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I Paesi del G20 stanno finanziando il disastro climatico, destinano alle fonti fossili il quadruplo dei fondi stanziati per le rinnovabili. Il nuovo studio di Oil Change International.
Le nazioni del G20 erogano finanziamenti pubblici in favore delle fonti fossili quattro volte più che quelli concessi alle energie rinnovabili. È quanto afferma uno studio condotto da Oil Change International e da una serie di associazioni tra cui Wwf, Sierra Club, Legambiente, Amici della Terra e Re:Common, dal titolo: “Talk is Cheap: How G20 Governments are Financing Climate Disaster” preparato per la riunione del G20 che si terrà ad Amburgo (Germania) venerdì 7 e sabato 8 luglio.
#G20 governments dump $72 billion each year into fossil fuels, undermining the Paris Agreement. #StopFundingFossilshttps://t.co/g22MLBhy44pic.twitter.com/TkaqKVGiT2
— 350 dot org (@350) 6 luglio 2017
I Paesi del G20, dopo l’uscita di Trump dall’Accordo di Parigi, si sono schierati apertamente a favore del clima e a parole si sono impegnati per mantenere al di sotto dei 2°C l’innalzamento delle temperature. Ma, dati alla mano, nei fatti non è così. Facile parlare, più difficile uscire dalle pressioni delle lobby petrolifere e mettere in atto delle serie politiche per contrastare i cambiamenti climatici e favorire la transizione energetica verso le rinnovabili. In base al rapporto tra il 2013 e il 2015 i finanziamenti pubblici delle 20 nazioni a favore di progetti relativi alle fonti fossili come petrolio, carbone e gas naturale sono ammontati a 71,8 miliardi di dollari all’anno (58 per cento), a fronte dei 18,7 miliardi (15 per cento) stanziati annualmente per le fonti rinnovabili (solare, eolico, geotermico e piccolo idroelettrico). Circa il 26 per cento dei finanziamenti sono andati invece alle infrastrutture energetiche.
Il Giappone è il Paese che ha elargito alle fonti fossili la somma più alta: 16,5 miliardi di dollari annui, sei volte di più rispetto alle rinnovabili. La Cina ha stanziato 13,5 miliardi ai combustibili fossili e solo 85 milioni alle rinnovabili, mentre la Corea del Sud conquista un triste terzo posto con 8,9 miliardi di dollari l’anno rispetto a soli 92 milioni di dollari ogni anno per le rinnovabili. A seguire gli Stati Uniti che hanno elargito 6 miliardi a petrolio, gas e carbone e solo 1,3 miliardi alle energie sostenibili. Si distaccano, invece, alcun Paesi come Francia, Messico e Australia, dove i finanziamenti pubblici alle rinnovabili hanno eguagliato o superato quelli alle fonti inquinanti.
In Europa, la situazione non è migliore. L’Italia, ottava nella classifica dei finanziatori fossili, ha stanziato per le fonti fossili 2,1 miliardi di dollari all’anno contro 123 milioni annui per le energie green. La Germania ha messo sul piatto ben 3,5 miliardi per le fossili e 2,4 miliardi per le rinnovabili; il Regno Unito 972 milioni e 172 milioni rispettivamente.
In tre anni (2013-2015) – spiega Legambiente – l’Italia attraverso Sace (Servizi assicurativi e finanziari per export e internazionalizzazione) e Cdp (Cassa depositi e prestiti) ha destinato, con 21 progetti, 2,1 miliardi di dollari medi annui ai combustibili fossili contro i 123 milioni di dollari l’anno destinati alle energie pulite. Proprio Sace è entra nella Top10 dei maggiori finanziatori delle fossili del G20, attraverso meccanismi di garanzia degli investimenti per un ammontare di 6.622 milioni di euro tra il 2013 e il 2015.
I sindaci di 46 grandi città hanno scritto ai capi di stato che parteciperanno al G20 di Amburgo chiedendo di prendere decisioni condivise e coraggiose per affrontare la minaccia dei cambiamenti climatici. A sostegno di questa lettera è stata lanciata una petizione che ha già raccolto più di 50mila firme, per chiedere di agire per un futuro sostenibile. Firma la petizione.
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