Un compromesso piatto e al ribasso. La Cop30 sul clima ha deluso le aspettative ed è terminata con accuse reciproche tra i governi.
Il G7 clima, energia, ambiente ha partorito la Carta di Venaria, definito da più parti un accordo “equilibrato, bilanciato”. Ma il tempo per l’azione è quasi finito.
Un accordo equilibrato, bilanciato, in linea con le attese. Questo è – in generale – il giudizio sul documento finale arrivato da Torino, anzi da Venaria Reale, come ci ha tenuto più volte a precisare il presidente di turno del G7 clima, energia ambiente, nonché ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica del governo italiano, Gilberto Pichetto Fratin.
Il punto, però, è un altro: quali erano le attese? Evidentemente non le stesse per tutti, visto che nella Carta di Venaria – e non di Torino, a conferma di quanto il ministro ci tenesse a far notare la “bellezza del luogo” – non si fa altro che reiterare impegni e concetti già presi o sentiti in passato. Senza fare passi indietro, è vero, ma senza farne alcuno in avanti. Eppure, fare un passo in avanti verso la prossima conferenza sul clima, la Cop29 di Baku, era più che necessario visto che si terrà di nuovo in un paese – l’Azerbaigian – che basa la sua economia sui combustibili fossili e che quindi farà di tutto pur di “rallentare” ogni possibile passo verso la decarbonizzazione dell’economia globale.
Nella Carta di Venaria effettivamente c’è per la prima volta un obiettivo temporale legato al combustibile fossile più sporco e inquinante in assoluto. C’è scritto che bisogna “abbandonare la produzione di elettricità da carbone unabated presente nei nostri sistemi energetici nel corso della prima metà degli anni Trenta di questo secolo o in un arco temporale utile a limitare l’aumento della temperatura media globale entro gli 1,5 gradi Celsius”.
Cosa vuol dire? Lo spiega bene il nostro ministro: significa che l’obiettivo di abbandonare il carbone deve essere “compatibile con la condizione sociale ed economica di partenza di ogni paese”. E che nel percorso non ci devono essere altri ostacoli di natura geopolitica, come una nuova guerra. E se non fosse ancora chiaro, ci pensa Ken Saitō, ministro giapponese dell’Economia, del Commercio e dell’Industria, a mettere i puntini sulle i: “Nel documento non si dice che verrà abolito completamente l’uso del carbone”. Sia chiaro, dunque, “è un percorso progressivo, nient’altro”.
Del resto, chi aveva seguito i lavori della Cop28 di Dubai lo aveva già capito dalla presenza della parola unabated nel testo. Una parola che sta a indicare ciò che non è sottoposto alla cattura e allo stoccaggio della CO2. Ecco perché il Giappone ci ha tenuto a precisare che non verranno dismesse le centrali a carbone che sono dotate di un sistema per la riduzione delle emissioni di gas serra.
Sulle fonti rinnovabili, il G7 conferma la necessità di triplicare l’installazione di nuova capacità come chiesto dall’Agenzia internazionale dell’energia, così come la necessità di moltiplicare per 6 la capacità di stoccare l’elettricità prodotta, per un totale di 1.500 gigawatt entro il 2030 a fronte dei 230 gigawatt attuali.
Niente di nuovo, dicevamo. Un accordo equilibrato, in linea con le attese di chi giocava al ribasso visto che restare fermi è come andare indietro perché nel frattempo il tempo scorre e decide per noi.
L’unica notizia che si può trovare nella Carta di Venaria è il riferimento al nucleare. Finalmente viene chiarito una volta per tutte che il nucleare è una fonte utile a ridurre le emissioni per chi ce l’ha (nuclear power for those countries that use it). Per gli altri, l’unica indicazione utile è l’opportunità di unirsi nella ricerca e nella sperimentazione, verso la fusione nucleare.
E sui biocarburanti? Sono letteralmente solo citati in un paio di occasioni. Quasi come fosse una concessione fatta al governo italiano sulla questione. Del resto, come precisato anche dal commissario (uscente) per l’Azione per il clima, Wopke Hoekstra, i leader dell’industria automobilistica “hanno confermato di poter rispettare gli obiettivi fissati dall’Unione europea sui veicoli elettrici”. L’unica cosa che vogliono è che gli obiettivi siano chiari “e che i governi investano anche nei punti di ricarica e nelle reti elettriche”. Altro discorso è l’utilizzo dei biocarburanti per gli aerei. Lì – conclude Hoekstra – “c’è ampio margine di miglioramento”.
Dal G7 di Torino, anzi di Venaria, è tutto. O meglio niente. La linea può passare a Baku per la Cop29. Nella speranza che il G20 in programma a Rio de Janeiro, in Brasile, proprio alla vigilia della Cop29, possa riaccendere la speranza, ancor prima dell’entusiasmo.
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