G20, dai governi 3.300 miliardi di dollari alle fonti fossili

Un nuovo rapporto spiega che le nazioni del G20, dal 2015, hanno concesso cifre astronomiche al settore delle fonti fossili.

Tremilatrecento miliardi di dollari. La cifra rappresenta infatti il totale che le nazioni del G20 hanno concesso, sotto forma di sussidi, al comparto delle fonti fossili a partire dal 2015. Ovvero dall’anno in cui fu approvato l’Accordo di Parigi. Un divario gigantesco, dunque, tra le parole e i fatti.

Il comportamento dei paesi del G20 definito “sconsiderato”

Gli stessi governi che nella capitale francese si erano dunque impegnati, nero su bianco, a limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 2 gradi centigradi, e rimanendo il più possibile vicini agli 1,5 gradi, hanno continuato a sostenere un comparto estremamente nocivo in termini di emissioni di gas ad effetto serra. Un atteggiamento definito “sconsiderato” dagli autori di un rapporto che ha calcolato il valore dei sussidi, curato da BloombergNef e Bloomberg Philanthropies.

Una protesta contro lo sfruttamento di petrolio nell'Artico
Una protesta contro lo sfruttamento di petrolio nell’Artico © Yuri Kadobnov/Afp/Getty Images

Carbone, petrolio e gas hanno dunque potuto beneficiare di un sostegno gigantesco da parte degli stati. In modo del tutto miope: basti pensare che, secondo l’analisi, 3.300 miliardi di dollari sarebbero stati sufficienti per costruire impianti solari per una potenza equivalente a tre volte l’intera produzione degli Stati Uniti.

Ancor più grave è il fatto che il rapporto dimostra come tutti i membri del G20 (che si riunisce a Napoli proprio per trattare di temi ambientali e climatici il 22 e 23 luglio), nessuno escluso, stanno continuando a concedere denaro alle compagnie fossili. E se complessivamente si è registrato dal 2015 un calo del 2 per cento a livello mondiale, ogni anno, l’ultimo dato disponibile, relativo al 2019, indica ancora la cifra spaventosa di 636 miliardi complessivi.

I peggiori: Australia, Stati Uniti, Indonesia e Francia

Incomprensibile, in particolare, è l’atteggiamento di quattro nazioni: l’Australia, che ha incrementato i sussidi del 48,2 per cento nel periodo, gli Stati Uniti (+36,7 per cento), l’Indonesia (+26,6 per cento) e la Francia (+23,8 per cento). In crescita, anche se in modo più contenuto, anche i dati di Cina, Brasile e Messico. Positivo, al contrario, l’atteggiamento dell’Arabia Saudita (-49,9 per cento) e dell’Italia (-33 per cento).

Una protesta nel corso del G20 di Venezia
Una protesta nel corso del G20 di Venezia del luglio 2021 ©Luca Zanon/Awakening/Getty Images

Ma il denaro continua, nonostante i miglioramenti di alcuni, ad affluire nelle casse di chi sfrutta carbone, petrolio e gas. “Sulla carta – spiega Antha Williams, di Bloomberg Philanthropies, secondo quanto riferito dal quotidiano britannico The Guardian – i leader di tutto il mondo hanno riconosciuto l’emergenza climatica. E i membri del G20 in particolare hanno annunciato impegni ambiziosi. Ma, in realtà, le scelte adottate finora sono estremamente lontane da ciò che sarebbe necessario”.

Il rapporto sottolinea inoltre l’importanza di imporre alle compagnie fossili trasparenza in merito ai rischi posti dai loro business. Ciò al fine di convincere i mercati finanziari a voltare loro le spalle ad investire in settori non dannosi per il clima.

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