potranno fare, perché ciò implicherebbe investimenti troppo importanti”.
Nella foto di apertura, il ministro dell’Ambiente francese Nicolas Hulot ©Olivier « toutoune25 » Tétard/Wikimedia Commons
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Dal 15 ottobre al 1 dicembre, i riscaldamenti si potranno accendere ovunque in Italia. Troppi ancora gli impianti a metano, meglio le pompe di calore.
Si punta arrivare al net zero del 2050 con almeno l’11 per cento di energia prodotta dai nuovi reattori, tutto fermo però sulla gestione delle scorie.
Il 30 settembre, la Ratcliffe-on-Soar, la 18esima centrale più inquinante d’Europa, ha smesso di bruciare carbone. D’ora in poi produrrà idrogeno verde.
L’energia solare continua a battere tutti i pronostici. Per Ember, il fotovoltaico supererà, a livello globale, la maggior le previsioni del settore nel 2024.
Il leader dell’Azerbaigian, che a novembre ospita la Cop29, è stato accolto in Italia come un partner strategico. Cruciali le intese sul gas. Ma non sono mancate le critiche degli attivisti per la linea dittatoriale che continua a perseguire.
Entro tre anni, entrerà in funzione uno dei giacimenti di gas più imponenti d’Italia. Per Eni, il gas è ancora indispensabile per la transizione energetica. Per la scienza, la transizione deve essere rapida.
La più grande compagnia energetica del Paese il 31 agosto ha chiuso l’ultima centrale elettrica a carbone: uno step importante per il futuro danese.
L’enorme centrale solare si chiamerà Sun Cable e prevede anche un cavo sottomarino da 4.300 chilometri per fornire energia a Singapore.